Nuova archiviazione per l’omicidio Ilardo: rispetto i giudici ma faccio una riflessione

  • Postato il 14 maggio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Vorrei ricordare a me stesso e ad altri che per fortuna nel nostro Paese esiste lo Stato di diritto. Talvolta, le decisioni della magistratura non coincidono con le nostre aspettative e comunque il dissenso su certe decisioni rappresenta il sale della democrazia: dicasi lo stesso anche per le critiche che riguardano alcune sentenze. A Catania, nell’ambito dell’omicidio di Luigi Ilardo, avvenuto a Catania il 10 maggio 1996, il gip accogliendo la richiesta della Procura, ha emesso decreto di archiviazione: l’inchiesta era stata originata di seguito alla denuncia contro ignoti presentata alla Dda di Firenze, dal colonnello dei carabinieri Michele Riccio, e poi trasmessa a Catania per competenza territoriale. Occorre dire che è la seconda volta che un gip emette un decreto di archiviazione sul medesimo caso: la prima volta fu nel 2022 ed era indagato il generale dei carabinieri Mori, su denuncia di Pietro Riggio.

Mi preme evidenziare che per l’omicidio di Luigi Ilardo sono stati condannati, con sentenza passata in giudicato, Maurizio Zuccaro, Vincenzo Santapaola, Santo La Causa, Benedetto Cocimanno, Maurizio Signorino, Piero Giuffrida e Giuseppe “Piddu” Madonia, cugino di Luigi Ilardo. Quest’ultimo, mafioso conclamato e anche con posizione apicale, da qualche anno aveva iniziato a collaborare col colonnello dei carabinieri Michele Riccio. La sua collaborazione portò frutti importanti con arresti di suoi sodali e sequestri di armi.

Mi si consenta una riflessione sul personaggio Ilardo: pur non avendolo mai incontrato, ritengo che il suo fattivo apporto fu davvero importante e da quello che leggo negli atti processuali, soprattutto nelle trascrizioni delle cassette registrate dalla viva voce dell’Ilardo, mi sento di dire che era una persona molto informata sui fatti di mafia. E, quindi, come si evince dalla sentenza di condanna, il delitto maturò nell’ambiente mafioso siciliano.

In questi anni si era affermata con insistenza l’ipotesi che Luigi Ilardo sarebbe stato ucciso per impedire che diventasse collaboratore di giustizia, come aveva palesato. E nelle more che lo diventasse e quindi potesse svelare fatti importanti, secondo l’accusa, qualcuno delle istituzioni avrebbe informato la mafia: ecco che da questa ipotesi fu presa la decisione di tappargli la bocca per sempre. Ma, come noto, la sentenza di condanna dice altro.

Suddetta convinzione era fortemente avvalorata da una notifica di un atto giudiziario che, invece di essere notificato nelle mani di Ilardo, fu consegnato alla di lui cugina (sorella di Piddu Madonia) abitante a Gela. Per alcuni l’episodio veniva considerato “grave” perché avrebbe insospettito lo stesso Piddu Madonia, disvelando che il proprio cugino potesse essere “un confidente” di polizia. Invece, come si evince nel citato decreto di archiviazione si scopre che era stato lo stesso Luigi Ilardo ad indicare per le notifiche il domicilio della cugina a Gela.

Sulla scorta della mia pregressa attività di poliziotto mi si consenta di esprimere una valutazione non già sui fatti del processo, ma sulla gestione dell’Ilardo. La mia non vuole essere una critica, ci mancherebbe: nel corso della mia attività in quel di Palermo, (prima Squadra mobile e poi DIA) ebbi modo di trattare un paio di “confidenti” e ben nove pentiti di Cosa nostra. Mi chiedo e domando agli addetti ai lavori, si può escludere che nel corso delle gestione confidenziale di Ilardo – durata più di due anni – non possa essere accaduto qualche errore di gestione, facendo accertare ai mafiosi l’operato di Ilardo? Infine, conoscendo un pochino gli uomini d’onore, siete davvero convinti che i mafiosi non si siano fatte domande dopo gli arresti di uomini importanti di Cosa nostra? E il rinvenimento delle armi murate all’interno della banca non insospettì nessuno?

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Il Fatto Quotidiano

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