Lezioni di mafie, un successo per Gratteri e Nicaso
- Postato il 18 settembre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Lezioni di mafie, un successo per Gratteri e Nicaso
Un milione di ascoltatori per “Lezioni di mafie”, la prima puntata del programma di Gratteri e Nicaso su La7 dedicata alla ‘ndrangheta
Ha ottenuto un successo importante, con 1 milione di ascoltatori e il 7% di share, la prima puntata, dedicata a un focus sulla ‘ndrangheta, di “Lezioni di mafie”, il programma su La7 di Nicola Gratteri, Antonio Nicaso e Paolo Di Giannantonio. Uno straordinario strumento di divulgazione che, secondo gli esperti, potrebbe divenire virale perché il video sarà visto ancora da milioni di persone. Un programma ispirato a “Lezioni di mafia”, format risalente al 1991 curato da Alberto La Volpe e Giovanni Falcone, anche se il procuratore di Napoli ha sempre respinto ogni paragone col magistrato ucciso da Cosa Nostra.
Di Giannantonio ha rivelato che la Rai ha rifiutato, dopo avere “nicchiato”, il programma da lui ideato, al quale ha lavorato insieme al procuratore di Napoli e al noto storico delle mafie con l’obiettivo di trasformare la divulgazione in strumento di consapevolezza civica. L’idea che sta alla base della trasmissione è tanto semplice quanto efficace: soltanto mediante la conoscenza condivisa si può contrastare, in modo netto e deciso, il silenzio e l’indifferenza sulle mafie.
LA BETLEMME DELLA ‘NDRANGHETA
Nella prima delle quattro puntate in cui è articolato il programma, il trio di volti noti ha condotto il pubblico in un viaggio alla scoperta della mafia più potente e sfuggente del mondo, risalendo ai miti fondativi e ai luoghi simbolici in cui è nata per poi espandersi in tutto il mondo. Mentre scorrevano le immagini della processione di Polsi, occasione rituale da secoli sfruttata dalla ‘ndrangheta per la sua particolare tensione emotiva, ma anche sede depositaria di regole istitutive e patrimonio valoriale delle cosche, Nicaso ha definito il santuario come la “Betlemme” della ’ndrangheta. «Si ritiene che proprio qui sia iniziato tutto».
I SUMMIT DI POLSI
Un rapporto del 1901 del tenente dei carabinieri reali Giuseppe Passarella racconta che a Polsi venne eletto presidente onorario della picciotteria, una sorta di ’ndrangheta delle origini, il bandito Musolino. Negli anni il santuario divenne il luogo del raduno annuale in cui i boss delle principali organizzazioni si incontravano per eleggere il capocrimine. Ma attenzione, ha spiegato Gratteri. «Il capo crimine è come il presidente della repubblica delle cosche, non è il presidente del consiglio». Una precisazione che denota il ruolo del “custode delle regole”. La vera direzione strategica, dopo la rivoluzione avvenuta con l’istituzione del grado della santa alla fine degli anni Sessanta, è rappresentata dall’«élite della ‘ndrangheta che entra in contatto con la massoneria deviata».
MAFIA E CHIESA
Il procuratore ha raccontato anche il complesso rapporto tra la Chiesa e la ’ndrangheta, ricordando come in passato alcuni sacerdoti abbiano intrattenuto rapporti ambigui con i clan, arrivando persino a viaggiare armati o a partecipare a processioni accanto ai boss. Oggi però, spiega Gratteri, la situazione è cambiata. «Negli ultimi anni in Calabria sono arrivati vescovi onesti e perbene che hanno dato una chiusura netta, senza se e senza ma, contro la ’ndrangheta. Questo è molto importante, perché al Sud la Chiesa è molto seguita».
MAFIE NON ANCORA SCONFITTE
Preceduto da un contesto di polemiche, il debutto di Gratteri su La7 è in realtà la prosecuzione di un impegno che, come lui ha stesso ha detto in più occasioni, dall’89 lo porta a incontrare gli studenti nelle scuole e nelle università. E proprio dialogando con gli studenti dell’università Roma Tre, Gratteri ha detto che «le mafie continueranno a esistere finché gli uomini cercheranno di rapportarsi con esse». Una visione, secondo alcuni osservatori, più pessimistica di quella di Falcone per il quale le mafie, in quanto fenomeno umano, hanno un inizio e una fine. Ma forse Falcone e Gratteri dicono la stessa cosa.
IL MEMORIALE DI LEA
Spazio anche a testimoni di giustizia come Antonino De Masi, l’imprenditore di Rizziconi noto per la sua coraggiosa battaglia contro il pizzo, e a familiari di vittime innocenti come Deborah Cartisano, figlia del fotografo di Bovalino sequestrato dalla ’ndrangheta nel 1993 e mai tornato a casa. Mentre la prorettrice dell’università Roma Tre, Anna Lisa Tota, ha ricordato la figura di Lea Garofalo, la testimone di giustizia di Petilia Policastro uccisa dalla ‘ndrangheta per aver denunciato. Lo ha fatto leggendo alcuni passaggi di un manoscritto inviato nell’aprile 2009 ai giornali nazionali, che non lo pubblicarono. Lo pubblicò il Quotidiano della Calabria appena ne venne in possesso, il 2 dicembre 2010, quando Lea era ormai morta. In quel memoriale chiedeva aiuto perché temeva di venire uccisa.
ALTRI APPROFONDIMENTI
Dalla strage di Duisburg, in seguito alla quale la mafia calabrese anche sui media internazionali è divenuta un allarme globale, al ruolo delle donne nella ‘ndrangheta, sono stati molti gli aspetti toccati. Ma, soprattutto, soffermandosi sulle origini storiche di mafia, ‘ndrangheta e camorra, Gratteri ha spiegato che è nella struttura e nella mentalità che emergono le differenze. «La ’ndrangheta è la più cruda, più dura, più asciutta», anche per il rigido criterio di selezione che produce meno collaboratori di giustizia, mentre la camorra «ha una struttura a maglie larghe» e genera più pentiti. I successivi approfondimenti di Gratteri, Nicaso e Di Giannantonio saranno sul narcotraffico, sulla camorra che ha intuito il potere dei social e sul dark web terreno di conquista delle mafie.
Il Quotidiano del Sud.
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