La casta dei presidenti delle federazioni sportive è in rivolta: non vuol pagare le bollette. E chiede aiuto a Malagò
- Postato il 12 gennaio 2025
- Sport
- Di Il Fatto Quotidiano
- 2 Visualizzazioni
Intoccabili, rieletti in eterno a colpi di maggioranze bulgare e candidature uniche, abituati a gestire lo sport italiano come una proprietà privata. A differenza dei comuni mortali, i presidenti federali non vogliono pagare nemmeno le bollette. L’ultima crociata dei padroni dello sport italiano è per mantenere le sedi federali gratis. Gratis per loro, ovviamente, perché a pagare ci pensa Sport e Salute, la società pubblica a cui Giancarlo Giorgetti ha affidato la cassaforte dello sport. Cioè lo Stato, e noi contribuenti.
La partecipata guidata dal presidente Marco Mezzaroma e dell’amministratore delegato Diego Nepi nelle scorse settimane ha annunciato la svolta, il cosiddetto progetto “Sestante”: basta spazi gratis, chi li vuole dovrà contribuire. Questo per provare a razionalizzare l’enorme patrimonio immobiliare della società, 131 immobili in 105 città, di cui il 55% occupati dalle organizzazioni sportive (nel restante 45% ci sono gli uffici della stessa Sport e Salute, o del Coni che già paga). Fino ad oggi le Federazioni ci stavano gratuitamente, con un contratto di comodato d’uso, che però non ha certo favorito la valorizzazione di questi spazi: spesso vetusti o inadeguati, a volte occupati, più che per reale necessità, solo per inerzia. Tanto paga Pantalone.
Quello che ha chiesto Sport e Salute alle Federazioni è innanzitutto un censimento: indicateci quali sono le sedi di cui avete effettivamente bisogno. Così si potrebbero dismettere quelle superflue, tanto più che alcune di questi non sono nemmeno di proprietà della partecipata, che a sua volta in certi casi paga il fitto. Per le altre che le Federazioni vorranno mantenere, la società propone un contratto di servizio, comprensivo delle spese (bollette, pulizie, sicurezza) più un canone di locazione calmierato. Di che cifre parliamo? Difficile dirlo perché dipende appunto dai metri quadri che ciascuna Federazione indicherà. In linea di massima, le discipline che al momento ne occupano di più sono pallavolo, pallacanestro, bocce, nuoto. Per dare un’indicazione si può prendere ad esempio il famoso palazzo delle Federazioni di viale Tiziano a Roma, sede legale di svariate discipline minori (baseball, canottaggio, golf, hockey, scherma, pattinaggio, ecc.): oltre 10mila metri quadri che comportano ogni anno almeno 800mila euro di costi vivi, e sul mercato potrebbero fruttare un canone di quasi due milioni. La riforma potrebbe comportare un impegno a bilancio nell’ordine di massimo qualche centinaio di migliaia di euro l’anno, per le Federazioni più importanti. Apriti cielo.
Da settimane i presidenti sono in aperta protesta. Hanno anche organizzato una riunione, al Coni, per andare a piangere da Malagò, sempre pronto a fare un dispetto ai rivali di Sport e Salute e accreditarsi il ruolo di paladino del movimento, ora che il governo lo vuole mettere alla porta (se non otterrà la proroga per il quarto mandato il 26 giugno dovrà lasciare il Comitato Olimpico). Sono state sollevate mille scuse ed obiezioni: le scadenze troppo strette per indicare il fabbisogno degli spazi (in teoria le Federazioni dovrebbero dare una risposta entro fine gennaio), il bilancio preventivo già approvato, e via così. Siccome è difficile fermare la riforma, adesso l’obiettivo è quantomeno rimandarla: prendere tempo, poi si vedrà. La levata di scudi è tanto più irragionevole se si pensa che le risorse razionalizzate da Sport e Salute (a regime “Sestante” potrebbe valere complessivamente circa 15 milioni l’anno, secondo le prime stime) saranno restituite alle Federazioni stesse, certo non come contributi a pioggia che i presidenti possono gestire a piacimento, ma tramite bandi e progetti destinati a società e associazioni, comunque al movimento. Ma una casta, in fondo, si comporta proprio così: difende il suo privilegio.
X: @lVendemiale
L'articolo La casta dei presidenti delle federazioni sportive è in rivolta: non vuol pagare le bollette. E chiede aiuto a Malagò proviene da Il Fatto Quotidiano.