Mediterraneo mai così caldo, anche a 40 metri di profondità. Effetti sulla biodiversità: muoiono le specie autoctone, proliferano quelle aliene
- Postato il 3 luglio 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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Dall’Asinara a Portofino e alle Cinque Terre, aumentano le ondate di calore sia in estate sia in inverno, raggiungendo in più casi picchi massimi di oltre 2,5°C sopra la media climatologica. Il programma Copernicus ha svelato che il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato, sia per la temperatura media globale dell’aria, sia per quella della superficie marina e che anche nel bacino del Mediterraneo, la temperatura media annuale è stata la più alta mai osservata con un valore medio di 21,16°C. Tutto questo significa un aumento delle ondate di calore nel Mar Mediterraneo, sia in superficie sia lungo la colonna d’acqua. Non solo: le gorgonie mostrano segni di mortalità, mentre si diffondono le specie termofile e aliene che prediligono acque sempre più calde. Lo rivelano i dati raccolti nel 2024 nell’ambito del progetto Mare Caldo di Greenpeace Italia, condotto con la collaborazione con il Dipartimento di Scienze della terra, dell’ambiente e della vita dell’Università di Genova e l’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale per monitorare gli impatti della crisi climatica sulla biodiversità marina delle comunità di scogliera.
Aumentano le ondate di calore, anche nelle aree marine protette – Tutte le 12 aree di studio italiane che partecipano al progetto Mare Caldo, di cui 11 sono in aree marine protette, sono state interessate da numerose ondate di calore sia nella stagione estiva sia invernale. Nell’area marina protetta Isola dell’Asinara, in Sardegna, sono state registrate ben 14 ondate di calore nella temperatura superficiale del mare, mentre in entrambe le aree marine protette di Portofino e delle Cinque Terre, in Liguria, le ondate di calore sono state sei. Nel periodo estivo, alle Cinque Terre è stato registrato un valore massimo di 3,65°C durante una delle ondate di calore più estreme osservate nell’area. Queste anomalie termiche si sono protratte in diverse aree marine protette, fino a 40 metri sotto la superficie del mare, la profondità massima a cui sono posizionati i termometri nella colonna d’acqua, in particolare per l’Isola dell’Asinara, l’Isola d’Elba, la Tavolara, e l’area del Plemmirio. “I dati del 2024 confermano l’aumento graduale delle temperature di anno in anno, con valori così elevati mai registrati prima nel bacino del Mediterraneo. Il nostro mare è ricco di biodiversità, ma rischiamo di perdere questo straordinario patrimonio naturale se non estendiamo la superficie di mare protetta e non riduciamo le emissioni di gas serra” spiega Valentina Di Miccoli, campaigner mare di Greenpeace Italia.
Gli impatti sulla biodiversità – Nel 2024 Greenpeace Italia ha svolto per Mare Caldo anche dei monitoraggi biologici nelle aree marine protette di Tavolara Punta Coda Cavallo, Portofino, e Ventotene-Santo Stefano. Gli organismi maggiormente impattati dal cambiamento climatico sono le gorgonie (Eunicella cavolini e Paramuricea clavata), che presentano spesso segni di necrosi e mortalità sulle loro colonie. A Portofino è stato registrato un impatto severo sul 94% delle colonie di Paramuricea clavata a 25 metri di profondità, e in alcune zone la mucillagine copriva l’80% delle colonie. A Tavolara e a Ventotene il corallo mediterraneo Cladocora caespitosa ha mostrato un livello di sbiancamento severo. La specie aliena termofila più abbondante nelle aree monitorate è risultata l’alga verde Caulerpa cylindracea, mentre tra i pesci termofili sono stati spesso osservati il pesce pappagallo (Sparisoma cretense), il barracuda mediterraneo (Sphyraena viridensis) e la donzella pavonina (Thalassoma pavo).
Cinque anni di monitoraggio – Il confronto con i dati raccolti nei cinque anni del progetto Mare Caldo evidenzia come l’area marina protetta di Capo Carbonara (Sardegna) mostri i valori più elevati di stato ecologico, mentre l’isola d’Elba, l’unica area non protetta della rete di monitoraggio, presenta uno stato ecologico scarso, a conferma dell’effetto positivo che le aree marine protette hanno sulla biodiversità marina. “I risultati del quinto anno del progetto Mare Caldo mostrano in maniera inconfutabile gli effetti del cambiamento climatico sugli ambienti marini sommersi dei nostri mari. Le numerose anomalie termiche – aggiunge Monica Montefalcone, docente di Ecologia dell’Università di Genova – rilevate in tutte le stazioni della rete e la presenza di evidenti segnali di impatto negli ecosistemi costieri delle aree monitorate quest’anno sono indipendenti dalla loro localizzazione geografica, dalla diversa latitudine e dal diverso livello di conservazione”.
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