Meridionali si diventa: così Sandro Abruzzese prova a rileggere la questione meridionale
- Postato il 17 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Dopo la fine della prima Repubblica, la riflessione meridionalista fu depotenziata, per poi riprendere quota con approcci che spaziarono dal semplice rivendicazionismo al più complesso tecnicismo accademico. Alcuni autori hanno fomentato con impeto l’autoassoluzione delle classi dirigenti locali meridionali. In generale, l’attitudine prevalente di questo pullulare di pubblicazioni è stata generalmente orientata al gioco di rimessa.
Ad esempio, alla legge sul federalismo fiscale, varata con l’avallo di fior di ministri meridionali, fecero da riscontro articoli, saggi e pamphlet di esperti – e non – sul tema. Non diverso il modus operandi del più recente dibattito sulle autonomie differenziate. Anche in questo caso, gli intellettuali del Sud (o pro-Sud) hanno dovuto giocare in difesa: una difesa spesso sgangherata e disomogenea; un dibattito fatto di mille distinguo, quasi sempre condannato all’irrilevanza sul piano elettorale; un grande impegno, sì, ma privo di forza propulsiva e della capacità di elaborare una riflessione autonoma in cui il Sud, come evocato da Franco Cassano, emergesse come soggetto di riflessione autonoma.
Una delle rare eccezioni, nello scenario delle pubblicazioni che ancora propongono il tema mai esaurito – anche perché mai degnamente affrontato dalla politica, in particolare negli ultimi trent’anni – della questione meridionale, con declinazioni per certi versi inedite, è rappresentata da Meridionali si diventa, di Sandro Abruzzese. Insegnante, nato a Grottaminarda in Irpinia, insegna a Ferrara lettere e storia. La sua condizione di “meridionale padano” gli ha consentito di elaborare riflessioni prive del limite del coinvolgimento emotivo, dell’orizzonte stretto del provincialismo tronfio, che potrebbe cogliere e limitare intellettuali che vivono la questione meridionale in medias res.
Già autore di Mezzogiorno padano (Manifestolibri, 2015) e di CasaperCasa e Niente da vedere (editi entrambi da Rubbettino, nel 2018 nel 2022), ha appena pubblicato Meridionali si diventa, con Rogas edizioni. La diversa collocazione sul territorio offre ad Abruzzese una prospettiva meno angusta su cui costruire riflessioni e svolgere coraggiosi attraversamenti letterari.
Meridionali si diventa è una raccolta di scritti pubblicati dal 2015 al 2025, in cui Abruzzese prova a trovare un’idonea chiave interpretativa per rileggere la questione meridionale. Per farlo, vengono richiamati autori e riferimenti della letteratura italiana, soprattutto. Abruzzese inscrive il discorso sul Sud in un dibattito nazionale più ampio dell’alveo della classica letteratura meridionalista, esplorando universi letterari ampi ed eterogenei, che spaziano dalla produzione letteraria di Giorgio Bassani a Natalia Ginzburg e Primo Levi, da Rocco Scotellaro a Simone Weil, da Alexander Langer ad Alessandro Leogrande, da Sciascia a Mastronardi, partendo dal siciliano Gesualdo Bufalino.
Si scrive, annota l’autore, per compiere “un’infrazione”: la scrittura consente lo scavo perpetuo che risponde alla percezione di un distacco, una distanza. Queste le premesse da cui si dipana il viaggio di Meridionali si diventa: svelare “il vero volto dello squilibrio su cui è stato edificato questo Paese”. Abruzzese parla di un Paese in cui le due entità geografiche originarie sono ormai mescolate, interdipendenti. A Roberto Saviano, con il suo Gomorra, Abruzzese riconosce la denuncia del sodalizio criminale che permise lo smaltimento illegale dei rifiuti nella Terra dei fuochi: l’efficace unione di intenti tra il peggior Nord e il peggior Sud, una delle tante contraddizioni della nostra storia recente.
Lo studio delle frontiere di Alessandro Leogrande, la strada delle convivenze nel dialogo e nella cultura di Alexander Langer sono quantomai attuali ai fini dell’interconnessione plurietnica: “insieme o niente”, contro la tracotanza urbanocentrica del mondo globalizzato. Quel mondo, annota Abruzzese, “armato dalla dittatura dell’economia sulla politica e dell’interesse privato su quello pubblico, che disintegra gli spazi di libertà e partecipazione, generando sradicamento”. Uno dei testi riguarda infine la Restanza, opera di Vito Teti, edita tra le Vele di Einaudi: la sua intera produzione, secondo Abruzzese, si può interpretare come un unico discorso nazionale intorno a un’Italia disomogenea quanto interconnessa, persino con il mondo doppio dei migranti che vivono all’estero.
Il tema della restanza, sempre più dibattuto negli ultimi anni, non va confuso, sottolinea Abruzzese, con una forma di nostalgismo regressivo, bensì rappresenta un tentativo di disporre di un nucleo fondativo di nuovi progetti, aspirazioni e rivendicazioni. “Perché per restare, davvero, bisogna camminare, viaggiare negli spazi invisibili del margine”.
Da anni, Abruzzese si occupa della provincia meridionale, del terremoto, dello spopolamento delle aree appenniniche. La scrittura di Abruzzese rivela il magistero del giornalista Enrico Fierro. Il meridionalismo di Sandro Abruzzese è influenzato dagli studi di Gribaudi, Sales e Lupo, e non si può ricondurre al mero piano economico e infrastrutturale, quanto invece alla mancata risoluzione della questione sociale italiana e del Sud, nella mole della migrazione interna, dei divari mai colmati.
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