“Perseverance”, sentenza della Cassazione: 8 condanne definitive e 11 da rivalutare
- Postato il 20 novembre 2025
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“Perseverance”, sentenza della Cassazione: 8 condanne definitive e 11 da rivalutare

Approda in Cassazione il processo Perseverance alla cosca calabro-emiliana con testa a Cutro: 8 condanne definitive, 11 annullate con rinvio
CUTRO – Otto condanne, su 20, diventano definitive. Undici dovranno essere rivalutate dalla Corte d’Appello di Bologna per prescrizione di alcuni capi d’accusa o per annullamento con rinvio dell’aggravante mafiosa. Una sola condanna viene annullata senza rinvio ma per prescrizione. Questa la decisione della Cassazione nel processo col rito abbreviato scaturito dall’inchiesta che nel marzo 2021 portò all’operazione Perseverance, condotta dai carabinieri contro la filiale emiliana della super cosca Grande Aracri di Cutro.
IL VERTICE
Al vertice era l’ultimo dei fratelli Sarcone rimasti in libertà, Giuseppe Grande Sarcone, per il quale passa in giudicato la pena di 16 anni. La più elevata inflitta agli imputati. A differenza dei fratelli Carmine, Gianluigi e Nicolino, quest’ultimo il più autorevole in senso criminale, capo conclamato della cellula reggiana e già condannato nel processo Aemilia, Giuseppe Grande Sarcone era sfuggito alle inchieste che a più riprese hanno colpito l’articolazione al Nord del clan. Regge, in buona sostanza, l’impianto accusatorio della Dda di Bologna. Ma ecco le decisioni, posizione per posizione.
GLI OMBRELLONI
Annullata senza rinvio, per intervenuta prescrizione, la condanna a 1 anno e 4 mesi per Domenico Sestito (71), di Cutro. In primo grado era stato condannato a 3 anni ma il suo difensore, l’avvocato Luigi Colacino, in Appello, ottenne l’esclusione dell’aggravante mafiosa. In Cassazione il reato ormai era estinto. Sestito, ex amministratore del villaggio turistico di Cutro Porto Kaleo, era stato chiamato in causa per una falsa testimonianza in relazione al furto di ombrelloni subito da Pino Iaquinta, uno dei principali imputati del maxi processo Aemilia, e dal figlio Vincenzo, il campione del mondo di Germania 2006. Avrebbe riferito, falsamente secondo l’accusa, che la famiglia Iaquinta si era rivolto al condominio e non al clan in seguito all’episodio di furto.
LE PRESCRIZIONI
Sempre per prescrizione, limitatamente a una sola accusa, annullate senza rinvio pene di 1 anno e 4 mesi per Giuseppina Sarcone (46), nata a Crotone e residente a Bibbiano; di 8 anni per Nicolino Sarcone (60), di Cutro; di 3 anni e 2 mesi per Carmine Sarcone (46), di Cutro; di 3 anni e 8 mesi per Gianluigi Sarcone (54), di Cutro. In sostanza, vengono cancellate pene di 1 mese e 10 giorni per Giuseppina Sarcone e di 2 mesi ciascuno per gli altri componenti della famiglia Carmine Sarcone.
LA MAFIOSITÀ
Condanne annullate con rinvio, limitatamente all’aggravante mafiosa, per Giuseppe Lazzarini (43), di Cutro; Giuseppe Salerno (35), di Cutro; Pier Roberto Manico (45), di Cutro; Rosario Errico Lopez (48), di Cadelbosco di Sopra; Luigi Pilato (34), di Campegine. La Corte d’Appello li aveva condannati rispettivamente a 10 anni; 2 anni; 3 anni; 4 anni; 4 anni. Ma andrà rivalutata nei loro confronti una parte della sentenza di secondo grado. La Suprema Corte ha annullato con rinvio, limitatamente al diniego della continuazione con un’altra sentenza, la pena di 11 anni e 4 mesi per Giuseppe Caso (51), di Torre Annunziata. Disposto l’annullamento con rinvio della condanna a 12 anni e 6 mesi per Giuseppe Friyio (47), nato a Cutro e residente a Sala Baganza, limitatamente a due capi d’imputazione.
IN GIUDICATO
Sono otto le condanne che diventano definitive in seguito al rigetto dei ricorsi difensivi. La più alta, come detto, è per Giuseppe Sarcone Grande, 65enne di Cutro. Poi c’è quella a 1 anno e 3 mesi per Salvatore Rotondo (40), nato a Cariati e residente a Staffolo. La pena di 6 anni e 2 mesi per Alberto Alboresi (50), di Modena. Ma anche quella a 3 anni e 6 mesi per Angelo Caforio (50), di Torrile (6 anni); a 6 anni e 2 mesi per Genoveffa Colucciello (60), di Modena; a 15 anni per Domenico Cordua (48), di Cutro. E quelle a 16 anni per Salvatore Muto (38), e a 14 anni per Salvatore Procopio (45), entrambi cutresi residenti a Reggio Emilia.
Restano in piedi anche le condanne al risarcimento delle parti civili Cgil e Comuni di Reggio Emilia, Gualtieri e Cadelbosco di Sopra.
Gli imputati erano difesi dagli avvocati Valerio Accorretti Vianello, Liborio Cataliotti, Luca Cianferoni, Luigi Antonio Comberiati, Luigi Colacino, Gianfranco D’Ettoris, Salvatore Rossi, Aldo Truncè e altri.
SEGUITO DI AEMILIA
La sentenza è uno dei rivoli in cui si è dipanata la maxi inchiesta Aemilia, che ha portato al processo più grande mai celebrato contro le mafie al Nord e ha sancito in via definitiva che la cupola mafiosa cutrese aveva “colonizzato” la regione rossa. Le accuse erano di associazione mafiosa, finalizzata al recupero di crediti di natura estorsiva e al trasferimento fraudolento di valori mediante l’attribuzione fittizia della titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità. Condotte volte a eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali e agevolare l’attività di riciclaggio del clan.
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