Per il genocidio nessuno pagherà: la tregua a Gaza cederà il passo alla rabbia
- Postato il 18 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Tito Borsa
Anche io, ovviamente, pur riconoscendo tutti i limiti della tregua a Gaza, spero che duri. Ma le premesse, sia da parte israeliana che da parte palestinese, sono tutt’altro che rassicuranti. La diplomazia non è una scienza esatta, deve fare i conti anche con le emozioni umane e a Gaza, svanito l’entusiasmo per la tregua, non potrà che trionfare la rabbia.
La rabbia di una parte del governo israeliano, in particolare di Bezalel Smotrich e di Itamar Ben Gvir e dei loro partiti, il Partito Sionista Religioso e Otzma Yehudit. Formazioni politiche di estrema destra che da anni auspicano la scomparsa del popolo palestinese e la conquista di Gaza per arrivare alla Grande Israele. Se il premier Benjamin Netanyahu potrà essere “soddisfatto” di una tregua in cambio di una grazia che lo tolga dall’impiccio dei processi penali a suo carico, processi che sta cercando di ritardare da anni con la scusa dell’emergenza bellica, alcuni dei suoi compagni di governo (che comunque hanno un seguito non indifferente) hanno mire ben precise e non saranno serenamente disposti a rinunciare ai propri piani di conquista.
E poi c’è la rabbia palestinese di fronte a un genocidio per il quale non pagherà nessuno. Nel piano di pace promosso da Donald Trump, alla fine, tutto è perdonato. Non ci sarà giustizia per quello che sta avvenendo ormai da due anni a Gaza. E la rabbia non è tanto e non è solo quella dei rappresentanti di Hamas, ma anche quella della gente comune che (sempre che il piano coloniale di Trump abbia un senso) non sarà certo disposta a convivere pacificamente con uno Stato che ha appena compiuto un genocidio per il quale nessuno sarà chiamato a rispondere.
La pax trumpiana non prevede nessun processo per Benjamin Netanyahu e per il suo governo. Non ci sarà giustizia per le decine di migliaia di morti a Gaza. L’assenza di un processo è la certificazione dell’impunità di Israele e questo, oltre ad alimentare la rabbia di cui parlavamo prima, crea un pericoloso precedente che potrà essere utilizzato dai prossimi governi di Tel Aviv.
Dopo la seconda guerra mondiale e dopo l’Olocausto c’è stato il Processo di Norimberga che, seppur con infinite criticità, ha stabilito un punto zero da cui è stato possibile ripartire. Di fronte a situazioni così compromesse, non si può pensare di firmare una tregua in Egitto e mettere così a tacere sia i rigurgiti più sionisti in Israele che la rabbia del popolo palestinese. Se n’era già accorto Giulio Andreotti che vent’anni fa spiegava: “Credo che ognuno di noi, se fosse nato in un campo di concentramento e non avesse da cinquant’anni nessuna prospettiva da dare ai figli, sarebbe un terrorista”.
Grazie alla pax trumpiana questa rabbia è magicamente scomparsa? Non credo. Anche perché Trump è lo stesso che qualche mese fa aveva diffuso un video, creato con l’intelligenza artificiale, che mostrava Gaza come un resort di lusso in cui lui, Elon Musk e Netanyahu si rilassavano beati. Anche questo va dimenticato?
Mi auguro di essere smentito dai fatti, mi auguro che la tregua regga e sia il primo passo per una pace duratura che possa permettere al popolo palestinese di autodeterminarsi senza ingerenze esterne di stampo coloniale. Ma è molto difficile che non ci sia un casus belli qualunque tale da mandare tutto all’aria. Rimarranno soltanto i propositi coloniali per prendere il controllo di Gaza, ma la pace resta ancora lontana.
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