Omicidio Mormile, la Corte d’Appello: “Sacrificato per coprire i rapporti indicibili della ‘ndrangheta. Su Carmine Gallo solo illazioni”
- Postato il 26 giugno 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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L’educatore carcerario Umberto Mormile fu ucciso l’11 aprile 1990 da due uomini della ‘ndrangheta lombarda a pochi chilometri di distanza dal penitenziario di Opera dove all’epoca lavorava. Esecutori e mandanti, tutti condannati definitivi, hanno nomi noti e volti riconoscibili. I killer sono Antonio Schettini e Nino Cuzzola, i registi sono il gotha del Consorzio mafioso lombardo Antonio e Domenico Papalia, oltre a Franco Coco Trovato. A favorire quell’omicidio certamente fu Vittorio Foschini. Per il primo grado fu anche Salvatore Pace, non per il giudizio d’Appello per il quale “l’imputato deve essere assolto perché il fatto, così come contestato, non sussiste”. E’ una riga delle 79 pagine di motivazioni con cui la Corte d’appello di Milano presieduta dal presidente Ivana Caputo e composta da sei giudici popolari ha spiegato questa scelta. Ma al di là della posizione di Salvatore Pace, il cui gruppo era un cellula criminale del Consorzio certamente a disposizione dei capi, la sentenza, per stessa ammissione dei giudici, costretta dalla memoria della Parte civile si addentra in quel campo ancora non definito che è il movente di questo delitto.
Perché di questo tratta la memoria depositata nel marzo del 2025. Perché, scrive il giudice, “l’unico tema d’interesse della Parte Civile” non è certo la posizione di Salvatore Pace come concorrente morale all’omicidio e “non è affatto quello di assicurare alla giustizia i Pace, i Foschini, i Cassaniello o altri gregari mafiosi ma di cristallizzare in res iudicata il vero movente e l’esistenza di ignoti (quantomeno il loro ruolo di ispiratori e determinatori se non la loro indicazione nominativa) che, parandosi dietro mandanti noti, detto movente vollero e perseguirono”. Mandanti occulti, e per dirla tutta: i servizi segreti deviati, di cui manca ogni sostanza probatoria, ma di cui invece abbondano sospetti e possibili scenari sottoscritti dal giudice di primo grado e come vedremo anche da quello di Appello.
Anzi riportiamoli subito. Nel primo grado il giudice così conclude: “Deve comunque darsi conto di una possibile e diversa ricostruzione delle presumibilmente reali ragioni sottese all’omicidio Mormile, non potendosi fare a meno, prendendo atto delle stesse risultanze in atti, di una possibile, non accertata, ma certamente ipotizzabile, diversa collocazione del fatto omicidiario all’interno di un oscuro scenario di rapporti tra esponenti massimi della ‘ndrangheta ed elementi deviati dei servizi segreti italiani all’epoca dei fatti”. Nel giudizio di Appello si legge: “Questa Corte decidente vuole andare oltre il prudente, per dirla con un eufemismo, approdo del primo Giudice ed affermare che si ammetta, così, per provato oltre ogni dubbio che Umberto Mormile sia caduto sull’altare del sacrificio col quale si sono coperti i rapporti indicibili (non provati individualmente, quanto a persone fisiche, ma certamente sussistenti) intrattenuti da Domenico Papalia”. In tutto questo però poco ha a rilevare la posizione di Pace che abbia favorito o meno l’azione omicidiaria.
La memoria della Parte civile, mostrando interesse al solo scenario occulto, così chiede al giudice, se pur il giudizio sia abbreviato, nuovi atti istruttori sulla base della nuova inchiesta sulla società Equalize che ha coinvolto l’ex superpoliziotto Carmine Gallo e delle notizie emerse, in particolare da un sito di informazione online a fine febbraio, riguardo a presunti rapporti opachi di Gallo con il clan Papalia e con i servizi segreti. Clan che lo stesso Gallo contribuì ad arrestare con l’inchiesta Nord-Sud. La memoria sarà depositata il 7 marzo 2025. Coincidenza vuole che due giorni dopo, la mattina del 9 marzo, Gallo morirà per un infarto fulminante. “Di ciò preso atto – scrive il giudice- il Patrono di Parte Civile ha chiesto l’acquisizione di lettera sottoscritta. Più precisamente: scritta dai suoi legali (gli avvocati Antonella Augimeri e Paolo Simonetta, ndr) e ‘per ratifica e approvazione’ anche dal defunto Carmine Gallo con la quale i mittenti si rivolgevano alla Redazione (…) con ‘Diffida a rimuovere o rettificare l’articolo lesivo della reputazione del dottor Gallo’”.
