Katerina Anghleaki-Rooke, uno splendido confino (Traduzione di Massimiliano Damaggio)

  • Postato il 16 maggio 2025
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Nipote di Kazantzakis, Katerina Anghelaki-Rooke, cresciuta a pane a poesia. Non c’è altro da aggiungere. Dice lei stessa in un’intervista: “La poesia è la più bella occupazione che il destino potesse offrirmi». Domanda: “Che cosa l’ha attirata della poesia?”. Risposta di Katerina: “Niente. Io sono stata attirata dalla poesia”. E infine: “La poesia non ha niente a che vedere con la quotidianità. È ciò che allontana la quotidianità, ciò che ci permette di sopravvivere alla quotidianità”. La poesia è il mondo parallelo in cui Katerina Anghelaki-Rooke si è mossa pere tutta la sua vita, in uno splendido confino dove continuare a non vivere per sempre.

M. D.

***

Dice Penelope

Non tessevo, nemmeno la maglia,
prendevo a scrivere, e cancellavo
sotto il peso della parola:
la frase perfetta è frenata
quando il dolore preme dentro.
E se l’assenza è il tema della mia vita
– assenza dalla vita –
dalla carta escono lacrime
e il naturale dolore del corpo
che si fa arido.
Cancello, strappo, soffoco
le urla vive
“dove sei vieni ti aspetto
questa primavera non è come le altre”
e ricomincio la mattina
con nuovi uccelli e lenzuola bianche
che asciugano al sole.
Non sarai mai qui
a dare acqua ai fiori con la canna
i vecchi soffitti che perdono acqua
carichi di pioggia
per lo sciogliersi della mia
nella tua personalità
tranquillamente, autunnalmente…
Il tuo cuore eletto
– eletto perché l’ho scelto –
sarà sempre altrove
e io con le parole taglierò
i fili che mi legano
a un uomo specifico
che rimpiango
finché Ulisse non diventi simbolo di Nostalgia
e navighi i mari
di ogni mente.
Ti scordo con passione
ogni giorno
perché ti lavi dai peccati
di profumo e dolcezza
e così purificato
entri nell’immortalità.
È un lavoro duro e ingrato.
Mia sola ricompensa, alla fine
capire la presenza umana
l’assenza
o come funziona l’io
in tanto deserto, in tanto tempo
come il domani con niente si ferma
il corpo continua a ricostruirsi
si alza e cade nel letto
come fatto a pezzi
a volte malato, a volte innamorato
e intanto spera
di guadagnare in essenza
ciò che al tatto ha perduto.

*

Nel cielo del nulla con poco

Dal buco della serratura sbircio la vita
la spio per vedere se riesco a capire
com’è che lei vince sempre
e noi perdiamo.
Come nascono i valori
e si impongono a ciò che prima si scioglie:
il corpo.
Muoio nella mia mente senza traccia di malattia
vivo senza bisogno di incoraggiamenti
respiro anche se sono
a poca molta distanza
da ciò che caldo, sfiorato, s’infiamma…
Mi chiedo che altre combinazioni
la vita s’inventerà
fra il trauma della scomparsa definitiva
e il miracolo dell’immortalità quotidiana.
Devo la mia saggezza alla paura;
petali, sospiri, sfumature
le butto via.
Terra, aria, radici, le tengo:
lascia andare il superfluo, dico
entrerò nel cielo del nulla
con poco.

*

La benedizione della mancanza

Rendo grazie alle mie mancanze.
Quel che mi manca mi protegge
da ciò che perderò.
Ogni mia capacità
disseccata nel campo incolto della vita
mi preserva dal fare gesti a vuoto,
inutili, banali.
Ciò che mi manca m’insegna.
Ciò che mi è rimasto
mi disorienta
perché mi proietta immagini del passato
come fossero promesse del futuro.
Non posso, non oso
immaginare nemmeno un angelo
fugace, perché io
su un altro pianeta, senza angeli
discendo.
L’amore, desiderio che era
è adesso un buon amico.
Insieme gustiamo la malinconia del Tempo.
Toglimi – prego lo Sconosciuto –
toglimi altro ancora.
Per farmi sopravvivere.

Katerina Anghelàki-Rooke (1939-2020), traduttrice e interprete in inglese, francese e russo. La sua prima pubblicazione risale al 1956, a soli 17 anni, sulla rivista letteraria Epoca nuova, ad opera dello zio Nikos Kazantzàkis. Ha pubblicato più di venti libri di poesie, e sue poesie sono apparse su riviste e giornali greci e stranieri.

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Il Fatto Quotidiano

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