Ospedale Jazzolino di Vibo, solo posti in corridoio

  • Postato il 4 giugno 2025
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Ospedale Jazzolino di Vibo, solo posti in corridoio

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Allo Jazzolino di Vibo Valentia pazienti di nuovo nei corridoi. Il racconto di una notte da incubo all’interno del Pronto soccorso


Allo Jazzolino per vedere storie di ordinarie carenze basta aggirarsi un po’ per i vari reparti e servizi. C’è dove mancano i medici o gli infermieri ed oss, ci sono ambulatori organizzati in maniera precaria, ci sono reparti e servizi cancellati da anni e mai più restituiti alla comunità.

JAZZOLINO PRONTO SOCCORSO AL LIMITE DELL’ASFISSIA


Ma il luogo d’elezione per rendersi conto di come l’ospedale provinciale vibonese boccheggi al limite dell’asfissia è senz’altro il pronto soccorso, prima interfaccia tra cittadini e sanità pubblica. Una struttura che, nonostante i quotidiani sforzi dell’ormai storico direttore Vincenzo Natale, tra i massimi esperti di emergenza urgenza del sud Italia, nonostante l’indubbio impegno del (poco) personale, mostra ogni giorno di più dei limiti non ascrivibili ad esso in senso stretto ma a quella che è qui considerano la madre di tutti i problemi, e cioè la carenza di posti letto.

IL RACCONTO DI UN CRONISTA PAZIENTE


L’incipit serve ad introdurre il racconto di una notte vissuta, personalmente da chi scrive, nella postazione, lì arrivato per una fibrillazione atriale verso le 23 ed uscitone, su sua volontà e vedremo perché, verso le 5 del mattino. Come entri nel corridoio, dopo la rapida valutazione del personale al triage, ti arriva come un pugno nello stomaco: per tutti i suoi venti metri di lunghezza lo stretto corridoio è intasato da numerose barelle sulle quali sono adagiati e soffrono i pazienti, per lo più anziani come abbiamo potuto constatare. Tutto qui? Al contrario, anche se non sarebbe certo poco, c’è dell’altro.

JAZZOLINO TRA CARENZA DI LETTI E PRECARIETÀ


Il senso di precarietà e di inaccettabile affollamento ti coglie non appena getti uno sguardo nelle stanze dei vari codici: accanto ai due lettini di rito ci sono anche lì una o due barelle, una specie di accampamento dove i malati quasi si urtano tra loro. Insomma, al pronto soccorso di Vibo, oltre ai lettini tutte le 12 barelle in dotazione sono occupate.

E non è finita: ci sono almeno altri quattro pazienti sistemati addirittura su carrozzelle e lì sono destinati a restare per ore e addirittura a ricevere la terapia o essere monitorizzati. Insomma: seduti sulle carrozzelle e attaccati coi cavi a questa o quella macchina.

COME UN ACCAMPAMENTO DI SFOLLATI


Tutto questo, oltre a rendere il pronto soccorso più simile ad un accampamento di sfollati che ad una primaria postazione sanitaria, finisce per mettere sotto i piedi il diritto alla privacy degli ammalati. Nella stanza, seduto sulla sedia a rotelle dove è monitorizzato per la fibrillazione in atto, e dove già su una barella e con la sacca per l’urina appoggiata per terra c’è un’anziana paziente, il cronista vede entrare una donna che lamenta dolori lancinanti all’addome. Su richiesta del medico, un robusto cubano molto disponibile e scrupoloso, e aiutata dall’infermiere di turno si toglie la camicetta e resta col solo reggiseno. Così, davanti a tutti. Fortuna per lei che non è stato necessario togliersi anche i pantaloni.

I RACCONTI DEI PAZIENTI


Insomma, tre ammalati (di cui una seminuda) con medico e infermiere in quattro metri quadrati. Tutti ad ascoltare i problemi dell’altro. E si badi, la situazione non è diversa nelle altre stanzette, comprese quelle dell’Obi, l’osservazione breve intensiva. In realtà una stanza libera ci sarebbe, è quella per i detenuti ma, per ovvie ragioni, è off limits.

«ALLO JAZZOLINO POSTI NON NE ABBIAMO VEDIAMO IN ALTRI OSPEDALI»


E quando al cronista viene prospettata la necessità del ricovero, per osservazione, in Utic salta fuori il problema dei problemi: «Qui allo Jazzolino posti non ce ne sono, dobbiamo vedere se ce n’è uno in qualche altro ospedale della regione». In altre parole, l’interessato dovrebbe finire (ma non è detto che il posto si troverà), magari a Reggio, Catanzaro o in qualche altro centro provvisto di terapia intensiva cardiologica. Per sovrappiù, a trasportarlo sarebbe stata, naturalmente un’ambulanza del Suem 118, utilizzata come spessissimo accade come un servizio taxi. Tutto questo è davvero inconcepibile.

IL PERSONALE AMAREGGIATO


Il personale, di fronte ai commenti giustamente polemici dei pazienti si stringe impotente nelle spalle, amareggiato, di più non può fare. E impreca, contro la Regione e la commissione straordinaria. Quasi tutti i pazienti accampati nei corridoi e nelle stanzette sono in attesa di ricovero, aspettano l’agognato posto letto che tarda ad arrivare. Qualcuno, quando la telefonata del medico ha esito positivo, accetta di essere trasferito altrove, molti invece preferiscono restare in quella precaria situazione e sperano. Una speranza che spesso è destinata a restare tale per vari giorni.

IL MIRAGGIO DEI POSTI LETTO


Insomma, allo Jazzolino un posto letto è un vero miraggio e ciò è dovuto a due motivi, essenzialmente: il robusto taglio dei posti operato anni fa dalla Regione sull’altare di quella che con un pietoso eufemismo venne finita la razionalizzazione del sistema, e il ridotto numero di dimissioni operato giornalmente dai vari reparti. In sostanza, secondo questa versione, ci sarebbero reparti in cui i pazienti restano più giorni di quanti sarebbero necessari.

«IL PRESIDENTE OCCHIUTO DOVREBBE PORVI RIMEDIO»

Quanto ci sia di vero in questo non siamo certo in grado di dire, a farlo dovrebbero essere, prove alla mano, i vari primari e i commissari, il prefetto Piscitelli in primis. Confidiamo che nei prossimi giorni su questa spinosa questione vogliano dire la loro. Nell’attesa riportiamo il pensiero di uno dei pazienti dell’altra notte: «Il presidente Occhiuto a questo dovrebbe porre rimedio. Invece di proclami e passerelle, dovrebbe riservare molta più attenzione al pronto soccorso di Vibo. Finora non l’ha fatto, al di là, appunto, delle parole».

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