“A Sofia è stata distrutta la faccia, voglio restituirle dignità”, la madre della vigilessa uccisa teste al processo

  • Postato il 30 giugno 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“A Sofia è stata distrutta la faccia. Sofia è stata cancellata dal mondo, ha distrutto la sua identità e il nostro futuro. La nostra vita è cambiata, è cambiata in un pomeriggio”. Parla davanti ai giudici della Corte d’assise di Bologna Angela Querzè, madre di Sofia Stefani, nel processo nei confronti di Giampiero Gualandi del 63enne, accusato dell’omicidio volontario aggravato (dai futili motivi e dal legame affettivo) della collega con cui aveva una relazione.

Stefani, 33 anni, è stata uccisa il 16 maggio 2024 da un colpo partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi nell’ufficio dell’uomo, al comando di Anzola. Per la difesa dell’imputato si è trattato di un colpo partito accidentalmente durante una colluttazione, mentre per la Procura Gualandi ha ucciso Stefani intenzionalmente. Una testimonianza straziante quella della madre di Sofia, che ha pianto più volte durante le domande della legale di parte civile, Lisa Baravelli. “Lei ci diceva di essere soggetta a mobbing. Ma io ho sentito dalle dichiarazioni in aula che Sofia era soggetta a crisi di panico in ufficio, e io questo non lo sapevo. Leggendo le carte dei medici – ha aggiunto – emerge che lei aveva disistima di se stessa. Dall’esterno l’ambiente dove lavorava l’ho visto come un ambiente disumanizzato, dove le debolezze non erano ammesse. Credo sia il male del mondo, non solo di quell’ufficio”.

La donna ha detto che era molto tempo che voleva parlare della figlia “perché manca una parte di lei. È uscita dalle sedute di quest’aula, dove molte volte se ne è parlato, in una maniera lesiva. Io sono qui per restituirle quella parte di dignità che le spetta. Sofia era una persona solare, piena di vita, molto attenta alle ingiustizie”. Un riferimento probabilmente alla relazione che la figlia aveva con il 63enne con cui aveva firmato un contratto di “sottomissione sessuale” e con cui aveva scambiato una enorme quantità di messaggi.

“Sofia aveva una grande energia, una passione per lo sport – ha detto la madre tra le lacrime – pattinava, ha vinto tanti trofei anche a livello nazionale. Era una persona attenta alle fragilità. Aveva un talento artistico spiccato, le derivava dal padre, ma era preoccupata del suo futuro. A 33 anni era ancora precaria. Aveva lavorato in tutti i modi possibili, anche come commessa. Ripeto, era preoccupata dal futuro. Voleva poter vivere vicino alla sua famiglia, a Stefano anche (il fidanzato, ndr), che aveva scelto come famiglia. Viveva con Stefano da molti anni”. La madre di Sofia Stefani ha poi sottolineato come la figlia volesse fare “assolutamente questo lavoro. Ma Sofia – ha detto ancora – era anche una bambina, molto immatura”. Poi, il rapporto con l’imputato. “Gualandi la seguiva sindacalmente. Di lui si fidava, né parlava come una persona professionale, che l’avrebbe aiutata sicuramente. Aveva la data delle elezioni come un chiodo fisso in testa, secondo lei sarebbe cambiato il mondo”. Durante il processo infatti, è emerso dalle testimonianze che Sofia era convinta che Gualandi l’avrebbe aiutata a tornare a lavorare ad Anzola una volta eletta la nuova Amministrazione comunale.

Teste in aula anche il padre Bruno Stefani: “Sofia era una ragazza molto bella, molto attraente, molto sensibile, aveva anche delle doti naturali di tipo artistico. Non saprei che altro dire, era una bella persona. È stato uno sconvolgimento della mia vita la perdita di Sofia. L’unica figlia, mi sono ritrovato orfano di lei. È stato molto difficile da capire, capire le dinamiche che hanno favorito tutto questo e lo hanno provocato”. E poi sul processo. “Faccio fatica a dire come sto vivendo il processo, forse come un senso di astrazione dalla vita reale, che è diversa. Mi viene da collocare in una dimensione onirica quasi. Non sono del tutto capace di pensare a cosa sia veramente accaduto e quanto questo mi abbia sconvolto e continuerà farlo. Spero che il tempo continui a passare”.

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Il Fatto Quotidiano

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