Le Alpi italiane hanno perso un’area glaciale grande quanto il Lago di Como
- Postato il 9 settembre 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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Sulle Alpi Italiane in sessant’anni si è persa un’area glaciale di oltre 170 chilometri quadrati, pari alla superficie del Lago di Como. A destare preoccupazione, però, non è sola fusione dei ghiacciai, ma anche la degradazione e l’aumento di temperatura del permafrost, ossia quello strato di terreno o roccia che rimane ghiacciato per almeno due cicli stagionali consecutivi con la conseguente instabilità dei versanti montuosi. In Germania, ad esempio, entro i prossimi cinquant’anni se ne prevede la scomparsa completa, con conseguenze allarmanti per la stabilità dei versanti montuosi. Questo, in sintesi, il bilancio finale della campagna Carovana dei ghiacciai 2025 di Legambiente e dell’analisi dei dati forniti dalla Fondazione Glaciologica Italiana che, insieme all’associazione ambientalista e a Cipra Italia quest’estate, dal 17 agosto al 2 settembre lungo l’arco alpino, ha osservato lo stato di salute di alcuni ghiacciai alpini. sempre più minacciati da temperature elevate, dallo zero termico in quota sempre più frequente, e dagli effetti degli eventi meteo estremi.
Otto i ghiacciai (cinque in Italia) osservati speciali – “Anche quest’anno con Carovana dei ghiacciai 2025 – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – abbiamo portato in primo piano il tema degli evidenti effetti della crisi climatica in alta quota”. Legambiente ha raggiunto il ghiacciaio dell’Adamello, il più grande delle Alpi italiane e poi il ghiacciaio del Ventina, entrambi in Lombardia, il ghiacciaio di Solda in Alto Adige, quelli della Bessanese e della Ciamarella, in Piemonte, sulle Alpi Graie, ma ha visitato anche tre ghiacciai all’estero. L’Aletsch, il Re delle Alpi, e i ghiacciai della Zugspitze, in Germania con lo Schneeferner (la parte settentrionale entro il 2030 si ridurrà a poche placche) e il Höllentalferner. “Tutti accumunati dallo stesso destino, arretramento frontale e riduzione di area e spessore. Intorno a loro una montagna che cambia profilo e colore – racconta Legambiente – e un paesaggio alpino in trasformazione continua con ecosistemi che avanzano colmando i vuoi lasciati dai ghiacciai in fusione”. Unica eccezione è il ghiacciaio tedesco Höllentalferner che, come il Montasio in Friuli, resiste ancora con sorprendente tenacia. Riguardo al permafrost, tema trattato nella tappa in Germania, Carovana dei ghiacciai ricorda che nelle regioni montane europee le temperature del permafrost stanno aumentando in modo costante, in alcuni casi di oltre 1 °C nell’ultimo decennio. Un recente studio pubblicato su Nature lo scorso dicembre, dal titolo Aumento del riscaldamento del permafrost montano europeo all’inizio del XXI secolo, evidenzia trasformazioni più rapide e di maggiore portata rispetto al passato.
Un viaggio tra ghiacciai anneriti e nn più misurabili – “Con Carovana dei ghiacciai 2025 – commenta Vanda Bonardo, responsabile nazionali Alpi di Legambiente e presidente di Cipra Italia – quest’anno abbiamo fatto tappa in diversi luoghi dell’arco alpino tra cui anche Blatten, in Svizzera, dove tre mesi fa il collasso del ghiacciaio Birch ha spazzato via il villaggio a valle, mentre in Italia abbiamo osservato diversi ghiacciai alcuni dei quali non più misurabili come quello del Ventina o anneriti come quello di Solda a causa delle continue frane e crolli”. I ghiacciai, infatti, oltre ad arretrare, diventano sempre più neri, coperti da colate detritiche e caratterizzati ai lati anche dalla formazione di morene come sta accadendo ad esempio sul ghiacciaio di Solda del gruppo Ortles-Cevedale. Qui nel 2025 la sua fronte è arretrata di 26 metri rispetto al 2024 e sono ben evidenti colate detritiche e crolli, lembi di ghiacciaio morto, ma anche rock glacier, mentre dall’altro il bosco e nuovi ecosistemi occupano gli spazi dove prima c’era il ghiaccio.
Come cambiano i versanti montuosi – Altro esempio è quello del ghiacciaio del Bessanese, in Piemonte. Se nella metà ‘800, al culmine della Piccola Età Glaciale, occupava gran parte del Crot del Claussinè estendendosi per circa 1,75 chilometri quadrati, oggi la sua fisionomia è completamente cambiata. Il monitoraggio tecnologico di Arpa Piemonte ha precisato che la sua superficie si è ridotta a 0,3 chilometri quadrati e la perdita di volume subita dal ghiacciaio è stata di 3,9 milioni di metri cubi tra il 2010 e il 2023, con un abbassamento medio di circa un metro l’anno. A valle della fronte del ghiacciaio, l’area proglaciale è occupata da una distesa di pietre e detriti, dove sono presenti numerosi laghi glaciali frutto della fusione del corpo glaciale. Montagne e ghiacciai anche sempre più fragili anche a causa degli eventi meteo estremi, come il accade sul ghiacciaio del Ventina in Lombardia, seguito dagli operatori del Servizio Glaciologico Lombardo e segnato negli ultimi anni da piogge alluvionali che hanno aumentato le colate detritiche. Preoccupano anche i lembi di ghiaccio morto che rendono instabile la morena laterale destra e rischioso l’accesso all’attuale fronte del ghiacciaio.
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