Perché per me ‘La miseria’ di Luca Romagnoli è il miglior disco dell’anno

  • Postato il 8 agosto 2025
  • Blog
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 1 Visualizzazioni

Può un disco prenderti così tanto da condizionare le tue azioni nel periodo in cui lo ascolti e – da lì in avanti – far da bagaglio anche se ben stipato, in qualche modo messo da parte? Certo che può, soprattutto se è talmente autentico e credibile da costringerti a spogliarti da ogni sovrastruttura, perché il suo ascolto funziona solo così. È il caso de La miseria (La Tempesta Dischi, dicembre 2024), album del cantautore Luca Romagnoli, già frontman del gruppo Il management del dolore post operatorio.

L’opera è arrivata seconda alle Targhe Tenco 2025 per l’album d’esordio. A mio gusto, credo sia il disco più bello dell’anno. Non parlo solo di scrittura, ma anche del modo in cui Romagnoli porge il canto e la declamazione. Erano anni che non sentivo tanta pastosità, tanta matericità delle parole che da artificio letterario diventano puro suono, non segno di segno ma mondo stesso, accorciando incredibilmente la distanza tra il sentire di chi canta e quello di chi ascolta.

E poi c’è la scrittura. Prendiamo come esempio Perdere, che apre il disco: una delle canzoni italiane più “rock” che io abbia ascoltato negli ultimi vent’anni. Un brano per tutti quelli che pensano che oggi le canzoni non raccontino più il lato umano della vita. In un tempo in cui sembra che l’unico modo per rapportarsi con gli altri sia quello di sopraffare, in cui la violenza verbale e l’essere forte si misura a colpi di numeri e del “vendo quindi sono”, Romagnoli ci riporta alla lezione della sconfitta come termine ultimo inevitabile, che però non intacca la dignità umana.

Detto in tutta franchezza, io non credo di vivere ancora in una società in grado di ascoltare davvero, comprendere, “processare” e capire un disco come La miseria. Attenzione: non per il linguaggio musical-letterario, che è assolutamente contemporaneo, dinamico senza mai voler essere piacione, anzi. Parlo di contenuti. Una canzone come Fatturare lo fa capire bene e dimostra anche che l’autore ne è consapevole perché, nella sua stessa modalità di costruzione, con tutte quelle frasi snocciolate, di per sé anche drammatiche ma che scivolano via inermi, non fa succedere niente proprio per significare l’afasia a cui siamo condannati. Nel linguaggio politico, nelle azioni quotidiane, nella tragica usanza di mettere sullo stesso piano emozioni, atti, fatti e sentimenti di differente importanza umana e significato. Un brano di una potenza imbarazzante, anzitutto per noi e per quello che siamo diventati.

Musicalmente questo disco non è uguale a niente. Il produttore Fabrizio Cesare sembra andare dietro alla creatività e all’istintualità melodica di Romagnoli, ma la cosa incredibile è che anche l’elettronica, quando è massiccia e presente, nelle tracce riesce a essere intesa in maniera acustica, come fosse un linguaggio di oggi che racconta un mondo parallelo, con intenzione analogica, dunque metaforica. La macchina è uno strumento, non si sostituisce all’uomo. D’altra parte, canzoni come Mi sono perso possono funzionare solo così.

Ascoltate La miseria di Luca Romagnoli però solo se siete disposti a tornare “all’uno”, all’essenza, alle cose importanti, alle priorità della vita e dell’esistenza, persino al di là dell’ideologia, nel caso di invettive feroci come Bi emme vu: “Ho imparato sulla mia pelle come vengono trattati i poveri dai medici, dagli avvocati, dai bancari, dagli assicuratori e soprattutto dal piattume cafonesco che ha imparato a pronunciare ‘bi emme vu’.“.. Sono parole che raccontano la realtà e non hanno intenzione di ingraziarsi un consenso fazioso, come succedeva in troppa canzone d’autore del passato. Anche in questo, il disco è spaventosamente contemporaneo. Romagnoli libera finalmente i termini, per esempio la parola “povero” qui vale nel suo significato. Canta quelle cose perché la società va davvero così.

Se non abbiamo capito che la musica oggi può essere uno dei pochissimi strumenti capaci di raccontare un mondo che annaspa, siamo messi male. La canzone è un punto di vista che riesce a porsi fuori dal tempo, che fa da bussola, boccaporto, cambusa. Un disco come La miseria o un brano come Perdere rappresentano una finestra sul presente che si sta sfasciando. Prima lo capiamo, che non sono solo canzonette, meglio è.

Luca Romagnoli – ph. Elisa Imperi x ITM

L'articolo Perché per me ‘La miseria’ di Luca Romagnoli è il miglior disco dell’anno proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti