Onofrio Barbieri, il pentito ex fattorino delle estorsioni per conto del clan Bonavota
- Postato il 19 febbraio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Onofrio Barbieri, il pentito ex fattorino delle estorsioni per conto del clan Bonavota
Le nuove rivelazioni del pentito Onofrio Barbieri, ex killer della cosca Bonavota della quale curava le attività estorsive piazzando bombe, bottiglie con liquido infiammabile per costringere gli imprenditori a pagare il pizzo
VIBO VALENTIA – “Sono nato a Vibo Valentia e ho sempre vissuto a Sant’Onofrio, fino al mio trasferimento a Vena Superiore avvenuto nel 2006; i miei genitori non hanno mai fatto parte di contesti criminali, mio padre ha sempre fatto il commerciante ambulante mentre mia madre la casalinga”, afferma Onofrio Barbieri, ex killer del clan Bonavota di Sant’Onofrio, dal 2023 collaboratore di giustizia, in uno dei verbali di interrogatorio davanti agli investigatori della Dda di Catanzaro.
BARBIERI: GLI ESORDI CRIMINALI E LA CONOSCENZA DEI BONAVOTA
Una carriera criminale, quella di Barbieri tutto sommato precoce con i primi reati commessi all’età di 16-17 anni, su tutti la rapina ad un magazzino all’ingrosso perpetrata insieme a “Francesco De Fina” che avrebbe fruttato un bottino rilevante: 20 milioni di vecchie lire, ma che gli stessi non potettero godersi in quanto “arrestati in flagranza di reato”. Un nuovo arresto arriva nel 2002 per la detenzione di una pistola 357 Magnum che aveva comprato da un soggetto forestiero che conosceva di vista. La svolta per il pentito arriva nel 2004 quando si unisce ai Bonavota per i quali ha iniziato a commettere i più svariati reati fino agli omicidi.
Si erano messi in testa di essere i padroni del paese e per questo avevano costituito un gruppo criminale che avrebbe fatto il bello e cattivo tempo per anni: “Io, Pasquale, Domenico e Nicola Bonavota, e Francesco Fortuna volevamo comandare Sant’Onofrio”, commenta il pentito ricordando di conoscere i fratelli da sempre, ma di aver avuto un rapporto più stretto con Domenico anche per via della stessa età anagrafica: “Siamo cresciuti insieme – aggiunge Barbieri – e lo frequento sin da quando ero piccolissimo, mentre i fratelli li conoscevo meno, in quanto sono più grandi e non uscivamo insieme. Questo fino al 2004, quando cambiò tutto, nel senso che ci mettemmo in testa che dovevamo comandare noi ed iniziammo a fare tutto quello che abbiamo fatto”.
BARBIERI, IL PENTITO CHE NON CREDEVA NEI RITI DI ’NDRANGHETA
Nei riti tradizionali della ’ndrangheta afferma di non credere, Onofrio Barbieri, tant’è che precisa di “non essere mai stato rimpiazzato, né di aver ricevuto “battesimi” perché non andavo dietro a queste cose, non mi piacevano, non ci trovavo alcune senso, a differenza di altri che ne erano attratti”. Come i “Bonavota e Fortuna, ma non io”.
Lui non andava “appresso a queste chiacchiere” specifica, ricordando poi la visita di Fortuna e Domenico Bonavota a “Rocco Anello per essere rimpiazzati e ricevere delle cariche. Questa cosa mi è stata raccontata direttamente da loro, nella specie mi dissero che dovevano recarsi da Anello per far dare una carica a Fortuna”, ma di non sapere quale fosse né di aver chiesto proprio “perché non mi interessavano queste cose”. Eppure, aggiunge, Mimmo Bonavota gli avrebbe chiesto di essere battezzato “ma mi rifiutai”, fu la risposta del pentito: “Lui insisteva dicendomi che uno deve essere battezzato per essere ‘ndranghetista, ma io mi sono sempre sottratto. Sicuramente erano battezzati anche i fratelli Nicola e Pasquale”
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E su Rocco Anello, boss di Filadelfia, il pentito Barbieri dichiara che questi era un “finanziatore dei Bonavota per varie attività, sia lecite che illecite. Ci dava soldi anche per gli acquisti di stupefacente, insomma stava con noi anche lui, nel senso che faceva parte anche lui della società. Insomma, ci favoriva con la droga, ci aiutava quando avevamo bisogno di armi, di cui comunque eravamo in grado di approvvigionarci anche da soli, facendole arrivare da Torino, per il tramite di Antonio Serratore, nipote di Giuseppe Serratore, suocero di Nicola Bonavota”.
