L’omaggio di Roma ad Alighiero Boetti: due mostre all’Accademia di San Luca e da Tornabuoni 

  • Postato il 21 novembre 2024
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La distanza che separa l’Accademia di San Luca, in zona Fontana di Trevi e la galleria romana di Tornabuoni, in via Bocca di Leone, è di seicento metri, per cui solo 8 minuti a piedi (secondo Googlemaps) o anche meno se il passo è veloce, dividono due omaggi ad Alighiero Boetti (Torino, 1940 – Roma, 1994) nel trentennale della sua scomparsa.  

Gli omaggi di Roma ad Alighiero Boetti 

Il primo si chiama Raddoppiare dimezzando è curato e fortemente voluto da Marco Tirelli artista e direttore dell’Accademia; il secondo invece si definisce Cabinet de curiosités ed espone documenti, foto disegni, schizzi, cartoline, lettere e cose ancor più varie che arrivano da una singolare collezione raccolta dalla figlia Agata. 

Basterebbero i titoli a dire che queste non sono quelle mostre boettiane a cui siamo abituati con meravigliose mappe, fili colorati, arazzi, collage o pannelli a tratti di biro. Ci aspettano qui altre storie, pagine fondamentali della sua carriera e persino strumenti per entrare nelle modalità di lavoro di un artista unico e irripetibile.  

Un uomo del futuro”, lo definisce Adelina von Fürstenberg che nei primi Anni Novanta nell’ex stazione ferroviaria di Grenoble trasformata nel Centro espositivo che lei allora dirigeva (Le Magasin) gli propose di lavorare a un progetto di eccezionali dimensioni. L’ultima grande mostra che Alighiero costruì (l’esposizione inaugurò il 27 novembre del 1994, ndr.), mettendo in moto un meccanismo complesso che partorì De Bouche à Oreille: la sua più grande opera postale, allestita su una parete lunga 35 metri articolata in 11 serie dove venivano ordinate in progressione matematica 506 buste affrancate e timbrate che contenevano 506 disegni a tecnica mista. Mentre all’interno dell’immenso hangar illuminato da luci basse, una installazione composta da cinquanta kilim che obbedivano a schemi geometrici tutti diversi e realizzati su fogli quadrettati da studenti di tutte le scuole di Francia, dava allo spazio l’effetto di una basilica paleocristiana. 

L’opera postale di Alighiero Boetti 

Partiamo da qui e dall’opera postale che ora occupa un’intera sala dell’Accademia (fino al 15 febbraio). Un lavoro complesso governato da regole numeriche ma esposto all’imprevisto, consegnato al tempo, liberato in decine di viaggi postali, realizzato con il coinvolgimento consapevole o inconsapevole di centinaia di persone: amici, parenti, assistenti, lavoratori degli uffici postali, ragazzi delle scuole, tessitori afghani…. 

Gli artigiani per lui non sono meri esecutori” scrive in catalogo Marco Tirelli, “sono mani pensanti, “opera nel suo farsi”, parte di quell’organismo che è l’opera d’arte e che include l’ideazione, il percorso del progetto, la messa in forma e il ritorno dell’opera realizzata. Anche lo sguardo dell’artista sarà sorpreso dallo sviluppo che ha avuto nella sua elaborazione”. 

Era il modo di lavorare di Alighiero racconta Adelina von Fürstenberg “più simile a quello di un regista che di un artista concettuale isolato nelle sue logiche. Un modo di coinvolgere gli altri, un atteggiamento sempre aperto e paritario che mi ricordava quello di Bob Wilson quando chiamava coreografi e compositori a partecipare al suo teatro. Alighiero è stato uomo del futuro: l’inclusività, il riconoscimento del valore della diversità culturale, l’aver sentito il bisogno di spostare il suo centro dall’Occidente a Kabul, il tessere reti, rapporti epistolari, creare percorsi intrecciati attraverso viaggi o arte postale, il mettere in discussione i confini come fece con le “Mappe”. Sebbene ci abbia lasciato nel 1994 Il suo pensiero aveva già visto internet e il nuovo mondo globale. Per questo sono convinta che il valore di Alighiero non sta in una singola mappa o in un arazzo. Quelli sono solo frammenti di un insieme. È la sua mente il vero valore; è la sua mente che lo rende unico”. 

La mostra su Alighiero Boetti da Tornabuoni 

Quindi se all’Accademia è di scena il metodo, alla galleria di Tornabuoni fino al 22 febbraio 2025 s’incontra la vita. La vita di Boetti è già nella sala d’ingresso, immortalata in bianco nero in una ventina di fotografie di Giorgio Colombo che gli fu amico per più di trent’anni. Quella che ci accoglie è una piccola e ben curata selezione tratta da un volume rilegato in rosso boettiano (“Vita di Alighiero Boetti” ed. Forma). Biografia per immagini che ha inizio nel 1966 con un buffo ritratto in un salone da barbiere per poi continuare mostrando un giovane dai lunghi capelli che spruzza vernice, tiene sulle spalle un figlio appena nato, allestisce mostre con fogli liberi appesi al muro.  Sono foto che testimoniano il passare del tempo;  i  tanti viaggi con la moglie Annemarie Sauzeau negli anni in cui  lo scambio intellettuale e creativo fu così forte da far nascere opere che appartenevano a entrambi; l’ingresso nella sua vita di Salman Ali, aiutante, assistente e punto fermo della famiglia; la crescita dei piccoli Matteo e Agata e poi gli amici artisti , le mostre, i galleristi ,le biennali fine alle ultime immagini quelle dei primi Anni Novanta, il matrimonio con Caterina, la grande festa con i  fuochi d’artificio, la nascita del piccolo Giordano… 

