MusicAMA Calabria, Alessandro Preziosi racconta il volto autentico del principe Totò
- Postato il 7 novembre 2025
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MusicAMA Calabria, Alessandro Preziosi racconta il volto autentico del principe Totò

48ª edizione di MusicAMA Calabria: Alessandro Preziosi racconta il volto autentico di Totò, il principe della risata. Prima che il sipario si alzi e l’anima di Antonio De Curtis torni a vibrare tra le luci del palcoscenico, Alessandro Preziosi ci confida, in questa intervista, il senso più intimo del suo incontro con l’uomo oltre la maschera.
LAMEZIA TERME (CATANZARO) – Dietro il sorriso più celebre del cinema italiano, dietro un’ironia arguta e tagliente, si nascondeva un uomo vero, fragile e straordinario. È da questa consapevolezza che nasce “Totò oltre la maschera”, il recital che inaugura la 48ª edizione di MusicAMA Calabria. Venerdì 7 novembre, alle ore 21, al Teatro Grandinetti di Lamezia Terme, Alessandro Preziosi, attore di rara sensibilità, guiderà il pubblico in un viaggio tra arte e umanità, restituendo il volto più autentico di Totò. Sul palco non prenderà vita solo il Principe della risata, ma l’uomo che viveva dietro la leggenda: Antonio De Curtis, con le sue fragilità, la sua malinconia e quella grazia ferita che lo hanno reso immortale.
Preziosi, con la sua voce magnetica e il suo raffinato carisma, non interpreta Totò: lo attraversa. Ripercorrerà lettere, poesie e confessioni private per offrire agli spettatori un ritratto intimo e sincero, fatto di luci e ombre. Il recital svela la distanza – e la fragile connessione – tra la maschera che faceva ridere il mondo intero e il volto che, nel silenzio, portava il peso della propria sensibilità. «Aiutami a portare questa mia faccia con disinvoltura» recita la preghiera del clown, filo sottile che attraversa la scena e racconta un uomo che, dietro ogni risata, nascondeva la dolcezza e il dolore di chi ha vissuto davvero – conoscendo la fame, la solitudine, il bisogno profondo di essere compreso.
Lo spettacolo sarà una discesa poetica nel cuore dell’attore, un dialogo tra finzione e verità, un incontro tra arte e vita, tra memoria e presenza, per riscoprire – ancora una volta – che Totò non è mai uscito davvero di scena. Il Principe che, oltre la maschera, continua a insegnarci che ridere è un modo per restare umani. Prima che il sipario si alzi e l’anima di Antonio De Curtis torni a vibrare tra le luci del palcoscenico, Alessandro Preziosi ci confida, in questa intervista, il senso più intimo del suo incontro con l’uomo oltre la maschera.
Alessandro Preziosi, “Totò oltre la maschera” è un titolo che evoca subito il desiderio di andare oltre l’icona, di scoprire l’uomo dietro il mito. Come è nato questo progetto e quale esigenza personale o artistica l’ha spinta ad affrontare una figura tanto amata e complessa come quella di Antonio De Curtis?
«Il progetto nasce da un’intervista straordinaria: una lunga conversazione tra Antonio De Curtis e Oriana Fallaci, che ho avuto modo di riscoprire e sbobinare insieme a Tommaso Mattei. Da lì è nata la voglia di entrare nel pensiero profondo di Totò, nella sua filosofia di vita, nella coerenza con cui ha vissuto – lontano dai riflettori -un’esistenza semplice, rigorosa, attraversata da un forte senso del pudore. Totò provava quasi vergogna a mostrarsi per ciò che era davvero.
Lo dice lui stesso alla Fallaci: “Io con lei non reciterò. Ma se non mi crede, tanto vale andare a prenderci un caffè e finirla qui”. Quella conversazione privata diventa così un dialogo pubblico, una sorta di confessione che permette alla maschera di cadere. Attraverso le sue poesie, le canzoni, gli aneddoti, emerge un ritratto intimo e sottile, lontano dalla pantomima dei suoi film. C’è ironia, delicatezza, umanità. C’è il sarcasmo con cui guardava alla vita e l’affetto sincero per amici come Eduardo».
L’adattamento di Tommaso Mattei costruisce un racconto intimo, dove parola e musica si intrecciano come fili di una stessa emozione. In che modo ha collaborato con lui per dare vita a questo equilibrio poetico?
«Il mio ruolo è quello di cercare l’equilibrio del racconto. Tommaso elabora l’adattamento, io invece mi definisco un “adeguatore”: intervengo per armonizzare il testo alla mia sensibilità e alla percezione del pubblico. Con lui collaboro da tempo — abbiamo lavorato insieme al Giulio Cesare, al Cyrano, al Don Giovanni, fino a Van Gogh — e ogni volta il confronto è profondo e creativo».