I SUMMIT NELLA CAMPAGNA DI NICOLA BONAVOTA
Ed è nel 2004 che contestualmente iniziano ad aver luogo i summit nelle campagne della famiglia Bonavota, dove stabiliranno le strategie da attuare e gli obiettivi da eliminare: “Io, Domenico e Nicola Bonavota, Fortuna e Giuseppe Serratore, che custodiva e rispondeva delle armi di tutto il gruppo, abbiamo iniziato quell’anno a riunirci praticamente tutti i giorni all’interno della campagna di Nicola e lì decidevamo chi toccare con le estorsioni, chi dovevamo ammazzare, organizzavamo i traffici di droga ed altro”.
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Traffici illeciti ma non per tutti. Ad esempio, secondo Barbieri l’usura spettava farla a “Nicola Bonavota, in quanto era il soggetto con maggiore disponibilità economiche”, ma “anche Pasquale la praticava – rileva il pentito – in quanto faceva molti soldi con le macchinette del poker. Lui viveva a Roma ma aveva questa società con cui gestiva le macchinette a Sant’Onofrio. L’ho visto anche direttamente prestare soldi alla gente. Si trasferì nella capitale dopo il suo ritorno in libertà, all’incirca nel 2004, dove so che gestisce un Tabacchi facendo ritorno in Calabria giusto per le feste”.
Pasquale, ritenuto la mente della cosca, secondo il pentito Barbieri partecipava alle decisioni del gruppo in quanto “il fratello lo notiziava sulle azioni da compiere, cioè estorsioni e omicidi anche se a volte succedeva che lo avvisassimo a cose fatte. Ad ogni modo doveva essere messo sempre a conoscenza di tutto perché comandava anche lui”. E al pari di lui, secondo il collaboratore, vi era il fratello Domenico mentre sotto di loro l’altro fratello Nicola, Fortuna e lo stesso pentito, Antonio e Giuseppe Serratore.
L’OMICIDIO DI ALFREDO CRACOLICI E L’OMISSIS CADUTO
Sull’uccisione del boss di Maierato Alfredo Cracolici, avvenuta la sera del 9 febbraio 2002, in cui perse la vita un innocente, Giovanni Furlano, Onofrio Barbieri chiama in causa Domenico Bonavota affermando di aver appreso da questi chi fossero i mandanti gli esecutori materiali: “Mi disse che aveva deciso con il fratello Pasquale di compiere questo delitto e che lo aveva commesso con Salvatore Priamo, Antonino Lopreiato e Bruno Cugliari”, in linea con quanto avrebbe successivamente riferito un altro collaboratore, suo ex compagno di clan, Francesco Fortuna confermando il nome di Priamo, mai emerso fino ad oggi in quanto coperto da “Omissis”.
BARBIERI, IL FATTORINO DELLE ESTORSIONI
In qualità di azionista del clan, Onofrio Barbieri era colui il quale si affidava il compito “sporco”, vale a dire la commissione in prima persona delle attività illecite, come le estorsioni. E di estorsioni, l’ex killer dei Bonavota racconta di averne commesse davvero tante nel corso degli anni, a partire da quella del 2004 ai danni dell’imprenditore napitino “Sardanelli” decisa “da Domenico Bonavota. Io mi occupai personalmente di collocare presso la sua azienda una bottiglia di benzina, facendomi accompagnare da Giuseppe Tamburro ma non saprei dire se poi l’imprenditore pagò, tuttavia sono a conoscenza che poi ha assunto delle persone del nostro gruppo”, come ad esempio la moglie dello stesso pentito su imposizione “di Domenico”.
