Paesaggio, il parere della soprintendenza resta vincolante. Ma i controlli non funzionano
- Postato il 9 settembre 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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Di Florida Nicolai, ARCA (Assieme per la rigenerazione e la cura dell’ambiente)
Le Commissioni Ambiente e Cultura del Senato il 5 agosto scorso hanno approvato la nuova versione del testo del disegno di legge per la “Delega al Governo per la revisione del Codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di procedure di autorizzazione paesaggistica”. Il nuovo testo mette la parola fine al tentativo di ridimensionare il ruolo delle Soprintendenze, bocciando la proposta di introdurre il silenzio-assenso per le autorizzazioni paesaggistiche. Dunque il parere delle Soprintendenze resta obbligatorio e vincolante. I Comuni non potranno mai procedere da soli, anche se la Soprintendenza è in ritardo nel rispondere. Niente liberalizzazioni. Anche gli interventi considerati “minori” dovranno comunque passare per il parere vincolante della Soprintendenza, come avviene oggi.
In pratica, il ruolo degli organi di tutela del paesaggio non è stato ridimensionato e il loro via libera rimane un passaggio fondamentale e obbligatorio per qualsiasi intervento in zone protette.
È sicuramente una vittoria per la tutela del paesaggio, ma è un traguardo che rischia di rimanere teorico se non affronta la piaga reale che devasta il territorio: l’illegalità diffusa e l’inapplicazione della norma, per responsabilità di un sistema che lo permette, che può contare sulle scarsissime risorse della Sovrintendenza, sulla lentezza burocratica, sul “fatto compiuto” strategico, sulla mancanza di poteri sanzionatori diretti (perché la Sovrintendenza spesso può solo elevare un parere negativo o un richiamo, ma le sanzioni devono poi essere applicate dal Comune stesso, il trasgressore), sull’ opacità e mancanza di trasparenza (il “non sapere nulla”, cioè la inaccettabile non-risposta della Sovrintendenza, a significare che la pratica non è stata formalmente aperta, che la comunicazione tra uffici è inesistente).
Già oggi la Legge 241/1990 (art. 20, c. 4) vieta il silenzio-assenso per il patrimonio culturale e paesaggistico, eppure i comportamenti elusivi sono sistematici. Molti Comuni bypassano deliberatamente l’obbligo di richiesta del parere vincolante, autorizzando e realizzando opere in aree sottoposte a vincolo. Quando cittadini, associazioni segnalano gli abusi, le Soprintendenze spesso rispondono con un “non risulta alcuna pratica” o non rispondono, di fatto legittimando l’operato illecito degli enti locali attraverso un “silenzio-assenso di fatto” ancor più pericoloso di quello formale che si è voluto evitare.
Accade che i Comuni non richiedano nemmeno il parere vincolante, autorizzando opere in area soggetta a vincolo, che le Soprintendenze siano spesso assenti, non rispondendo alle segnalazioni o, peggio, dichiarando di “non sapere nulla” di pratiche avviate o già concluse. Un sistema opaco che permette il “fatto compiuto”, dove l’illecito viene sanato o ignorato, svuotando di significato il concetto stesso di tutela. La legge ribadisce con forza la centralità del parere della Soprintendenza, ma nella prassi quotidiana il Comune può aggirare la tutela semplicemente non attivando la procedura. Così, gli abbattimenti di alberature e le trasformazioni del territorio passano sotto silenzio, senza alcun controllo effettivo.
Da qui, il paradosso: una legge sancisce la tutela ma viene resa inefficace dall’inerzia applicativa. Il problema, quindi, non è la norma, ma la mancanza di meccanismi di controllo, di trasparenza, di responsabilità. Al principio di tutela devono affiancarsi meccanismi di controllo, sanzioni efficaci e risorse adeguate per le Soprintendenze, sottodimensionate e sottofinanziate. Per trasformare il principio in tutela effettiva, la vittoria in azione concreta, è indispensabile che le linee guida attuative della legge delega chiariscano con urgenza le tempistiche perentorie per l’emanazione dei pareri da parte delle Soprintendenze, i canali di comunicazione obbligatori e tracciabili tra Comuni e Soprintendenze, le procedure di segnalazione per cittadini e associazioni in caso di inerzia o illecito. In pratica:
– obbligo di trasmissione per i Comuni di tutte le pratiche in aree vincolate, con un sistema di tracciabilità;
– potere-dovere di intervento per le Soprintendenze che devono poter e dover agire d’ufficio o su segnalazione dei cittadini, avviando accertamenti anche in assenza di una richiesta formale del Comune;
– trasparenza totale: pubblicazione online degli iter autorizzativi e delle segnalazioni, per un controllo civico diffuso;
– Monitoraggio attivo: attribuire alle Soprintendenze strumenti e risorse per verificare in autonomia gli interventi in corso.
Senza questi strumenti operativi, la riforma sarà un’occasione sprecata. il vero pericolo per il paesaggio non è una riforma che non passa, ma l’ipocrisia di una legge che viene costantemente sabotata nella sua applicazione da chi dovrebbe farla rispettare.
Noi, in quanto cittadini e associazioni custodi del territorio, continueremo a utilizzare ogni strumento di legge per combattere l’illegalità: Accessi civici (FOIA) per ottenere la tracciabilità delle procedure. Esposti al Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (TPC) e alla Procura della Repubblica per denunciare gli abusi. Mobilitazione dell’opinione pubblica per portare alla luce le violazioni. La battaglia per il paesaggio si vince anche sul campo. La legge, giusta e confermata, va finalmente applicata e spetta anche a noi cittadini impegnarci.
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