Palestina, Africa e Scandinavia in tre libri: storie di resistenza e affermazione

  • Postato il 13 luglio 2025
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Gaza! Gaza! Gaza! Gli scrittori della Palestina scrivono ancora, di AA.VV. (Atmosphere Libri), è un’antologia potente e necessaria che offre uno spaccato vivido e toccante della vita, delle speranze e delle sofferenze della popolazione martoriata della Striscia di Gaza attraverso le voci dirette dei suoi scrittori. Lungi dall’essere un mero resoconto di eventi politici, il libro si configura come un atto di resistenza culturale e un’affermazione della resilienza umana di fronte a una realtà spesso inimmaginabile. La forza di questa raccolta risiede proprio nella sua coralità e nell’autenticità delle voci che la compongono.

Attraverso racconti, poesie e brevi saggi, gli scrittori palestinesi ci aprono le porte delle loro case, delle loro strade, dei loro cuori. Ci raccontano la quotidianità fatta di privazioni, la costante minaccia della violenza, ma anche la tenacia nel coltivare sogni, l’importanza dei legami familiari e comunitari, e un profondo attaccamento alla propria identità e alla propria terra. Il libro va oltre la narrazione unidimensionale del conflitto, offrendo un mosaico di umanità complesso e sfaccettato. Incontriamo personaggi che lottano per la sopravvivenza, che coltivano la speranza nonostante tutto, che si interrogano sul senso della vita in un contesto così difficile. Le loro storie sono intrise di dolore, certo, ma anche di amore, di ironia, di una sorprendente capacità di trovare bellezza anche nelle circostanze più ardue.

Gaza! Gaza! Gaza! Gli scrittori della Palestina scrivono ancora è un atto di resistenza in sé. Dare voce a scrittori provenienti da un territorio spesso marginalizzato e raccontato solo attraverso le lenti del conflitto è un modo potente per contrastare la narrazione dominante e per affermare l’esistenza di una ricchezza culturale e intellettuale che non può e non deve essere soffocata. La letteratura diventa qui uno strumento di testimonianza, di memoria e di speranza per il futuro.

La vita sessuale delle donne africane, di Nana Darkoa Sekyiamah (traduzione di Simona Garavelli; Garzanti), è un’opera coraggiosa e illuminante che squarcia il velo di silenzio e tabù che spesso avvolge la sessualità femminile nel continente africano. Attraverso una serie di interviste intime e profonde, Sekyiamah dà voce a donne provenienti da diverse nazioni e background, offrendo un panorama ricco e sfaccettato delle loro esperienze, desideri, paure e consapevolezze riguardo al sesso e al piacere. Il libro è un vero e proprio coro di voci femminili che, con onestà e vulnerabilità, condividono le proprie storie. Non si tratta di un’analisi sociologica distaccata, ma di un viaggio empatico attraverso le vite di donne che rivendicano il diritto di parlare apertamente della propria sessualità, spesso in contesti culturali e sociali che tendono a marginalizzare o reprimere il loro desiderio e la loro autonomia corporea.

Sekyiamah affronta temi cruciali come il piacere femminile, il matrimonio, le tradizioni culturali, la religione, l’identità di genere, l’HIV/AIDS, la violenza sessuale e il ruolo del corpo nella società africana contemporanea. Lungi dal presentare un quadro monolitico, il libro evidenzia la straordinaria diversità di esperienze e prospettive, sfidando stereotipi occidentali e africani sulla sessualità delle donne del continente La vita sessuale delle donne africane è un potente atto di empowerment. Dare spazio e legittimità alle voci di queste donne è un passo fondamentale verso la liberazione da narrazioni patriarcali e coloniali che hanno a lungo plasmato il discorso sulla sessualità in Africa.

Il libro incoraggia le donne africane a rivendicare il proprio piacere, a negoziare relazioni sane e appaganti e a sfidare le norme sociali oppressive. La scrittura di Sekyiamah è sensibile e rispettosa, capace di creare un’atmosfera di fiducia che permette alle intervistate di aprirsi con autenticità. La traduzione di Simona Garavelli restituisce con efficacia la ricchezza e la sfumatura delle diverse voci, rendendo la lettura fluida e coinvolgente.

I principi dello stagno Finn, di Lars Elling (traduzione di Andrea Romanzi; 21lettere), è un romanzo delicato e profondamente malinconico che si insinua lentamente nel cuore del lettore, lasciando dietro di sé un’eco di riflessione sulla solitudine, la perdita e la fragile bellezza dell’esistenza.

Il romanzo ci introduce nello stagno Finn e nel piccolo mondo che lo circonda, abitato da figure solitarie e spesso ai margini della società. Attraverso la lente di un narratore sensibile e osservatore, Elling dipinge un affresco fatto di silenzi, di gesti quotidiani ripetuti, di pensieri sussurrati e di un senso di incomunicabilità che pervade le vite dei personaggi. Non c’è una trama incalzante, ma piuttosto una lenta e progressiva immersione nelle loro interiorità, nelle loro ferite nascoste e nei loro tentativi, spesso goffi e maldestri, di trovare un senso in un mondo che sembra averli dimenticati. Elling ha un talento particolare nel trovare poesia e bellezza anche nelle pieghe più desolate dell’esistenza. Descrive con minuzia e delicatezza i paesaggi, gli oggetti, i piccoli rituali che scandiscono le giornate dei suoi personaggi, trasformando la solitudine, che inizialmente può apparire opprimente, in uno spazio di contemplazione e di silenziosa introspezione.

C’è una sorta di dignità silenziosa in questi individui che, pur nella loro fragilità, continuano a esistere e a cercare un proprio equilibrio. La voce narrante è un elemento fondamentale del romanzo. Empatica e mai giudicante, si avvicina ai personaggi con una profonda comprensione delle loro mancanze e delle loro aspirazioni. Lo stile di Elling è evocativo e lirico, capace di creare atmosfere rarefatte e di trasmettere al lettore le sfumature emotive dei protagonisti. Le frasi sono spesso brevi e incisive, cariche di un significato che va oltre le parole stesse.

I principi dello stagno Finn, di Lars Elling

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Il Fatto Quotidiano

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