Nella memoria si ricorda che Gallo “era l’ufficiale di polizia giudiziaria che collaborò con la Procura della Repubblica di Milano negli anni Novanta per la gestione di innumerevoli collaboratori di giustizia, ivi compresi quelli che hanno riferito sull’omicidio Mormile (…). Occorre rilevare, peraltro, che al riguardo del poliziotto Carmine Gallo risultavano le illuminanti dichiarazioni di Antonino Cuzzola”. Si tratta di un verbale già riportato nell’articolo online di febbraio in cui Cuzzola parla di accordi con i Papalia per liberare Alessandra Sgarella. “Accordi – dice Cuzzola – li ha fatti pure quello che lavora qua in Tribunale, Gallo”. Inoltre la parte civile chiederà di sentire la polizia giudiziaria che ha seguito l’inchiesta Equalize e lo stesso Gallo “per accertare l’ingerenza del sostituto commissario Carmine Gallo (all’epoca dei fatti non più in servizio, ndr) nella difesa processuale dell’imputato Pace e se ciò derivi dai legami dello stesso Gallo con esponenti dei servizi segreti, al fine di ottenere l’esclusione di esponenti di apparati di sicurezza dal coinvolgimento nell’omicidio di Umberto Mormile”. Chioserà il giudice: “Richieste istruttorie tutte da respingere”, perché allo stato considerate “congetture, supposizioni e illazioni” e non “indizi di reità (…) che l’omicidio Mormile fu voluto non solo dai mandanti già condannati ma da sinergiche volontà criminose di segmenti deviati degli apparati statuali, oltre che dall’intero Consorzio mafioso”. In caso contrario, spiega il giudice, “l’autorità inquirente non mancherà di procedere nei confronti dei responsabili, se identificati od identificabili”. Ma allo stato, scrive il giudice “gli ignoti autori dei Servizi deviati – della cui esistenza e corresponsabilità la Parte Civile si dice intimamente certa – sono stati cercati e non si sono potuti identificare e, per vero, non si è nemmeno potuto accertare che l’omicidio di Umberto Mormile ‘rappresenti uno dei casi più eclatanti di negazione del diritto alla verità e di lesione della memoria della vittima’ né che gli esiti processuali sin qui raggiunti siano stati ‘turbati da interessi extra processuali che già per decenni hanno arrecato evidenti ostacoli all’accertamento della verità’”.
In tutto questo ovviamente Pace non ha ruolo né responsabilità penale secondo la sentenza. E dunque “non può darsi seguito alle istanze di Parte Civile”. E se per la stessa Parte civile “il diritto alla verità è ormai un fondamento pacifico a livello normativo e giurisprudenziale, sia nazionale che sovranazionale”, per la Corte d’Appello “il diritto alla verità non è solo delle vittime o dei loro prossimi congiunti ma di tutti i consociati e dell’intera società civile. Il diritto alla verità non è incompatibile con la cultura delle garanzie processuali e il rispetto delle regole che di dette garanzie sono la fonte normativa”. E dunque per questo ogni istanza della Parte civile è stata respinte. Con una chiusa definitiva: “Questa Corte non avrebbe esitato a fare uso dei poteri compiendo rinnovazione probatoria, a condizione che questa fosse necessaria e decisiva alla definizione processuale di Salvatore Pace, non di altri o di altro; men che meno di presunti altri, allo stato, solo assertivamente responsabili (in guisa di co-mandanti assieme ai già condannati mandanti) dell’omicidio per cui è processo”.
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