Pure in Lapponia serve neve artificiale, figuriamoci a Milano-Cortina. Uno spreco che rasenta la follia

  • Postato il 21 novembre 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Ora che dai piani alti di Milano s’intravede la prima neve che ha spruzzato un po’ di bianco persino sulle vicine montagne del gruppo delle Grigne, le menti sottili che stanno organizzando la trepidante attesa pubblica delle Olimpiadi avranno tirato un sospiro di sollievo. Adesso tutti quei murales e quei monumenti simbolici davanti a Palazzo Marino, nonché tutto il battage mediatico, sembreranno magari meno assurdi.

Appena poche ore fa, però, c’era quasi da ridere – se non fosse che sarebbe da piangere – anche solo ad ascoltare le prime parole dei commentatori televisivi della seconda gara di Coppa del Mondo dello Sci, che si è svolta a Levi, nel comprensorio d’impianti di risalita più importante del Nord, nella Lapponia finlandese, circa 180 km a nord-ovest del Circolo Polare Artico. Si sentiva prima di tutto giustificare la non particolare presenza di pubblico all’arrivo, per via delle temperature rigide della mattina, intorno ai meno 16, ma poi ecco che gli esperti viravano subito sul tecnico, esaltando le perfette delle condizioni della neve.

Ohibò, ci sarà pure la neve buona da sciare almeno oltre il circolo polare artico, veniva da pensare. E invece no: le piste di Levi erano in ottime condizioni per la puntuale preparazione del manto di ‘snowfarm’ con i vari macchinari come i gatti delle nevi e i rasaghiaccio nonché un tot di iniezioni di liquidi chimici. Vale a dire che ormai, persino dove s’immagina vivano Babbo Natale e le sue renne, si comincia a sciare a novembre perché è stata immagazzinata e conservata la neve della stagione invernale precedente, quando non viene prodotta ad hoc. E i costi e gli sprechi energetici connessi all’innevamento programmato sono soltanto una parte del regalino ecologico del circo bianco: va poi considerato tutto quello che comporta far viaggiare avanti e indietro per mezzo mondo atleti e accompagnatori, apparati televisivi e sportivi legati alle gare di sci. Ogni anno è la stessa solfa, anche nelle nostre Alpi.

Parliamo di uno spreco che rasenta la follia, tutto alimentato con soldi pubblici anche se poi a guadagnarci sono soltanto aziende private che peraltro non avrebbero certo bisogno. Ma nessuno si stupisce più di nulla, nel pieno del menefreghismo negazionista climatico di ritorno. Questo fenomeno di rigetto etero-diretto delle istanze ecologiste si combina perfettamente all’ormai definitiva accettazione delle logiche del turbo-capitalismo finanziario, per cui nessuno più si scandalizza nemmeno se viene già pubblicizzata con enfasi, per esempio, la notizia che per le Olimpiadi del 2026 il costo medio del pernottamento alberghiero a Milano sarà di 459 euro. Per non dire poi della fu perla delle Dolomiti, Cortina, con appartamenti affittati a 25mila euro per le due settimane olimpiche!

Le anime belle che sono scese in piazza per l’Europa appena eletto ‘Orco Trump’ a presidente degli Stati Uniti, votano magari per i complici principali dello scempio olimpico invernale prossimo venturo. E non hanno battuto ciglio nemmeno quando la Commissione Von der Leyen ha stipulato un accordo kamikaze sui dazi che prevede un impegno colossale di denaro pubblico europeo da destinare all’acquisto di petrolio ed altra energia sporca nonché di armi e sistemi per la difesa americani. Dovrebbe pure manifestare di nuovo, gli pseudo-neo-europeisti, adesso che il governo Ue s’è s’è accomodato in Parlamento a prendere proprio i voti dei nazionalisti populisti e dei conservatori, pur di decretare un pesante stop al caro vecchio strombazzato piano per il Green New Deal, che già aveva intaccato appena la follia dei finanziamenti diretti e indiretti ai trust delle energie fossili, e pur di dirottare tranquillamente enormi risorse ex novo su un cinico e tragico piano di riarmo generalizzato.

Si vis pace para bellum, ha ripetuto la ministra Ue Kaja Kallas all’ultimo convegno dei pacifinti della Cisl. Già, se la sinistra e i progressisti vogliono ripartire da qualche parte, invece di chiudersi nei partiti e nella lotta tra correnti e pseudo-leader, possono farlo soltanto preparando una guerra politica seria sui grandi temi come la svolta ecologica e più che mai la deriva mostruosa del riarmo generalizzato, piuttosto che la lotta contro il lavoro povero e le nuove forme di schiavitù – fenomeno poi è strettamente conseguente alla globalizzazione incontrollata e alla lotta di facciata all’emigrazione, che ha creato di fatto una massa di disperati disposta a tutto. Forse invece di strepitare in piazza e nei convegni sempre soltanto contro il regime neo-post fascista di Giorgia Meloni, sarebbe ora di prendere coscienza che anche la ‘sua’ amica Ursula ha gettato definitivamente la maschera pseudo-democratica cristiana, che quanto fosse fasulla per un’aristocratica di rango lo si poteva pure intuire anche solo quando non ha esitato a far declassificare i lupi dalle razze di animali ‘rigorosamente protetti’ solo perché un grande esemplare affamato, censito come GW950m, nella regione di Hannover aveva assalito uno dei suoi amati Pony, Dolly, in un castello di famiglia del marito.

Anche se poi alla fine, più truci e orribili di tutti i governanti che comandano a bacchetta, sono gli spietati accumulatori di grandi capitali a cui ora s’uniscono volentieri in Europa i nuovi Signori della Guerra, che almeno in Germania hanno un nome e cognome, come Armin Papperger di Rheinmetall, che ora produrrà carri armati come noccioline per tutti i governi europei. Ma che, peggio ancora, nella nostra ipocrita e sfacciata Italia sono perlopiù ex politici, anche di sinistra, che siedono sulle poltrone chiave di società pubbliche come Leonardo, non a caso oggi guidata dall’ex ministro della Transizione ecologica del governo Draghi, per cui Beppe Grillo in persona si scomodò ad approvare il nuovo governo tecnico.

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Il Fatto Quotidiano

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