L’intelligenza artificiale è il dito, non la luna: ci aspetta una rivoluzione esistenziale
- Postato il 15 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Pierguido Iezzi*
L’ingenuo entusiasmo con cui l’uomo contemporaneo accoglie l’intelligenza artificiale, assurta a oracolo della Sibilla dei nostri tempi, è simile al trasporto incondizionato con cui all’inizio del millennio ci si tuffò nel mare magno di internet, trovandosi ben presto in difficoltà per non averne saputo valutare la forza impetuosa delle correnti e gli improvvisi abissi vorticosi. Evocata ovunque, spesso incompresa, la IA viene percepita come una creatura mitologica, capace di affascinare, spaventare e intrattenere, senza pensare che, come moderna gorgone, possa pietrificare chi ne incrocia lo sguardo. Osservandola acriticamente, si rischia di essere come lo stolto che, nel proverbio cinese, fissa il dito quando il saggio indica la luna.
Stiamo infatti parlando di un tessuto connettivo invisibile che sta ridisegnando ogni ambito dell’esistenza umana. È già ben presente in molti ambiti: dentro i processi aziendali, i motori di ricerca, le decisioni finanziarie, i sistemi di sicurezza, i flussi logistici, perfino nella diagnosi medica o nei consigli musicali che riceviamo nelle varie app utilizzate. E la sua evoluzione non si ferma alla generazione di testi o immagini: è la porta di ingresso verso una rivoluzione più profonda e radicale.
I numeri parlano da soli: dal 2023 al 2024 le grandi aziende che hanno integrato la IA in almeno una funzione sono passate dal 55% al 78% e il 71% fa uso abituale di tecnologie generative. Tuttavia, mentre gli investimenti in IA crescono – con il 74% delle aziende che prevede di aumentarli nel 2025 – solo il 32% destina risorse significative alla cybersecurity. Tra le PMI italiane, appena l’8% ha introdotto strumenti di AI generativa nei propri processi. Uno strabismo pericoloso, che mentre porta a concentrarsi sull’AI generativa fa ignorare l’arrivo silenzioso ma inarrestabile di tecnologie che riscrivono i confini stessi del cyber e del reale. Biotecnologie computazionali, materia programmabile, interfacce neurali, calcolo quantistico, sistemi autonomi evolutivi: è qui che si giocherà il futuro della sicurezza, dell’identità, della libertà.
Il 2025, ad esempio, segna un’accelerazione senza precedenti nel campo quantistico: gli investimenti globali crescono del 18,3% in un solo anno. Il 55% dei dirigenti e il 44% dei venture capitalist ritiene che il quantum computing sarà tra le tre tecnologie più dirompenti del prossimo decennio. Eppure, la sicurezza quantistica continua a ricevere solo una minima parte dei fondi globali dedicati al quantum: un cortocircuito che rischia di compromettere interi sistemi prima ancora che diventino operativi.
Non si tratta di un caso isolato. Tecnologie oggi ancora considerate “di frontiera” diventeranno presto elementi comuni del quotidiano. Interfacce cervello-computer, materiali intelligenti, reti molecolari auto-organizzanti, sistemi neurali sintetici: tutti scenari reali, alimentati da finanziamenti crescenti e da una spinta innovativa mai vista prima.
Il mercato delle BCI (Brain-Computer Interfaces) crescerà a un tasso annuo dell’8,4%, raggiungendo 1,6 miliardi di dollari entro il 2045. Nel frattempo, gli investimenti in computazione biologica sono esplosi: dai 6,6 miliardi di dollari nel 2023 si passerà secondo stime prudenti ai 20,5 miliardi di dollari entro il 2030, con l’obiettivo di creare “organismi programmabili” in grado di elaborare dati come un computer.
In tutto il mondo si inizia a parlare dell’evoluzione dello smart dust – minuscoli sensori wireless, grandi quanto granelli di polvere, capaci di rilevare, elaborare e trasmettere informazioni. Spinti verso la scala nanometrica, questi dispositivi danno vita a reti molecolari auto-assemblanti, in grado di comunicare tra loro e adattarsi all’ambiente circostante. Tecnologie invisibili che promettono rivoluzioni nella medicina, nell’industria, nella tutela ambientale. Ma che sollevano anche interrogativi radicali: come si protegge una rete che non si vede, che vive dentro il nostro corpo o nell’aria che respiriamo?
Questa ibridazione tra uomo, macchina e ambiente porterà a una ridefinizione completa dei concetti di sicurezza, privacy, etica, persino identità. La distinzione tra digitale e biologico diventerà sempre più sfumata, fino a dissolversi. E la cybersecurity dovrà trasformarsi: da disciplina tecnica a visione olistica della sicurezza esistenziale.
A complicare il quadro, stanno emergendo sistemi autonomi evolutivi, capaci di modificare da soli il proprio codice e architettura in risposta all’ambiente, aprendo il varco allo sviluppo di comportamenti imprevedibili o persino dannosi non previsti dai progettisti.
E c’è dell’altro: il mercato delle tecnologie per la manipolazione climatica localizzata – un tempo materia da fantascienza – è in forte espansione. Startup come Rainmaker e CloudTech stanno sviluppando soluzioni per modificare condizioni meteorologiche su scala ridotta, senza considerare cosa accadrebbe se questi sistemi venissero sabotati o hackerati.
È il momento di sollevare lo sguardo. Di andare oltre il dito e osservare, con lucidità e visione, la luna: l’orizzonte profondo delle trasformazioni tecnologiche che ridefiniranno la società, i diritti, il concetto stesso di umanità. Prepararsi non significa temere il futuro, ma comprenderlo. E decidere, con consapevolezza, come abitarlo. “Si direbbe che persino la luna si è affrettata, stasera, osservatela in alto, a guardare questo spettacolo”. In quelle parole di Papa Giovanni XXIII, pronunciate in una notte di speranza e cambiamento, risuona lo stesso invito: alzare lo sguardo, riconoscere la portata del presente e avere il coraggio di immaginare un futuro all’altezza dell’umanità che vogliamo essere.
*Cyber BU Director di Maticmind
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