Per altri pentiti poi liberati non ho visto la stessa indignazione di Giovanni Brusca
- Postato il 16 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Inizio col dire che la legge sui collaboratori di giustizia, voluta dal dottor Falcone, non dev’essere modificata: semmai occorrerebbe assegnare al neo pentito personale specializzato al fine di evitare casi come quello di Scarantino. Chi scrive, proprio sul tema del pentitismo, ebbe un ruolo simile a Caronte. E se il dottor Falcone più volte chiese la mia presenza negli interrogatori, un motivo ci sarà stato. Detto questo, ora che l’indignazione si è affievolita per la libertà concessa a Giovanni Brusca, vorrei richiamare la vostra l’attenzione. Esprimo rispetto verso chi ha mostrato indignazione, soprattutto nei confronti dei parenti delle vittime di mafia. Ma io, come ex esperto del settore, non posso farmi condizionare dall’emozione.
La mia esperienza nacque con Totuccio Contorno che, ancor prima di diventare collaboratore di giustizia, percorse la strada della collaborazione durata un paio d’anni con il nome in codice “Prima luce”. Rilevo che le mafie hanno ucciso 108 bambini. Parimenti, affermo che le stragi ci sono state anche prima che il dottor Falcone si occupasse di Cosa nostra: quindi di stragi mafiose ne abbiamo avute a iosa. Mi riferisco a quelle compiute nel periodo della mia giovinezza e nel contesto della mia attività di poliziotto negli anni 80; medesimo arco temporale del ruolo di Falcone in quel di Palermo. Cito per dover di cronaca la strage di Portella della Ginestra, 1° maggio ’47.
Il 30 giugno 1963 nell’agro di Ciaculli – poco distante da mia casa – esplose una Giulietta e perirono tra carabinieri, militari e un poliziotto, sette persone; io sentii il boato. Occorre dire che la notte precedente a Villabate fu fatta esplodere un’auto per uccidere Giovanni Di Peri – da me conosciuto sin da bambino -; l’esplosione uccise due persone innocenti. Il Di Peri si salvò, ma poi venne assassinato a Bagheria nella cosiddetta “Strage di Natale” del 1981. Il 29 luglio 1983 a Palermo il padre putativo del pool antimafia, dottor Rocco Chinnici, morì insieme a 3 persone nella strage di via Pipitone. Un’altra strage, avvenne il 2 aprile 1985 a Pizzolungo, nel trapanese, il cui scopo era uccidere il magistrato Carlo Palermo: nell’esplosione perse la vita Barbara Izzo e suoi gemellini di sei anni, Giuseppe e Salvatore.
Sin qui le stragi più eclatanti, ma ce ne sono state altre. Come si evince sia l’uccisione di bambini, di donne inermi e stragi mafiose, è piena la casistica. Sin dall’inizio degli anni Ottanta m’interessai della famiglia di Giovanni Brusca: il padre Bernardo era un esponente di primo piano di Cosa nostra, amico intimo di Totò Riina. Giovanni, all’epoca era più che ventenne, mentre il fratello Enzo un quindicenne.
Voglio farvi una domanda: l’indignazione nei confronti della liberazione di Brusca è scaturita dal fatto che Brusca pigiò il telecomando, per essere stato il mandante dell’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, o per gli oltre 150 omicidi da lui compiuti? Ho posto questa domanda perché tre coautori della strage di Capaci, con ruoli primari nell’esecuzione – arrestati da noi della DIA -, si pentirono dopo l’arresto e sono liberi cittadini da un bel po’: nessuno si indignò. Giuseppe Monticciolo, carceriere ed esecutore materiale dell’omicidio di Giuseppe Di Matteo, in concorso con Enzo Brusca e Vincenzo Chiodo, si pentì immediatamente dopo il suo arresto: nessuno protestò, anzi ci si scrisse su pure un libro. A tal proposito ricordo di aver avuto un acceso battibecco col padre di Monticciolo.
Certo, Giovanni Brusca, per lignaggio diretto, e per il ruolo apicale avuto in Cosa nostra, viene considerato un personaggio di primo piano e come tale, secondo la pubblica opinione, dev’essere trattato diversamente. No! Mi spiace, durante la mia carriera ho sempre fatto riferimento alle leggi dello Stato, e non capisco perché mai Brusca Giovanni non possa ottenere gli stessi benefici riservati ad altri.
Mi permetto di invitarvi a riflettere: com’era Cosa nostra –e in generale le mafie – prima che Tommaso Buscetta ci prendesse per mano e ci conducesse nei santuari mafiosi? La legge voluta dal dottor Falcone fu vincente. E lo è ancora oggi: solo in un uomo di grande lungimiranza come lui poteva nascere tale intuizione. Mettete da parte propositi di vendetta; togliete il rancore dai vostri cuori e pensate che Falcone, fu un uomo che col proprio sangue scrisse le più belle pagine della lotta alla mafia. Davvero, qualcuno pensa che il sottoscritto non abbia ferite al cuore, per aver perso per mano mafiosa Lillo, Beppe, Roberto, Ninni, Natale e Filadelfio? Tutti miei compagni della Mobile di Palermo: eppur il rispetto della legge deve superare i sentimenti e quindi riflettete.
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