Migranti nei Cpr, la Consulta: “La normativa non rispetta la libertà personale”. Il monito al legislatore

  • Postato il 3 luglio 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La Corte Costituzionale si è espressa (sentenza n. 96/2025), con un chiaro “monito al legislatore” sul trattenimento degli stranieri nei Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr). Le questioni di legittimità costituzionale erano state sollevate dal Giudice di pace di Roma sull’articolo 14, comma 2, del Testo unico sull’immigrazione, e sono state dichiarate inammissibili. Tuttavia, la Corte ha riconosciuto un “effettivo vulnus normativo”: l’attuale disciplina sul trattenimento nei Cpr non rispetta la riserva assoluta di legge in materia di libertà personale.

Il Giudice di pace lamentava l’assenza di una legge chiara sui “modi” e i procedimenti della restrizione della libertà personale nei Cpr. La Corte ha ribadito che il trattenimento “comporta un ‘assoggettamento fisico all’altrui potere’, con ricadute dirette sulla libertà individuale”. La Costituzione, all’articolo 13, comma 2, impone che una legge definisca non solo i “casi” ma anche i “modi” essenziali di tali restrizioni. Invece, la norma contestata affida questi aspetti a regolamenti e atti amministrativi discrezionali, che possono persino variare territorialmente, risultando “del tutto inidonea a definire, in modo sufficientemente preciso, quali siano i diritti delle persone trattenute”.

La decisione di inammissibilità deriva dal fatto che non è compito della Corte colmare il vuoto legislativo. “È compito esclusivo del Parlamento introdurre una disciplina organica che tuteli pienamente i diritti fondamentali delle persone trattenute”. Questa sentenza è un invito urgente al Parlamento a intervenire con una normativa “chiara, precisa e rispettosa della Costituzione”, in un ambito delicato che intreccia sicurezza, immigrazione e diritti umani.

L’inammissibilità per altre censure è stata anche motivata dall’incompletezza nella ricostruzione dei rimedi giudiziari già esistenti, come l’azione risarcitoria (art. 2043 c.c.) e la tutela cautelare urgente (art. 700 c.p.c.). Tuttavia, la stessa Corte ha osservato che tali strumenti “scontano necessariamente la mancanza di una puntuale disciplina, da parte del legislatore, dei diritti di cui è titolare la persona trattenuta”, rendendo indispensabile un intervento legislativo per garantire una tutela processuale più immediata ed efficace. Spetta ora al legislatore il dovere di agire con una legge completa e rispettosa della dignità umana.

Una sentenza che farà discutere perché in gioco ci sono principi affermati dalla Costituzione, dalla Cedu e dalla Carta dei diritti fondamentali Ue che dovranno attendere, quale che sia, un intervento di un Parlamento dove la maggioranza di governo ha fatto degli innumerevoli decreti in materia un tratto distintivo della sua azione politica, come dimostrano anche i trasferimenti nel Cpr in Albania. L’intervento legislativo chiesto dalla Corte potrebbe infatti tradursi negli ennesimi decreti d’urgenza. L’unica conseguenza immediata della pronuncia odierna è che la battaglia sulle violazioni ormai note del trattenimento amministrativo di migranti e richiedenti asilo continuerà davanti a tutti i giudici di pace ed ai tribunali delle convalide fino alla Corte di Cassazione. Dove ancora si continua, coerentemente con quanto afferma oggi la Consulta sulla “discrezionalità amministrativa”, a ottenere l’annullamento dei decreti di trattenimento, dall’Italia all’Albania.

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Il Fatto Quotidiano

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