Istanbul senza leader: Usa, Russia e Ucraina disertano il summit
- Postato il 16 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Istanbul senza leader: Usa, Russia e Ucraina disertano il summit
La Russia invia solo funzionari minori a Istambul, lo Zar evita il faccia a faccia provocando il forfeit generale: l’Ucraina si adira; dagli Usa Trump: niente accordo prima del mio incontro con Putin
E alla fine il grande faccia a faccia sulle rive del Bosforo non ci sarà. Oggi a Istanbul, nelle sale della residenza cittadina del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, è atteso il primo negoziato diretto tra russi e ucraini dalla primavera del 2022, ma senza la partecipazione di chi questo contatto lo ha proposto e ricercato. Era stato il presidente russo Vladimir Putin domenica scorsa ha indicare la città turca come possibile sede dei colloqui, subito accettati dagli ucraini, con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che ha rilanciato proponendo un incontro di alto livello tra i due presidenti. Il carattere provocatorio della contro-proposta ucraina è evidente e delinea il gioco delle parti che, nascosto dietro la patina della diplomazia, è andato in scena nei giorni scorsi.
L’Ucraina, per esempio, non crede al successo dei negoziati e lo dimostra con le sue ripetute dichiarazioni di sfiducia nei confronti della Russia e della sua – a parole – disponibilità alla pace. Per Kiev Mosca, rimasta scottata ma non sconfitta dal fallito (fin qui) tentativo di conquistare l’Ucraina, è ancora decisa a espandere la propria influenza sulle nazioni vicine anche ricorrendo alla violenza delle armi. La parola del Cremlino non può essere una garanzia per qualsivoglia accordo di pace, almeno in assenza di misure di sicurezza capaci di proteggere Kiev da eventuali violazioni da parte russa. Garanzie che dovrebbero fornire in primis gli Usa di Donald Trump, impegnato però a giocare una sua grottesca partita. Il presidente americano aveva accolto con entusiasmo la notizia del vertice di Istanbul, prima incoraggiando e poi addirittura minacciando i due Paesi affinché partecipassero.
L’inviato personale di Trump, Steve Witkoff, aveva a tal proposito definito l’invito «un ultimatum» secondo il quale Mosca e Kiev avrebbero dovuto prendere parte all’incontro o in caso contrario gli Stati Uniti avrebbero interrotto ogni mediazione. Trump si era speso tanto da proporsi di partecipare a sua volta all’incontro, come tappa del suo tour mediorientale. Eppure, una volta appurata la non partecipazione diretta di Putin, il tycoon ha fatto marcia indietro preferendo mandare in propria rappresentanza il già citato Witkoff e il Segretario di Stato Marco Rubio. Il colpo finale lo ha però inferto ieri quando l’inquilino della Casa Bianca ha spiegato che non ci sarà alcun progresso negoziale nei rapporti russo-ucraini «finché io e Putin non ci incontreremo».
Un’uscita che gela in partenza qualunque dialogo e di fatto delegittima lo stesso incontro nella metropoli turca. Che senso ha infatti far incontrare i delegati di Mosca e di Kiev se poi qualunque conclusione sarà subordinata alle intese che – sopra le teste degli ucraini – il presidente americano e quello russo concorderanno a quattr’occhi? C’è poi il terzo partecipante di questo incontro, cioè la Russia stessa, la quale continua a giocare secondo lo schema mantenuto nelle ultime settimane: massime aperture a parole, massimo ostruzionismo nei fatti. «Siamo pronti alle discussioni, alla ripresa dei negoziati di Istanbul. Siamo pronti a possibili compromessi e alla loro discussione» ha dichiarato il consigliere presidenziale Vladimir Medinsky, indicato come capo delegazione russa dal Cremlino.
Un incarico già ricoperto nel 2022 quando ucraini e russi trattarono brevemente in Turchia nel tentativo di evitare una guerra prolungata, ma che nonostante questo è stato ritenuto un negoziatore non all’altezza dagli ucraini. Per tale ragione Zelensky ha preferito non partecipare ai colloqui, rientrando direttamente in patria da Ankara, dove si è incontrato ieri con il padrone di casa Erdogan. Il leader turco ha ribadito il proprio sostegno alla causa dell’integrità territoriale ucraina e alla necessità di trovare una soluzione negoziale al conflitto in corso, venendo per questo ringraziato dal presidente ucraino. La delegazione di Kiev, guidata dal ministro della Difesa Rustem Umerov e comprendente anche il titolare del ministero degli Esteri, il direttore dei servizi segreti e alcuni importanti vertici militari, ha comunque segnato una decisa differenza rispetto a quella russa, composta invece prevalentemente da seconde linee.
Per questo Zelensky non ha esitato a parlare di una «delegazione farsa», accusando Putin di avere paura di lui per via della sua decisione di non presenziare ai colloqui. Pronta la risposta della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che ha dato al leader ucraino del «pagliaccio». Il clima di insulti e sfiducia reciproci rende bene l’idea dello stato delle cose dal punto di vista diplomatico. Mentre il gioco delle parti continua in un ripetitivo susseguirsi di dichiarazioni e nell’infinito rincorsa a una posizione mediatica valida al più per qualche giorno, è evidente che nessuna delle parti vuole realmente fare la pace. In un certo senso, lo ha ammesso lo stesso Zelensky specificando che gli incontri di Istanbul possono essere volti al raggiungimento solo di un cessate il fuoco, non di una pace vera e propria.
Del resto, è evidente la presenza di un forte lato emotivo dovuto al trauma di ormai tre anni di guerra brutale che complica il lavoro anche dei negoziatori più ben intenzionati.
«E’ forse diplomazia il fatto che il 20% dello Stato ucraino sia sotto occupazione? Dovrebbero essere considerate diplomazia le fosse comuni, i funerali di massa e il rapimento di 20.000 bambini ucraini? Come ha detto Trump, dovremmo forse fermare le uccisioni? I massacro? Avanti, siamo favorevoli, facciamo cessare le uccisioni. Questo richiede un cessate il fuoco incondizionato» ha chiesto retoricamente Zelensky di ritorno dalla Turchia. Il clima difficoltoso aiuta a spiegare anche il rinvio dell’incontro, inizialmente previsto per ieri e poi spostato a venerdì tra i crescenti dubbi circa la sua utilità, anche alla luce dei commenti di Trump.
Tuttavia, il Segretario di Stato Marco Rubio ha affermato che la possibilità di un incontro tra il presidente americano con Putin dipenderà dall’esito dei colloqui di Istanbul, aggiungendo però che la decisione di Mosca di inviare solo funzionari minori non rappresenta di certo un progresso in tal senso. Un discorso tuttavia che vale anche per il capo di Rubio nello Studio Ovale. Per richiamare le parole di Zelensky, ancora una volta le fosse comuni sono piene e le sedie attorno al tavolo resteranno vuote.
Il Quotidiano del Sud.
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