La Basilicata non è una regione per giovani

  • Postato il 16 dicembre 2025
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Il Quotidiano del Sud
La Basilicata non è una regione per giovani

La Basilicata fatica a valorizzare i giovani talenti: tra fuga di cervelli e fondi mal gestiti, serve una strategia contro il precariato.


Da grande appassionato di tennis mi ha sempre colpito che Jannik Sinner, giovane campione riconosciuto a livello internazionale, primo italiano a raggiungere la vetta di n. 1 del tennis mondiale, sia discusso in patria più per le sue scelte personali che per i risultati. Queste scelte sono diventate addirittura terreno di scontro politico-mediatico, invece di essere un’occasione per riflettere su come il nostro Paese valorizza l’eccellenza. E non bisogna meravigliarsi se in questo quadro la scelta di designare Lorenzo Musetti come miglior tennista italiano dell’anno, abbia suscitato all’estero sorpresa e imbarazzo. Non per sminuire il valore di Musetti, ma perché il criterio del merito, quando non è netto, diventa facilmente negoziabile. Ed è proprio questa negoziabilità del merito che mina la fiducia dei giovani nei sistemi istituzionali.

IL CASO SINNER E LA FUGA DEI TALENTI DALLA BASILICATA

Purtroppo anche la Basilicata non è solita valorizzare i suoi numerosi talenti, che preferiscono emigrare in altre regioni o cercare fortuna all’estero. Ma la fuga dei cervelli, cioè dei giovani più capaci, non può essere un fenomeno che interessa solo la sociologia, perché è la conseguenza di precise scelte politiche. Qui da noi, le migliori intelligenze faticano a trovare sbocchi concreti, mentre altrove, soprattutto all’estero, vengono apprezzate e valorizzate. Oggi si parla sempre più del PNRR come della grande occasione per il Sud. In Basilicata sono stati attratti centinaia di milioni di euro di investimenti con circa 2.000 progetti avviati, destinati a infrastrutture, digitalizzazione, istruzione, inclusione sociale e transizione ecologica.

PNRR E ROYALTIES: INVESTIMENTI SENZA STRATEGIA

 Ma nonostante i numeri, l’economia regionale resta fragile, con un PIL in arretramento e settori chiave in difficoltà. Il tema vero, tuttavia, non è la quantità di risorse ricevute, che arrivano in misura anche piuttosto rilevante, ma come vengono effettivamente realizzati i progetti e quali risultati producono per i giovani lucani. Anche dove ci sono aiuti diretti all’occupazione, come i programmi dedicati alla formazione e all’inserimento lavorativo, troppo spesso manca un effetto strutturale, cioè la creazione di lavoro stabile e di qualità. E quando i percorsi si concludono, restano contratti a termine o esperienze poco coerenti con le aspettative delle nuove generazioni.

A questo si somma la questione delle royalties petrolifere: risorse non trascurabili – come i 2,4 miliardi di euro versati dal 1996 al 2025 alla Regione e ai Comuni lucani –  che dovrebbero essere un volano per lo sviluppo locale, e invece spesso vengono usate senza una strategia chiara di investimento produttivo, capace di generare occupazione giovanile stabile. È noto che le royalties possono avere un impatto socio-economico reale solo se impiegate per rafforzare l’apparato produttivo locale, non come una rendita da consumare.

LE RESPONSABILITÀ DELLE CLASSI DIRIGENTI REGIONALI

La politica regionale è chiamata a trasformare questi numeri in scelte di sistema, con una programmazione chiara e cantieri aperti, che creino opportunità di lavoro per i giovani, evitando l’effetto “progetto fine a se stesso”. Tuttavia, è indispensabile superare l’idea che i fondi pubblici siano una riserva da spendere in opere episodiche. Serve una visione che colleghi investimenti alla formazione, alla produzione e all’innovazione, radicata nel territorio e in grado di trattenere i talenti. E le responsabilità non sono astratte, ma ricadono sulle classi dirigenti regionali che da anni parlano di innovazione e giovani, senza costruire un ecosistema capace di trattenerli. Mancano investimenti strutturali su ricerca, formazione avanzata,  bandi rapidi, ma anche valutazioni trasparenti. E soprattutto manca una visione che veda nel capitale umano la prima infrastruttura da difendere.

GOVERNARE IL FUTURO PER EVITARE IL DECLINO

Le istituzioni regionali intervengono con misure frammentate più attente al consenso immediato che alla costruzione di percorsi solidi. Si finanziano eventi, si moltiplicano annunci, ma si investe poco sulla continuità, sulla valutazione dei risultati, sulla premialità per chi dimostra qualità e visione. La Basilicata diventa così simbolo di una contraddizione profonda: una regione che produce talento, ma non riesce a trattenerlo, perché non lo mette al centro delle proprie politiche. Ma, finché il capitale umano resterà una voce marginale nei bilanci e nelle agende politiche, la fuga dei giovani cervelli non potrà che continuare. La Basilicata non ha bisogno di retorica, bensì di responsabilità, e non può permettersi di accorgersi del valore delle sue intelligenze migliori solo quando hanno successo altrove. Ed oggi la politica regionale è chiamata sempre più a scegliere se continuare ad inseguire l’emergenza o iniziare finalmente a governare il futuro, prima che sia troppo tardi.

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