La Spagna festeggia i vent’anni della legge sul matrimonio gay: l’Italia sta ancora aspettando

  • Postato il 3 luglio 2025
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“A me personalmente accusarono di essere il diavolo, perché avrei distrutto la famiglia [tradizionale, nda]. C’erano molti vescovi nelle mani del Partido Popular, non ho mai visto così tanti vescovi in vita mia […] non avevano imparato, vent’anni fa, che la società spagnola aveva già accolto tutte le famiglie, che l’amore si impone sull’odio, e che l’uguaglianza è l’unico destino della democrazia […] qui stiamo parlando di diritti, che come sempre aprono porte a nuovi diritti”.

Queste le parole di José Luis Rodriguez Zapatero, l’ex primo ministro spagnolo del Psoe che nel 2005 aprì al riconoscimento del matrimonio egualitario e all’adozione da parte delle coppie dello stesso sesso, in un incontro per celebrare i vent’anni dall’approvazione della legge in presenza anche di Pedro Sanchez, attuale premier, che ha ribadito: “Quel giorno la Spagna si è convertita in un paese più libero e giusto. Quel giorno vinsero l’amore e la libertà”.

La Spagna nel luglio 2005 divenne così il terzo paese al mondo – dopo Belgio e Olanda – a legiferare a favore del riconoscimento del matrimonio omosessuale e della famiglia omoparentale. Rimaneva un vizio giuridico: i bimbi nati da una coppia di donne lesbiche non potevano essere riconosciuti dalla madre non naturale, che doveva quindi iniziare un lungo percorso legale per l’adozione: questa mancanza fu risolta l’anno successivo con una modifica governativa alla legge sulla riproduzione assistita.

E dire che in realtà in Spagna una legge che parla esplicitamente di ‘matrimonio gay’ non esiste: c’è stata semplicemente una modifica al Codice civile che ha permesso l’accesso al matrimonio a tutta la cittadinanza. La frase aggiunta recita: “Il matrimonio avrà gli stessi requisiti ed effetti quando entrambi i contraenti siano dello stesso sesso o di sesso diverso”. Come disse lo stesso Zapatero nel discorso precedente la votazione alla Camera nel 2005, “un piccolo cambio di lettera che porta con sé un immenso cambiamento nella vita di migliaia di compatrioti”.

Nulla di tutto questo è mai accaduto in Italia. Al di là dell’approvazione della legge Cirinnà sulle coppie di fatto, che sancisce l’unione civile e tutela le coppie conviventi non sposate (omo o eterosessuali), l’Italia è l’unico Paese dell’Europa occidentale a non aver mai legiferato sul matrimonio omosessuale. Normale, per uno Stato che definisce ancora ‘porcheria’ la proposta di portare l’educazione all’affettività nelle scuole.

Ai tempi della discussione sulla legge Cirinnà, il partito di Angelino Alfano chiese e ottenne lo stralcio della norma sulla stepchild adoption (quindi non l’adozione da parte di una coppia omosessuale, ma l’adozione del figlio del/della partner) in cambio del voto a favore. Per non parlare dell’affossamento del disegno di legge Zan, che mirava a estendere la legge Mancino anche ai reati basati su sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità: la scusa dei partiti contrari (Lega e Fratelli d’Italia) quella volta fu che in questo modo si sarebbe limitata la libertà d’espressione. E come non ricordare, in ultimo, la recente invenzione dell’istituto giuridico del “reato universale” per definire la pratica della gravidanza per altri, che discrimina in particolar modo le coppie di uomini gay – oltre che impedire a chiunque di ricorrervi, anche alle coppie etero che sono quelle che più ne fanno richiesta.

Anche in Spagna furono portate avanti queste obiezioni, e come in Italia fu soprattutto la parte minoritaria (ma più rumorosa) della società ad avanzarle: così si apre al matrimonio con gli animali; chiamatelo tutto fuorché matrimonio (pure la Chiesa tentò una mossa in questo senso, pur di non equipararlo al matrimonio eterosessuale); tenete fuori da queste mosse politiche i bambini (non c’era ancora abbastanza creatività per inventarsi l’esistenza di una teoria gender), eccetera. Anche nello stesso collettivo Lgbt si temeva di tirare troppo la corda, e si vociferava che forse avrebbe avuto più senso accontentarsi di ottenere una generica legge sulle coppie di fatto – come sarebbe poi accaduto in Italia.

Eppure, ciò che comportò quel dibattito politico – e ciò che ne resta ora – fu portare a galla le peggiori nefandezze che fino a quel momento si dicevano in privato sulle persone gay: che provenivano da famiglie disagiate, che costituivano un ricettacolo di malattie, che senza l’apporto di un padre e una madre i loro figli sarebbero diventati a loro volta omosessuali… vi ricorda qualcosa?

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Il Fatto Quotidiano

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