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L’imprenditore titolare dell’azienda del tonno “bastava che Mimmo gli indicasse chi doveva assumere e lui si adeguava a tale richiesta. Era sottoposto ad estorsioni da circa vent’anni e ormai e prima di noi pagava i Cracolici”. Una circostanza quest’ultima, che Barbieri riferisce di aver appreso “dallo stesso Sardanelli che a noi non dava direttamente soldi ma ci forniva gratuitamente dei suoi prodotti e assumeva le persone che gli indicavamo. Dopo il collocamento della bottiglia incendiaria da parte mia non sono serviti altri atti intimidatori, né lo ha mai toccato nessuno in quanto si trattava di un imprenditore che apparteneva a noi”.
MANTELLA DIVENTA PENTITO E BARBIERI E MIMMO BONAVOTA SPARISCONO
Ad un certo punto, però la moglie di Barbieri lasciò improvvisamente il lavoro ma non per questioni di salute ma perché Andrea Mantella, ex boss scissionista di Vibo e alleato dei Bonavota, aveva deciso di saltare il fosso e collaborare con la giustizia (maggio 2016) e pertanto tutti quelli del gruppo ancora liberi, compreso Barbieri stesso, hanno iniziato a sparire dalla circolazione: “Io mi stavo guardando dalla collaborazione di Mantella – racconta – Avevo appreso dai giornali che questo aveva iniziato a “cantarsela” e, sapendo che mi avrebbero arrestato, scappai in un villaggio a Cropani Marina. Ricordo che si allontanò da Sant’Onofrio anche Domenico Bonavota”.
L’ESTORSIONE ALLA SPI SU MANDATO DEL CLAN BONAVOTA
Il pentito snocciola le estorsioni commesse – anche se non tutte consumate – come fossero la cosa più naturale al mondo e riferisce ad esempio quella ai danni della Spi, sita nell’area industriale di Maierato, sempre nel 2004, che produce infissi, porte e finestre. Fu proprio lui a recarsi “su mandato di Domenico Bonavota in due occasioni sul posto, una prima volta con Antonino Patania, detto Tonino, e ricordo che sparammo alla vetrata di accesso ai locali della società; una seconda volta con Francesco Scrugli (ex braccio destro di Mantella, ndr), in cui entrammo direttamente dentro al magazzino con la macchina ed esplodemmo alcuni colpi in aria. Non so se il titolare abbia mai versato dei soldi alla nostra cosca, posso solo dire che successivamente venni arrestato e non mi sono più rivolto personalmente a questo”.
BENZINA E PROIETTILI A MAIERATO E LA BOMBA A PIZZO
Una terza estorsione è stata quella ai danni ditta Colistra; una ferramenta di Maierato dove anche qui si sarebbe recato con Patania collocando una bottiglia di plastica con benzine e alcuni proiettili. Anche in questa occasione il mandante sarebbe stato Mimmo Bonavota ed anche in questo caso il pentito che poi venne arrestato specifica di non sapere se il proprietario abbia versato denaro al gruppo, così come non sa se è andata a buone fine l’estorsione ad una attività a Pizzo: “Con Patania ho collocato anche una bomba al bar sulla via Nazionale a Pizzo, di fronte alla prima delle due colonnine di benzina che si incontrano andando da Sant’Onofrio verso l’autostrada – racconta Barbieri – Acquistammo l’ordigno a Soriano, da una signora di cui non ricordo il nome che produce fuochi d’artificio e lo facemmo esplodere verso mezzanotte procurando danni alla saracinesca del negozio”.
BARBIERI E L’ORDIGNO AL “RAIS” PER FARE UN FAVORE A MANTELLA
Un’altra bomba, Barbieri, la collocò “sempre con Patania all’interno del bar “Rais” alla marina di Pizzo e questa volta fu per “fare un favore a Mantella. Non so perché dovesse fare questa cosa, io gli ho solo fatto un favore. Solo dopo ho letto dagli atti che si trattava di un favore da fare ai Barba, che non conosco direttamente, fatta eccezione per Pino Barba che conosco giusto di vista”.
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Onofrio Barbieri, il pentito ex fattorino delle estorsioni per conto del clan Bonavota