Alighiero Boetti Opera postale_De bouche à oreille) Foto Andrea Vener Accademia di San Luca
Alighiero Boetti Opera postale_De bouche à oreille) Foto Andrea Vener Accademia di San Luca

Boetti nel ricordo della figlia Agata 

Ma è nelle sale successive che si ricompone quel ritratto invocato da Adelina von Fürstenberg con una miriade di frammenti che portano a un mondo: il mondo di Alighiero Boetti. 

Racconta Agata: “Boetti rifletteva scrivendo e disegnando: prendeva appunti, realizzava studi e schizzi; provava a quadrare nomi e frasi; stilava elenchi di parole, frasi e concetti mischiandoli alle liste del quotidiano di spese, telefonate e cose da fare. Teneva tutto. Quando gli piaceva qualcosa, la metteva nella cassettiera nel suo studio. “Non si butta mai nulla” …. Per anni, ha accumulato materiali in uno scatolone a me destinato: dei bozzetti, i nostri scambi epistolari, i nostri giochi come le numerose battaglie navali, foto ecc.…”. 
Materiale con cui avrei voluto fare qualcosa ma non ne ho avuto tempo, tienilo e ne farai tu qualcosa” mi disse”. 

Impegno mantenuto. Lo scatolone ha preso il volo sulle pareti, sparso in una miriade di piccoli documenti. Ci si può perdere nello scoprire un progetto disegnato a matita su un foglio spiegazzato accanto al verbale del poliziotto che ha arrestato Alighiero per il possesso di hashish; le cartoline scherzose che lui mandava ad Annemarie e quelle con i giochi di parole che riceveva da Salvo; la lettera di ∫ che gli chiede pomposamente un’opera per una celebrazione ufficiale (chissà se gliel’ha mai data) di fronte a una foto di fine anno di un Liceo torinese dove uno sbilenco Alighiero si distingue subito dall’impettita classe di compostezza sabauda, anche perché è l’unico a indossare una camicia colorata anziché bianca… 

Il Boetti artista e privato: la fusione tra arte e vita 

Ci sono pensieri e concetti complessi scritti sulle liste della spesa ed embrioni di opere postali e calendari. C’è il “Muro”: quel suo lavoro in costante evoluzione dove tra il 1972 e il 1993 appendeva le cose che più lo avevano colpito come una poesia di Sandro Penna, un microscopico paesaggio siculo di Salvo, un disegno a quattro mani con Sol Lewitt, le pagine di giornali che annunciano la morte di Picasso o di Fellini. 

E a ricomporre tanto “ordine e disordine” ecco alcuni progetti compiuti : Lo Zoo,  il gioco con migliaia di animalini di plastica che costruì per Agata e Matteo  e soprattutto la teca che raccoglie la “Classificazione dei mille fiumi più lunghi del mondo“, monumentale lavoro del 1977 realizzato con Annemarie che qui viene mostrato nella sua completa genesi: il menabò, due esemplari e l’intera documentazione di richieste ad università, ambasciate e istituti geografici che fu necessaria per svolgere tanto compito. 

A cosa porta tutto questo? Sicuramente a scoprire che per Alighiero la vita e l’arte coincidono in quel modo tutto suo di essere al mondo; ad imparare che ogni cosa può prendere forma se la si riesce a riconoscere; a leggere una geometria invisibile che percorre ogni parete della galleria a cominciare dalle stanze con i suoi primissimi lavori dove in forma aritmetica Alighiero era già pronto a “Mettere al mondo il mondo“.  

07-06-1973 Alighiero Boetti all’inaugurazione della mostra davanti alla prima Mappa, realizzata in Afghanistan nel 1971 Galleria Toselli, via Melzo 34, Milano © Giorgio Colombo, Milano
07-06-1973 Alighiero Boetti all’inaugurazione della mostra davanti alla prima Mappa, realizzata in Afghanistan nel 1971 Galleria Toselli, via Melzo 34, Milano © Giorgio Colombo, Milano

Chi era Alighiero Boetti 

Perché se è vero come affermava Gino De Dominicis che l’artista non è creativo ma creatore, Boetti fu creatore e ri-creatore di frammenti che sembravano finiti nella deriva del quotidiano ma che nelle sue mani resuscitano e tornano + linguaggio. É la magia di un artista che sa annullare la gerarchia tra le cose e, come afferma Agata, “la maniera per capire il suo mondo e la sua opera, sperando che si ami tanto una “Mappa” quanto un piccolo ” Calendario“”. Perché entrambi sono figli dello stesso pensiero, particolari della stessa indivisibile opera: quell’inimitabile capolavoro che è la mente di Alighiero Boetti. 

Alessandra Mammì 

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Autore
Artribune

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