Massacro dei container in Mozambico: TotalEnergies accusata di complicità davanti alla Procura antiterrorismo di Parigi
- Postato il 19 novembre 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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A più di un anno dalla pubblicazione dell’inchiesta di Politico sul massacro di Afungi, compiuto nel 2021 dai soldati dell’esercito del Mozambico nei confronti di civili della provincia di Cabo Delgado, Centro europeo per i diritti costituzionali e umani (Ecchr) accusa ufficialmente la compagnia francese oil&gas TotalEnergies. La ong tedesca ha presentato una denuncia alla Procura nazionale antiterrorismo di Parigi per “complicità in crimini di guerra”, che sarebbero avvenuti all’interno dell’impianto del colosso, nel nord del Paese. Durante l’estate del 2021, infatti, almeno 160 dei civili che stavano fuggendo dalle violenze di un gruppo di militanti, affiliati allo Stato Islamico e guidati da Bonomade Machude Omar, avevano chiesto protezione all’esercito regolare. I soldati, però, li hanno accusati di essere ribelli. L’orrore è iniziato così. L’inchiesta di Politico racconta di come le donne siano state separate dagli uomini per poi essere stuprate e i prigionieri siano stati stipati per tre mesi in container all’ingresso dell’impianto di gas naturale Mozambique LNG, di cui TotalEnergies è primo azionista (26,5%), oltre che operatore. Questi civili sono stati torturati e, in gran parte, uccisi. Solo in ventisei sono sopravvissuti. Ci si aspetta che si faccia chiarezza su cosa sapesse delle violenze il colosso francese, che ha sempre negato di essere a conoscenza di questi episodi (e vuole rilanciare il sito dopo quattro anni di sospensione), mentre ReCommon ricorda il ruolo dell’Italia nel progetto che riguarda l’impianto.
Il contesto del massacro e l’accusa di Ecchr a TotalEnergies
La ong accusa la multinazionale aver “finanziato direttamente e sostenuto materialmente la Joint task force, composta da soldati dell’esercito del Mozambico, mentre questa avrebbe detenuto, torturato e ucciso decine di civili” tra luglio e settembre 2021. Già nei mesi precedenti, gli abitanti dell’area avevano denunciato le violazioni dei diritti umani da parte dell’esercito. Denunce finite nei rapporti di Mozambique Lng, la filiale che il colosso francese ha sul posto, secondo la ricostruzione di Politico, basata anche su interviste a sopravvissuti e testimoni e su un’indagine condotta porta a porta nei villaggi delle vittime. La Joint Task Force era stata istituita con un memorandum del 2020 tra la filiale mozambicana di TotalEnergies e il governo mozambicano come unità di sicurezza dedicata alla protezione delle operazioni del progetto Mozambique LNG. Nel marzo del 2021, gli estremisti islamici avevano attaccato la città di Palma “che è servita come base operativa per molti operai edili di Total Energies”. I servizi di sicurezza mozambicani e quasi tutti i 60mila residenti della città erano fuggiti. All’impianto di gas, anche il personale della Total era stato evacuato e la compagnia doveva proteggere l’impianto. Con un costo stimato di 50 miliardi di dollari, il progetto di un giacimento di gas naturale in Mozambico – insieme a un secondo della Exxon Mobil – era annunciato come uno dei più grandi investimenti privati realizzati nel continente. “Per proteggere il territorio – aveva ricostruito Politico – è stata prevista una presenza a rotazione di circa 700 soldati, commando e polizia paramilitare mozambicana” che Total pagava, equipaggiava e ospitava. “TotalEnergies sapeva che le forze armateerano state accusate di sistematiche violazioni dei diritti umani, ma ha continuato a sostenerle con l’unico obiettivo di proteggere i propri impianti” ha dichiarato Clara Gonzales dell’Ecchr.
La posizione di Total e i documenti trovati durante l’inchiesta
TotalEnergies ha sempre dichiarato avere informazioni rispetto alle violenze nell’area, ma le inchieste raccontano un’altra storia. Tra i testimoni ascoltati anche un soldato che ha parlato di “appaltatori bianchi che lavorano nel sito” e che “hanno visitato i container diverse volte, cercando di passare loro cibo e acqua dalla mensa, ma senza riuscirci”. E poi ci sono documenti interni di Total Energies. Come raccontato dal giornalista indipendente Alex Perry e, successivamente, da Le Monde e Source Material, proprio grazie a una richiesta di accesso agli atti inoltrata da ReCommon a Cassa depositi e prestiti, si è appreso che TotalEnergies avesse tutti gli elementi a disposizione per essere a conoscenza degli abusi commessi dai militari mozambicani già prima dell’estate del 2021. Un altro aspetto della vicenda riguarda l’accordo con la Joint Task Force, che prevedeva il pagamento di bonus per i soldati da parte dell’azienda, a patto che rispettassero i diritti umani. Come ricostruito da Le Monde, fu sospeso ad agosto e settembre 2021. Alla fine del 2022, però, era ancora in piedi. I vertici del colosso chiesero a due consulenti, uno dei quali è Jean-Christophe Rufin, ex vicepresidente di Medici Senza Frontiere, una relazione sul rispetto dei diritti umani nel progetto. Il documento arrivò a settembre 2023, suggerendo di “interrompere” il rapporto con la task force perché, in caso di violazioni di diritti umani, ci sarebbe stata una responsabilità diretta da parte del consorzio. A ottobre di quell’anno TotalEnergies ha sospeso i pagamenti che effettuava direttamente alla task Force. Da quel momento a pagare i soldati sarebbe stato il governo nazionale.
Il supporto italiano al progetto
La denuncia arriva proprio mentre TotalEnergies ha appena annunciato la revoca della forza maggiore dichiarata nell’aprile 2021 per Mozambique LNG, nonostante il persistere del conflitto, l’intensificarsi degli attacchi e una grave crisi umanitaria. Il riavvio definitivo del progetto dipende tuttavia dall’accordo con il governo mozambicano sulla copertura dei costi aggiuntivi del progetto, pari a 4,5 miliardi di dollari. ReCommon ricorda che l’agenzia di credito all’esportazione Sace dovrebbe rilasciare una garanzia di 950 milioni di euro, con cui coprire i prestiti per le operazioni di Saipem, tra cui quello di Cassa Depositi e Prestiti del valore di 650 milioni di euro. Il supporto finanziario di Sace e Cassa depositi e prestiti era stato confermato dal governo Meloni nella risposta all’interpellanza urgente sulla questione presentata, il 24 gennaio scorso, dall’onorevole Angelo Bonelli. “I documenti che abbiamo ottenuto riguardanti questa vicenda ci portano a pensare che Sace e Cdp sapessero della criticità della situazione, ma hanno preferito rimanere tra gli sponsor finanziari del progetto” spiega Simone Ogno di ReCommon. E aggiunge: “Qualora TotalEnergies dovesse essere perseguita penalmente, riteniamo che anche le due istituzioni finanziarie pubbliche rischino concretamente un’incriminazione e chiediamo che le forze politiche si attivino per fare luce sulla vicenda e che il supporto finanziario venga sospeso”. Una vicenda che diventa ancora più centrale alla luce dell’entrata in vigore, nel 2027, della direttiva Corporate Sustainability Due Diligence, che impone alle aziende di monitorare gli impatti delle proprie produzioni su diritti umani e ambiente.
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