Negato il permesso premio a Rasero, i giudici: “E’ prematuro perché continua a proclamarsi innocente”
- Postato il 19 maggio 2025
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- Di Genova24
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Genova. Nessun permesso premio per Antonio Rasero che nel carcere di Marassi sta scontando la condanna definitiva per l’omicidio del piccolo Alessandro Mathas. Lo ha deciso il tribunale di sorveglianza di Genova dopo l’istanza che ha presentato il legale di Rasero, Cristiano Mancuso. La richiesta era stata preliminarmente respinta dal magistrato, ma l’avvocato aveva presentato reclamo. A dire il no definitivo è stato oggi un collegio composto da giudici ed esperti.
La relazione: “Detenuto modello, ma non ammette di essere l’assassino”
“La circostanza che il condannato tenga attualmente un comportamento intramurario corretto e partecipativo alle attività interne all’istituto non appare sufficiente – scrive il tribunale – nell’attesa di più solide dimostrazioni dell’avvio di un significativo e sincero percorso riabilitativo e della maturazione di più cospicui elementi di meritevolezza”. Il tribunale, nel rigettare la richiesta riporta del conclusioni della relazione del Got (l’equipe che si occupa dell’osservazione dei detenuti) secondo la quale “sono evidenziati nuovi elementi di riflessione da parte di Rasero rispetto al reato commesso e al suo coinvolgimento nella vicenda penale, ma […] persiste una ferma proclamazione di innocenza”. Quindi anche se Rasero “partecipa attivamente alle attività che gli vengono proposte, frequenta il quinto anno di scuola superiore; svolge inoltre attività lavorativa come addetto spesa all’interno del carcere dal novembre 2024” e “si pone in modo rispettoso e collaborativo” per il momento non può avere un permesso per passare una giornata con l’anziana madre, i due figli e l’ex compagna che lo va a trovare a Marassi.
La decisione lascia molto perplesso l’avvocato Mancuso che spiega: “In sostanza lui è nei termini per fare questa richiesta e ha tutte le relazioni positive ma mancherebbe una revisione critica. Io ritengo che il tribunale di sorveglianza debba valutare il percorso carcerario e il suo è ottimo e l’accettazione della condanna. Sostenere che per accedere ai benefici debba ammettere una colpa che non sente sua rappresenta un ricatto inaccettabile”. Il legale ricorda che Rasero “si è sempre proclamato innocente e ha comunque accettato il verdetto comportandosi da detenuto modello. Più di così non credo si possa chiedergli”.
La morte del piccolo Ale e la lunga vicenda giudiziaria
Il piccolo Alessandro Mathas era morto in un appartamento di Nervi la notte tra il 15 e 16 marzo 2010. L’appartamento era di proprietà di Rasero che con Mathas aveva una relazione. Quella notte secondo l’accusa, mentre la madre del piccolo era uscita a cercare droga, il broker – probabilmente sotto l’effetto della cocaina – avrebbe ucciso il piccolo Ale perché piangeva. Rasero era stato condannato a 26 anni in primo grado dalla Corte d’assise di Genova, poi assolto in appello. La Cassazione aveva annullato l’assoluzione disponendo un nuovo processo a Milano dove Rasero è stato condannato nuovamente a 26 anni, sentenza poi diventata definitiva. Anche Caterina Mathas, era stata processata per omicidio in concorso ma il pm aveva chiesto l’assoluzione: la donna era stata poi condannata solo per abbandono di minore.
Il broker si è sempre dichiarato innocente
Qualche ora prima di entrare in carcere, nel maggio del 2017 Antonio Rasero aveva affidato a un post su Facebook le ultime dichiarazioni da uomo libero: “Potevo essere in Venezuela, Costarica, Belize, ma ho creduto nella giustizia, ho sofferto per anni , ringrazio chi mi è stato vicino, chi mi ha voluto bene, le lacrime di mia madre e dei miei figli sono la mia forza. Non finisce qui” aveva scritto. E aveva ricostruito nel dettaglio la sua versione dei fatti, da quel che accadde quella notte all’arresto e agli anni di processi con accuse al sostituto procuratore Marco Airoldi che non aveva voluto mandare a processo per omicidio anche Katerina Mathas e ai testimoni amici di lei. Per Rasero sarebbe stata la Mathas a uccidere suoi figlio “ma non spetta a me dire se è stata una azione volontaria o involontaria” aveva detto. E aveva ricordato come quando la mattina del 16 marzo andarono insieme in ospedale con il bambino già cadavere lei non lo avesse minimamente accusato, come sarebbe normale immaginare da parte di una madre a cui qualcuno ha appena ucciso il figlio: “Scusate una madre seppur snaturata mi sarebbe dovuta saltare addosso sia in casa , sia all’ ospedale” – scriveva Rasero – neppure nelle intercettazioni ambientali mi accusa”. Rasero aveva tentato anche la carta della revisione del processo, ma era stata respinta.