La Seajewel pronta a ripartire, ma resta l’allarme per nuovi attentati. E oggi l’attracco della petroliera “gemella”

  • Postato il 21 febbraio 2025
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  • Di Il Vostro Giornale
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nave Seacharm

Savona/Vado Ligure. La petroliera Seajewel, finita al centro dell’inchiesta della Procura di Genova per terrorismo dopo l’attentato nella notte tra venerdì e sabato scorso, è pronta a ripartire per tornare in Grecia. Secondo quanto riferito, la nave non sarà posta sotto sequestro e una volta completati gli accertamenti di carattere amministrativo riprenderà la navigazione, forse già stasera o al massimo domani mattina.

Nella giornata di ieri, dopo aver ultimato lo scarico del greggio, la nave si era sganciata dalle boe della Sarpom, per essere trainata con dei rimorchiati al largo del porto vadese, in attesa di conoscere il suo destino. Oggi la conferma sul via libera per il rientro.

Sul fronte dell’inchiesta giudiziaria, invece, con l’ipotesi di reato di naufragio aggravato dalle finalità di terrorismo, si attendono ora i riscontri di laboratorio dei diversi reperti raccolti dagli organi inquirenti e inviati al gabinetto della polizia scientifica di Roma.

Nell’ambito delle indagini ancora in corso, al vaglio anche le foto subacquee e le stesse testimonianze dell’equipaggio della nave, ormeggiata tra Savona e Vado Ligure, con un carico di 109mila tonnellate di greggio.

Pare appurato che il danneggiamento sia stato causato dal primo dei due ordigni esplosi, quello meno potente. Il secondo, dopo l’esplosione del primo, si sarebbe staccato dalla chiglia della nave e per questo non  ha intaccato la camera di sicurezza, evitando quindi un enorme danno ambientale.

In merito all’esplosivo utilizzato appare sempre più probabile che sia stato posizionato con dei magneti allo scafo della nave, sotto la linea di galleggiamento.

Resta da capire – ma sarà molto difficile da accertare – dove possa essere avvenuto il minamento della petroliera. Gli investigatori non escludono che sia stato messo in atto in acque territoriali italiane e addirittura nell’area delle boe dove state registrate le esplosioni, ma potrebbe anche essere avvenuto altrove. Tra le ipotesi c’è quella che le imbarcazioni vengano “minate” durante la sosta nei porti del Nord-Europa oppure eseguite da una cellula di sabotatori con base in una Paese del Mediterraneo (in Turchia, a Malta o nel Nord Africa).

Stamani il pool legale dell’armatore (la Thenamaris con sede ad Atene) si è presentato dalla pm Monica Abbatecola che coordina l’inchiesta, per ribadire la massima collaborazione nelle indagini da parte della società anche per quanto riguarda richieste di documentazione di vario tipo, sottolineando di essere “parte offesa” in questa vicenda.

nave Seacharm

E sempre nella giornata odierna si sono svolte le operazioni di attracco della petroliera “gemella” che da qualche giorno attendeva al largo di Savona, la Seacharm: la Capitaneria di porto aveva disposto dei controlli con un robot alla ricerca di eventuali altri ordigni o corpi estranei, considerato che la nave in arrivo era stata vittima in Turchia di un attentato simile a quello avvenuto alla Seajewel.

Con l’esito negativo dei riscontri è stato disposto l’ingresso in rada dell’altra petroliera, che si è ormeggiata dalle boe della Sarpom pronta per le attività di scarico del greggio. Le operazioni sono state effettuate senza alcun tipo di problema, tuttavia quanto avvenuto e i pericoli di un grave inquinamento marino hanno fatto alzare l’allarme su nuovi possibili attentati.

Resta alto, quindi, il livello di attenzione da parte della Guardia Costiera e della stessa Digos per tutte le petroliere in arrivo che abbiano fatto tappa in porti russi, questo anche in relazione a quanto diranno le risultanze peritali e investigative sull’attentato.

Non si escludono, infatti, controlli ad hoc per le navi in arrivo nei porti e il consiglio dell’Intelligence alle autorità preposte alla sicurezza marittima sarebbe quello di tenere le stesse navi più a rischio alla fonda. Lo spettro di altri attacchi da parte di cellule di sabotatori ucraini a navi accusate di far parte della cosiddetta ‘flotta fantasma’, dopo i tre attacchi in un mese nel Mediterraneo ad altrettante petroliere e l’affondamento della nave cargo russa Ursa Major a fine dicembre al largo della Spagna, è considerato concreto.

Autore
Il Vostro Giornale

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