Incidente di Scanzano Jonico: i braccianti morti venivano da Corigliano
- Postato il 6 ottobre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Incidente di Scanzano Jonico: i braccianti morti venivano da Corigliano
I giovani uomini di origine indiana morti nell’incidente di Scanzano Jonico, in Basilicata, erano residenti a Corigliano Calabro.
Da Corigliano percorrevano ogni giorno circa 170 chilometri per raggiungere la Puglia e la Basilicata, a seconda della richiesta di lavoro. E’ questo il periodo in cui è in corso la raccolta dell’uva e c’è bisogno di forza lavoro nei vigneti. Le quattro vittime dell’incidente stradale di sabato pomeriggio, 4 ottobre 2025, a Scanzano Jonico, nel Materano, diventano così le ennesime cadute di un sistema di caporalato, made in Calabria, che continua a mietere vite. L’incidente ha evidenziato ancora una volta le condizioni estreme e di sfruttamento che caratterizzano il lavoro dei braccianti.
MORTI NELL’INCIDENTE A SCANZANO, L’AUTO ERA SOVRACCARICA: DIECI PERSONE SU SETTE POSTI PARTITI DA CORIGLIANO
Kumar Manoj, 34 anni, Singh Surjit, 33, Singh Harwinder, 31, e Singh Jaskaran, 20. Sono questi i nomi dei quattro braccianti di origine indiana (e non pakistana, come si era appreso in un primo momento) deceduti lungo la Fondovalle dell’Agri. I quattro lavoratori viaggiavano a bordo di una Renault Scenic a sette posti insieme ad altre sei persone – in tutto dieci – quando l’auto si è scontrata con un camion. Il gruppo di cittadini extracomunitari si stava trasferendo dalla Puglia per lavorare proprio in provincia di Matera, zona a forte vocazione agricola per l’ortofrutta. L’autista del mezzo pesante è rimasto illeso.
SEI FERITI, UNO GRAVE: LE CONDIZIONI DEI SOPRAVVISSUTI
Cinque feriti – tutti uomini di nazionalità indiana – sono stati trasportati nel vicino ospedale di Policoro; lì è attualmente ricoverato il più grave che ha riportato una frattura ad una vertebra e all’anca mentre gli altri quattro sono stati dimessi. Per uno di loro i medici hanno riscontrato una sub lussazione alla spalla. Situazione diversa per il sesto ferito, un uomo di 34 anni, che invece è stato trasportato con l’eliambulanza del 118 all’Ospedale San Carlo di Potenza dove è ricoverato nel reparto di traumatologia e presenta una frattura al femore per la quale sarà sottoposto ad un intervento chirurgico, ma le sue condizioni non destano preoccupazioni.
APERTA L’INCHIESTA: DALLA MANOVRA AZZARDATA ALLA STANCHEZZA
La dinamica dell’incidente è ancora da chiarire. La Procura della Repubblica di Matera, guidata dal procuratore Alessio Ciccoli, ha aperto un’inchiesta e disposto accertamenti approfonditi. Sono previsti rilievi tecnici, perizie e l’ascolto di eventuali testimoni. Gli inquirenti stanno cercando di capire se l’incidente sia stato provocato da una manovra azzardata, da un guasto o, come spesso accade in simili tragedie, dalla stanchezza dopo una lunga giornata di lavoro nei campi e diretti poi in altra meta per iniziare una nuova attività.
IL DRAMMA DEL CAPORALATO TRA LE CIFRE DELL’INAIL
Le vittime, tutte giovanissime, saranno inserite nelle statistiche dell’Inail come morti per “incidente in itinere”, categoria che comprende gli infortuni occorsi durante il tragitto tra il luogo di lavoro e l’abitazione. Ma dietro la freddezza delle cifre si nasconde un dramma più profondo: quello della sicurezza e della dignità dei lavoratori agricoli, spesso costretti a viaggiare in condizioni precarie, stipati in auto o furgoni sovraccarichi pur di raggiungere i campi. Viaggiavano in dieci su un’auto da sette posti: un’imprudenza che probabilmente ha aggravato le conseguenze dello schianto, ma che racconta anche la mancanza di alternative per molti braccianti, costretti a spostarsi quotidianamente senza un sistema di trasporto pubblico adeguato. Con l’incidente di sabato sale a 29 il numero delle vittime sulle strade lucane dall’inizio del 2025.
IL RAPPORTO CGIL: CIRCA 230MILA BRACCIANTI SFRUTTATI IN ITALIA
Secondo il rapporto Agromafie e caporalato dell’osservatorio Placido Rizzotto (Cgil), nel 2022 erano circa 230mila i braccianti sfruttati nei campi italiani, pari a un quarto della forza lavoro agricola complessiva. Una emergenza che in tanti dicono di voler contrastare da anni, ma che nei fatti resta sempre drammaticamente attuale. Per chi lavora sotto un “caporale”, andare al lavoro in bicicletta significa tenere per sé una parte in più del guadagno della giornata, senza essere costretti a pagare il trasporto, ma anche rischiare di essere investiti. Oppure andare in dieci in un’autovettura omologata per sette posti. Un dramma nel dramma.
Il Quotidiano del Sud.
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