Pentasuglia: «Ho sentito il boato e ho capito»
- Postato il 9 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Pentasuglia: «Ho sentito il boato e ho capito»
Un testimone d’eccezione firma per il Quotidiano del Sud il suo diario dei due giorni che hanno segnato la storia con l’elezione del Papa, Leone XIV. È Raffaele Pentasuglia, artista materano, autore del Carro della Madonna della Bruna e scultore. Nel testo che segue, racconta la sua esperienza tra lingue e volti di tutto il mondo, in piazza San Pietro, fino all’elezione del Pontefice.
La sensazione diffusa era che lo scrutinio della mattina sarebbe stato transitorio. Così me la sono presa comoda e sono arrivato in via della Conciliazione verso le 11,20. La fumata nera è arrivata con circa venti minuti di anticipo. La folla si è diradata velocemente e serenamente
Tutti , però, ci siamo portati dietro la percezione che qualcosa di importante sarebbe avvenuto nel pomeriggio che era iniziato verso le 15 in un caffè di via Flaminia. Aspetto un amico. Insieme raggiungiamo Via della Conciliazione con largo anticipo rispetto alla fumata prevista per le sette, nel tardo pomeriggio. Non facciamo male. Non c’è paragone rispetto alle ore precedenti: San Pietro è stracolma. Dopo l’esperienza del primo giorno, scegliamo di fare la fila per rientrare nella Basilica.
Impieghiamo quasi un’ora e mezza. Stiamo per entrare, quando veniamo letteralmente risucchiati all’esterno da un boato di una potenza indescrivibile. Siamo sotto il balcone e la folla urla. Siamo così sotto che non riusciamo a vedere il camino . Ma ci sono pochi dubbi, un entusiasmo così si spiega solo con la fumata bianca. Riusciamo ad allontanarci di qualche metro per avere la conferma. L’emozione è superiore a quanto potessi immaginare. Aspettiamo; ci vuole circa un’ora. Poi le tende porpora si aprono e il resto è già Storia.
Il giorno prima, quello dell’apertura del Conclave, ero arrivato a Tiburtina nel primo pomeriggio. In meno di un’ora avevo raggiunto via Crescenzio, alle porte della Città del Vaticano. Il tempo di lasciare le valigie e salutare il mio ospite ed ero ripartito verso S. Pietro. Nei pressi di Castel S.Angelo, suonavano campane e si sentivano parole di una liturgia trasmessa da altoparlanti chissà dove. Alle 16,30 ero in Via della Conciliazione, c’era ancora poca gente. La strada era divisa da transenne come tre navate. Al centro le avanguardie delle troupe televisive mentre sui lati scorrevano le persone. Tante tonache, alcune di ordini mai visti. Gente da tutto il mondo ma avevo capito che la lingua più diffusa fosse lo spagnolo. La prima parte della piazza era occupata da centinaia di troupe televisive: una selva di aste, microfoni cavi e telecamere. Avevo superato il primo controllo della polizia all’inizio della piazza, anche se avevo rischiato di farmi menare al secondo, sotto il colonnato perché avevo lasciato il mio opinel nello zaino.
Sotto la Basilica, il clima era rilassato, qualcuno pregava qualcun’altro cantava. Ma la tensione e il fervore religioso erano mitigati dalla consapevolezza che mai nessun Papa era stato eletto il primo giorno. Sui maxi schermi sfilavano i volti austeri dei cardinali che pronunciavano misteriosi rituali in latino. Dopo l’ultimo cardinale era stato pronunciato l’extra omnes. Dalla cappella Sistina erano usciti tutti quelli senza il rosso. Un momento potentissimo. La porta si era chiusa.
Nella prima giornata la prima fumata era attesa per le sette, nel pomeriggio. Avevo occupato il tempo riprendendo volti con la macchina fotografica poi avevo scoperto che l’interno di San Pietro era visitabile, non ci entravo da trent’anni. Subito dopo la Cappella della Pietà c’era una statua che non conoscevo. Quella di Pio XII, le luci sul volto scavato e bronzeo gli davano un’ immagine estremamente severa quasi minacciosa. Ero ritornato in piazza. Erano le sei e c’era molta più gente. Dalle sette, saltuari applausi avevano rotto la monotonia dell’attesa. Nel frattempo la popolarità del gabbiano che campeggiava sul comignolo cresceva. La fumata era in ritardo. Di un’ora, poi di due. Aveva iniziato a fare freddo, qualcuno mormorava che il ritardo era dovuto al fatto che il papa fosse stato eletto.
Nel frattempo il gabbiano più famoso del mondo si pavoneggiava sulle tegole come fossero un red carpet. Fumata nera. Nessuna delusione. Anzi anche un po’ di sollievo da stanchezza. La folla si è dispersa in mille rivoli. Io ho scelto quello che andava a Trastevere. In un ristorante si parlava del conclave. Secondo i media è favorito Parolin. Ma io mi fido del cameriere vaticanista. Non è il momento della politica, è il momento della dottrina, ha detto. Dopo gli strepitosi paccheri alla vignarola che mi ha portato e raccontato, pendevo dalle sue labbra.
Il Quotidiano del Sud.
Pentasuglia: «Ho sentito il boato e ho capito»