Uk, una campagna spinge un fondo pensione a disinvestire dalle fossili: a quando in Italia?
- Postato il 23 novembre 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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Avete mai sentito parlare di carbon bubble e stranded asset? Forse no, legittimamente. Basti dire che per la loro portata rivoluzionaria c’è chi ha proposto di assegnare il premio Nobel per l’Economia a chi ha introdotto questi concetti. Sono stati anche alla radice del movimento per il fossil fuel divestment, il più grande fenomeno dal basso di sempre nella storia della finanza etica.
Nel 2011 il think tank britannico Carbon Tracker, una non profit, pubblicò lo studio Unburnable Carbon. Il rapporto diceva che il mondo già allora aveva utilizzato una quota cospicua del carbon budget rimanente. Vale a dire della quantità di carbonio che può essere ancora emessa per mantenere il riscaldamento globale entro certi limiti, cioè il famoso +2°C rispetto all’era pre-industriale, poi acquisito dall’Accordo di Parigi del 2015.
Per stare dentro quel budget, si può bruciare solo una determinata quantità di combustibili fossili, mentre le riserve accertate di combustibili fossili scritte nei libri contabili delle società fossili eccedono di molto tale quantità. C’è dunque un eccesso di combustibili fossili che non si può bruciare e un eccesso di valore scritto nei libri contabili. Da cui la carbon bubble (bolla del carbonio), che prima o poi scoppierà, e gli stranded asset (investimenti incagliati) legati allo sfruttamento di quei combustibili fossili in eccesso, che prima o poi dovranno essere svalutati.
Mark Campanale è il fondatore di Carbon Tracker. È anche nel Comitato direttivo del Fossil fuel Treaty, l’iniziativa per un Trattato globale di Non-Proliferazione dei combustibili fossili. Ho avuto il piacere di incontrarlo in qualche occasione. Quando un personaggio con questa storia alle spalle e con queste competenze si scomoda per dire qualcosa, beh, è saggio ascoltarlo. Dal punto di vista finanziario e anche reputazionale.
Giorni fa l’opinione di Mark Campanale è stata riportata da una rivista britannica sul settore pensionistico. L’argomento era il modello con cui il fondo pensione West Yorkshire Pension Fund (Wypf) valutava i rischi legati alla crisi climatica e il loro potenziale impatto sul fondo, che ha oltre 300mila iscritti e gestisce asset per circa 20 miliardi di sterline. In sostanza il fondo prevedeva di poter ottenere buoni rendimenti anche – udite udite – in uno scenario climatico +4°C. Cioè in un inferno climatico.
Le previsioni del fondo erano state criticate dalla campagna Fossil Free Wypf, che dal 2015 chiede che il fondo disinvesta completamente dalle fossili. Mark Campanale ha detto che un modello che giunge a risultati del genere è molto debole. Che l’idea di un’economia che cresca in uno scenario +4°C cozza con le prove scientifiche. Che tale approccio può portare a scarsi risultati di investimento. E che solleva dubbi sulla capacità del fondo di proteggere le sue performance di lungo termine, cioè di fare gli interessi degli iscritti.
La questione è arrivata alle orecchie di rappresentanti politici locali e nazionali, che hanno criticato il fondo pensione. Il tutto è stato amplificato dal fatto che in Uk è in corso una riforma dei regimi pensionistici degli enti locali (Lgps), cui Wypf appartiene. Il fondo si è detto consapevole del fatto che il modello semplificava eccessivamente e ha annunciato che lo avrebbe migliorato. Di fatto un mea culpa.
La mia domanda è: a quando in Italia una campagna che metta il fiato sul collo su un fondo pensione perché disinvesta dalle fossili? Quando le decisioni di un fondo pensione innescheranno un dibattito pubblico, obbligando i rappresentanti politici a prendere posizione? Quando si capirà che le scelte di un fondo pensione e in generale degli attori finanziari sono cruciali per contrastare il collasso climatico?
Anni fa a un convegno sulla finanza etica ascoltai un docente universitario che fra i tanti prestigiosissimi ruoli che ricopriva ne aveva uno apicale all’interno nientemeno che di Ipcc. Disse che, a chi gli chiedeva che c’azzecca la finanza col clima, rispondeva: “Tutto”.
Chi è iscritto a un fondo pensione o ha comunque investimenti finanziari, specie se si augura per figli o nipoti un futuro senza inferno climatico, è ora che chieda a chi glieli gestisce: hai mai sentito parlare di carbon bubble e stranded asset? Come rinforzo suggerisco le parole del Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres: “Investire in nuove infrastrutture per i combustibili fossili è una follia morale ed economica“.
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