Leclerc, 50 podi con Ferrari: il ragazzo che non ha mai smesso di crederci

  • Postato il 28 ottobre 2025
  • Formula 1
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Leclerc fa cinquanta. Un numero tondo, pulito, quasi perfetto. Il monegasco ci è arrivato come solo lui sa fare: tra un giro da qualifica che sfida le leggi della fisica e uno sguardo che ripete sempre la stessa cosa: ci credo ancora. Perché cinquanta podi in F1 sono tanti. Il fatto che siano tutti con la Ferrari, nella categoria più incerta e spietata di sempre, sono un segno quasi romantico. In un’epoca di piloti “mordi e fuggi” e contratti lampo, Leclerc è rimasto fedele al Cavallino e ogni volta che sale sul podio, lo fa indossando la stessa tuta rossa con cui ha cominciato nel 2019.

Il podio numero uno

Era marzo 2019, il secondo GP con la Ferrari, primo pilota dell’Academy Ferrari a essere promosso nel team ufficiale. Leclerc, all’epoca 21enne, aveva in mano la vittoria: dominava la gara in Bahrain, quando il destino e un guasto al motore gli tolsero tutto a dieci giri dal traguardo. Si accontentò del terzo posto. Ma quel podio non fu una sconfitta: fu un manifesto. Quel giorno, Maranello capì che non aveva davanti un talento, ma un erede emotivo. Il monegasco non sbatté il pugno, non gridò, disse solo: “Fa male, ma ci riproverò“. E da allora, ha sempre provato e riprovato.

Una carriera in rosso

C’è un dato che pochi conoscono e che rende questo traguardo unico nella F1 moderna: Leclerc è l’unico pilota dell’era turbo-ibrida ad aver conquistato tutti i suoi podi con un solo team. Dal primo al cinquantesimo, non ha mai cambiato colore. Non un podio in Alfa Romeo dove esordì nel 2018, non un flirt con un top team rivale, non una stagione di passaggio. Solo e sempre rosso Ferrari. È come se ogni coppa avesse lo stesso dna, quello del Cavallino Rampante. E, guardando la storia, pochi possono dire lo stesso. Schumacher ottenne i primi podi con Benetton, Vettel con Red Bull e anche Alonso con Renault. Solo Leclerc ha scelto di legare ogni sua gioia a un solo nome team.

Il podio come atto di fede

In un mondo dominato dai numeri, Leclerc è una delle ultime figure umane della F1. Non ha la freddezza di Verstappen, né la precisione glaciale di Norris. Ma ha qualcosa che gli altri non hanno più: la capacità di crederci anche quando tutto crolla. Ogni suo podio sembra una piccola redenzione. Indimenticabili le lacrime di Montecarlo 2024 quando il sogno di vincere a casa sua si è avverato, ancora una volta, contro ogni pronostico e ogni maledizione. E ogni volta che risale sul podio, Leclerc non rappresenta solo sé stesso: rappresenta la parte fragile e tenace della Ferrari, quella che si rialza anche quando l’aritmetica del mondiale dice impossibile.

L’intelligenza di un pilota moderno

Il Leclerc di oggi è diverso da quello del debutto. È cresciuto come uomo, ma anche come atleta e come tecnico. Non è più solo il ragazzo che spinge oltre il limite, ma un professionista che sa gestire gomme, strategie, ingegneri e pressioni mediatiche. Nella F1 post 2020, dove le auto sono sempre più complesse e il margine d’errore si misura in millesimi, Leclerc è diventato il riferimento interno della Ferrari. Binotto aveva “un campione come Leclerc non è in discussione“. Vasseur, oggi, lo ha ribadito con i fatti: il rinnovo lungo e la fiducia totale nel suo progetto. Perché, al netto delle voci di mercato, Leclerc non ha mai guardato altrove. Nonostante le offerte mai confermate, il monegasco ha scelto di restare e soffrire insieme al mondo Ferrari.

Dal suo debutto, il monegasco ha collezionato 7 vittorie, 23 secondi posti e 20 terzi, salendo sul podio in oltre il 36% dei GP disputati. Per lui, una media di oltre 10 podi a stagione. Questi numeri raccontano la continuità di un pilota che, al di là delle difficoltà tecniche affrontate dalla squadra, ha saputo mantenere una media punti di quasi 11 a gara, da top driver assoluto, diventando il simbolo della resilienza e dell’ambizione Ferrari nel dopo-Vettel.

Cinquanta podi ma nessun mondiale

Un altro dato curioso è che nessuno dei 50 podi di Leclerc gli è bastato per un titolo. È il pilota con il maggior numero di podi in carriera senza ancora aver vinto un mondiale, almeno tra quelli della generazione 2010 in avanti. Ma la cosa più incredibile è un’altra: in 34 di quei 50 podi, Leclerc ha chiuso davanti al compagno di Scuderia. Significa che, al netto di tutto, è stato costantemente il riferimento prestazionale della Ferrari. E quando vince, non lo fa mai per caso. Ogni successo di Leclerc è un capolavoro tecnico e mentale, un Bahrain 2022 o un Monza 2024, restano incisi nella memoria collettiva come atti di pura arte automobilistica.

Leclerc è un paradosso vivente. Corre per la squadra più iconica del mondo, ma non ha (ancora) vinto il mondiale. È idolatrato dai tifosi, ma spesso punito da strategie sbagliate o sfortuna. È un ragazzo gentile, ma quando abbassa la visiera diventa spietato. È il tipo di pilota che può fare un giro da pole a Baku e un errore clamoroso a Imola, nella stessa stagione. Eppure, ogni volta che rientra ai box, basta un’inquadratura del suo sguardo per capire che la storia con la Ferrari non è finita.

Il peso del simbolo

Perché Charles non è solo un pilota: è un simbolo generazionale. È il ragazzo cresciuto nella Ferrari Driver Academy che ha realizzato il sogno che milioni di tifosi ripetono da bambini: “Voglio correre per Maranello“. E lo ha fatto non una volta, ma cinquanta. Cinquanta volte sul podio, cinquanta volte a rappresentare quel cavallino che galoppa dentro ogni appassionato. In un’era di piloti digitali e scuderie calcolatrici, lui è rimasto un romantico. E in fondo, la Ferrari ha sempre avuto bisogno di un pilota romantico per funzionare.

Il futuro dice 2026, nuova generazione di auto e forse l’ultima grande occasione per trasformare i podi in titolo. Ma anche se non dovesse mai arrivare quel mondiale, Leclerc resterà il pilota che ha saputo restare fedele al rosso quando tutto intorno cambiava colore. Ci sono numeri che pesano più di altri. Cinquanta podi, cinquanta storie, cinquanta emozioni. Tutte con la stessa squadra, tutte con lo stesso sogno.

L’ultima curva è sempre quella più vera

Alla fine, Leclerc non corre per battere gli altri. Corre per convincere il destino. E forse è questo che lo rende diverso da tutti: la capacità di trasformare ogni podio in una promessa, ogni sconfitta in un giuramento silenzioso. Quando lo vedi sorridere sul podio, tra le luci e la coppa, non pensi a un numero. Cinquanta podi, sì. Ma solo uno, quello giusto, deve ancora arrivare.

Autore
Virgilio.it

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