È come costruire una partitura emotiva divisa in atti, dove parola e musica dialogano con naturalezza, senza mai sovrastarsi…
«Esatto! Il mio compito è quello di bilanciare una canzone, una poesia, un momento intimo».
Nelle lettere e nelle poesie di Antonio De Curtis emergono la sua solitudine, la sua sensibilità, la sua struggente umanità. Che cosa ha scoperto di lui che non conosceva, e cosa l’ha toccata nel profondo?
«Ne sono affascinato quanto lei! Fin da subito, è scattata una grande intimità, da attore che conosce lo sforzo di proteggersi attraverso una maschera. Con Totò ho sentito un’affinità elettiva gigantesca, immediata. La maschera è insieme difesa e rivelazione: serve a nascondere, ma quando cade ti costringe a vedere tutto per ciò che realmente è. Questo progetto è nato come un reading, ma sto cercando di trasformarlo in un monologo da portare interamente a memoria».
C’è stato un momento, durante la preparazione dello spettacolo, in cui ha sentito che Totò le stava “parlando”?
«Sì, assolutamente. Ricordo con chiarezza il momento in cui la voce che mi uscì dalla bocca era esattamente la sua. È stato sorprendente. Mi resi conto che, attraverso l’immedesimazione emotiva e umana, avevo assorbito in modo naturale il suo ritmo, il suo modo di parlare, quella semplicità profonda con cui sapeva raccontare le debolezze dell’uomo – perché conosceva bene le proprie. Quando si è davvero attenti alle fragilità degli altri, è perché si è imparato a guardare con sincerità le proprie ».
Alessandro Preziosi, lei ha raccontato spesso di amare i personaggi che portano dentro una contraddizione. Totò lo era profondamente: comico e malinconico, nobile e popolare. Le somiglia, in questo? Si è riconosciuto in qualche suo tratto?
«Diciamo che per fare questo mestiere devi saper riconoscerti perfino nelle mattonelle (sorride, ndr). Se ti chiedono di essere una mattonella, tu diventi una mattonella. Mi riconosco in tutto ciò che mi incuriosisce e mi dà la possibilità di esplorare parti di me – quelle che conosco e, soprattutto, quelle che ancora non conosco. Con Totò sento un entusiasmo che ho provato poche volte nella mia vita. Non vedo l’ora di incontrarlo e scoprire cose nuove».

Nel recital la parola incontra la musica in un dialogo costante. Quanto è importante per lei il suono, il ritmo, la musicalità del testo nel restituire l’anima di un personaggio?
«Per me la musica è il principio e la fine di tutto. In questo mi sento molto “pucciniano”: credo che ciò che accade prima che si alzi il sipario determini già la qualità dell’ascolto, così come il suono che chiude segna la memoria di chi ascolta. In qualche modo, il racconto musicale è l’aspetto più potente e imprescindibile per me».
Alessandro Preziosi, se dovesse sintetizzare in una frase l’eredità più preziosa che Totò ci lascia, quale sarebbe?
«L’attenzione e il rispetto del pubblico».
Il successo può essere un dono, ma anche un peso. C’è stato un momento in cui ha sentito il bisogno di tornare all’essenziale?
«Mi sono sempre mosso nell’essenziale. Per me, è una cambusa che non si tradisce mai».
Quando non è sul palco o davanti a una macchina da presa, chi è Alessandro Preziosi? Come riempie i suoi silenzi, i suoi spazi di quiete?
«Dedico del tempo a me stesso, conduco una vita abbastanza semplice. Vado spesso al cinema».
Cosa significa per lei, oggi, essere un attore? È ancora una vocazione, un’urgenza, o è diventata una forma di equilibrio con la vita?
«Mi sembra di essere sempre in transizione, in cammino. Non do mai nulla per scontato. La vita dell’attore è un percorso che mi guadagno faticosamente, giorno dopo giorno. Non ho mai pensato di “capitalizzare” questo mestiere, ma semmai di “evangelizzarlo”: condividerlo, trasmetterne il senso profondo. Mi muovo sempre con disponibilità e curiosità, guardando avanti, mai indietro».
Un messaggio che vorrebbe lanciare ai giovani aspiranti attori?
«Lasciate perdere se non avete fame, perché prima o poi vi fermerete».
Guardando al futuro, c’è un altro personaggio, un’altra anima “oltre la maschera”, che le piacerebbe esplorare?
«Per ora sto mettendo un po’ d’ordine nell’armadio delle cose che ho già. Poi, chissà… magari un giorno potrei interpretare un Avenger. Sto scherzando, naturalmente (ride, ndr)».
Ci racconti del suo legame con la Calabria. Lo scorso anno, ha registrato proprio a Lamezia alcune scene della serie Sandokan…
«Sia dal punto di vista umano che professionale mi trovo molto bene in Calabria. È una realtà che mi piace molto. Sono felice che Sandokan sia stato girato qui, perché mostrerà al pubblico la bellezza di questi paesaggi. Il film saprà evocare molto di questa terra».
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