Nuova legge elettorale: il piano Meloni per dare scacco all’opposizione

  • Postato il 6 maggio 2025
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Nuova legge elettorale: il piano Meloni per dare scacco all’opposizione

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Il piano Meloni della nuova legge elettorale: vince chi arriva al 40% grazie al premio del 55%


I Fratelli colonnelli nicchiano, minimizzano, “ma no, nessuno piano elettorale”, meno che mai “un premio fisso al 55% se hai raggiunto il 40%”, figurarsi, “troppo presto”. Bocche cucite per il capogruppo Malan al Senato, per il responsabile del partito Donzelli. Forse l’unico che ne parla un po’ è il presidente della Commissione Affari costituzionali Alberto Balboni anche perché è qui, al secondo piano di palazzo Madama, che si consumerebbe il fattaccio.

Dalle parti della Lega annotano con terrore le indiscrezioni, per loro sarebbe un massacro. Dalle parti di Forza Italia c’è più “fatalismo”, è la parola giusta: gli azzurri infatti avrebbero una contropartita di alto livello, la Presidenza della Repubblica nel 2029, quando scadrà il secondo settennato di Mattarella. Ufficialmente entrambi i partiti frenano: “Prima le riforme” ripetono, l’Autonomia per la Lega; la separazione delle carriere per Forza Italia, il premierato, prima di tutto di cui la legge elettorale è inevitabile complemento.

Il piano Meloni di una nuova legge elettorale è pronto, definito nel merito e nel metodo. Più che un piano è uno strike a favore della maggioranza, contro le opposizioni. E non a caso prende forma nelle indiscrezioni del fine settimana subito dopo l’intervista della premier Giorgia Meloni all’Adnkronos in cui lancia il proprio bis «per finire il lavoro iniziato in questa legislatura». Mettendo insieme le indiscrezioni che i parlamentari Fratelli stanno facendo trapelare in campo avversario ai propri opponent, cioè al centrosinistra, verrebbe fuori un sistema per cui, detta in modo molto sintetico, verrebbero tolti i collegi uninominali e tutti i collegi sarebbero assegnati a chi raggiunge almeno il 40% dei consensi grazie ad un premio fino al 55%.

Gli esperti parlano di “maggioritario di lista”, il più maggioritario di tutti i sistemi. Forte del fatto che la Corte Costituzionale ha già stabilito che un premio al 55% sula base del 40% dei consensi è autorizzato.
L’idea del “maggioritario di lista” nasce dal fatto che il centrodestra ha capito che se il centrosinistra riuscisse a fare l’ammucchiata contro le destre, l’attuale maggioranza non riuscirebbe a vincere tutti i collegi nominali che ha vinto nel 2022. Magari vince ma con una maggioranza così risicata da rendere impossibile la governabilità. Da qui il piano del “maggioritario di lista”.

Tra le indiscrezioni anche il fatto che Meloni potrebbe decidere di sciogliere anticipatamente la legislatura, la prossima primavera, in modo da evitare la sessione di bilancio ’26-’27 che, una volta finita la benzina del Pnrr, sarà lacrime e sangue. Anticipando la fine della legislatura, tra l’altro, Meloni toglierebbe tempo al Pd e gli impedirebbe l’operazione “cambio di segreteria”: un anno è troppo poco per convincere Schlein a lasciare e per trovare un altro segretario senza traumi nè spaccature. Che ci sarebbe comunque nel centrosinistra perchè Schlein o non Schlein, la nuova legge renderebbe obbligatoria l’indicazione del nome del candidato premier della coalizione e figurarsi se Giuseppe Conte non chiederebbe a quel punto le primarie per la scelta del front man.

Messa così, si annuncia uno scacco matto impietoso per le opposizioni. Che sarebbero disarmate di fronte al piano Meloni: la legge elettorale può essere votata solo dalla maggioranza. E’ già successo del resto.
Le opposizioni cercano di fare finta di nulla e minimizzare. Il capogruppo Pd al Senato Francesco Boccia parla della solita tattica di alzare “fumogeni” (come quello della legge elettorale) pur di scansare i problemi veri del Paese. In effetti la questione lavoro, sia sotto il profilo della sicurezza che quello dell’impoverimento degli stipendi, è stata alzata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ma subito smentita dalla premier. Su questa contraddizione, in effetti, un’opposizione avrebbe dovuto fare di più. Dario Parrini, l’ingenere del Pd in tema di riforme le ha definite “indiscrezioni su ipotesi lacunose”.

E’ stato il lodo Franceschini, a fine gennaio, a riportare sul tavolo il tema della legge elettorale. Giorgia Meloni è abile, la sorella Arianna altrettanto, quando si tratta di leggere nel tatticismo politico. La proposta di Franceschini, veicolata tramite un’intervista a Repubblica, invitava le opposizioni a “marciare divisi” facendo accordi tecnici solo per il 37% dei collegi uninominali previsti dal Rosatellum. Una bella ammucchiata che ha subito incassato l’ok di Conte. A quel punto le sorelle Meloni – anche Arianna ha un ruolo chiave in questa partita – si sono messe in moto. L’ipotesi circolata allora, a fine gennaio, è la stessa di cui si parla oggi: via i collegi proporzionali con premio di maggioranza per chi supera la soglia del 40% e obbligo di indicare il capo della coalizione.

Resta da capire come si comporteranno gli alleati di Meloni, quante candidature sicure riusciranno a strappare Salvini e Tajani per le loro truppe. Non troppe se le percentuali dovessero restare quelle attuali, 30% circa per i Fratelli, intorno al 10% per gli alleati. Considerando che anche Lupi e i suoi moderati stanno alzando la testa. Quale sarà la loro contropartita. Agli azzurri il Quirinale visto che la nuove legge elettorale potrebbe garantire la maggioranza necessaria fin dalla prime votazioni. E alla Lega? Forse il Veneto? La legge sui Lep (livelli essenziali delle prestazioni che costaterà miliardi) è attesa in Parlamento in questi giorni.

E’ il tassello mancante per far camminare l’autonomia differenziata. Sul premierato Meloni se la sta aggiustando così: sarà approvata con le modifiche da lei richieste (il ministro Casellati aspetta il testo) ma non prima della fine della legislatura. Di modo che il referendum, posticipato alla nuova legislatura, sarà un cavallo di battaglia della campagna elettorale. Un piano quasi perfetto. E al momento inarrestabile.

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