Il Palio di Siena è una forma d’arte. Io dico: non toccate la tradizione

  • Postato il 2 luglio 2025
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Il Palio di Siena, con le sue contrade, i fantini e i cavalli, è un evento unico al mondo, una sfida ricca di emozioni che si svolge nella storica piazza del Campo a Siena in Toscana, la Regione dove è nata la lingua che parla tutta l’Italia.

Il 2 luglio per la Madonna di Provenzano, le contrade come Lupa, Oca, Bruco, Valdimontone, Pantera, Tartuca, Chiocciola, Drago, Selva e Istrice si affrontano per conquistare il Drappellone, un simbolo, una tradizione, quello che è, dentro c’è tutto: religione, politica, folclore, arte, tutto. Tuttavia, come ogni anno il 2 luglio e il 16 agosto, si levano le voci critiche, gli animalisti in primis, poi i vegani, poi gli antispecisti (questi li ho scoperti da poco), poi Saviano che da Cattelan poco tempo fa parlato del Palio come la rappresentazione di un’Italia con l’obiettivo non tanto della vittoria, ma di far perdere l’avversario, con qualsiasi mezzo, con qualsiasi imbroglio e corruzione. Sarà anche vero, ma perché offuscare il valore autentico di questa tradizione, e che ci invita a riflettere sulla necessità di ritrovare il nostro ancestrale significato di umanità, di razza umana.

È ovvio che il Palio porta con sé una certa concezione del mondo, in cui l’uomo occupa una posizione centrale nella creazione, secondo la visione tramandata anche dalla Bibbia: l’uomo è infatti chiamato a custodire e governare la natura, con responsabilità verso gli animali e gli alberi che gli sono affidati. Non condivido necessariamente questa visione in modo letterale, ma è il senso che emerge dalla narrazione biblica. Ora, non dico che noi uomini dobbiamo tornare a essere gretti e patriarcali — per fortuna abbiamo fatto qualche passo avanti — ma attenzione a non buttare via la tradizione con tutti i suoi significati ancestrali.

Ne faccio anche un discorso politico: le destre avanzano proprio perché – dal canto loro – questa tradizione buona o cattiva che sia, la conservano e se ne fanno detentori. Quindi attenzione: la sinistra non offre una controstoria, non offre un altro senso, non ha altri significati da rimpiazzare.

Metto sullo stesso piano chi ha messo al bando i motori termici e chi vorrebbe mettere al bando le corse dei cavalli. Intanto c’è un controllo sociale intorno ai cavalli unico (e informatevi su come sono curati e allevati i cavalli che corrono per il Palio e sul benessere che vivono): certo, sono allevati per correre, come gli sportivi che corrono, come Tortu o Jacobs. Ovviamente c’è il rischio che si infortunino, ma sono nati per correre, per il nostro sollazzo, per il nostro sorriso, per la nostra vita. Non rappresentano la “corsa della vita”, ma non è molto diverso da quanto Hemingway paragonava la corrida a un’opera d’arte, o dal gioco della palla (Pok ta pok) nel regno Maya, dove chi perdeva perdeva letteralmente la testa ed era legato ad una ritualità proprio come il Palio tra religione e tradizione.

Chi ha paura di guardare al passato, dentro di noi, alla nostra storia? Non ne abbiamo altre. I vegetariani, i vegani, gli animalisti non hanno un altro racconto? Io non indosserei mai scarpe fatte con il mais, voglio le mie suole Goodyear in cuoio perché sono più belle e le porto 30 anni. Voglio mangiare una volta all’anno una bistecca, ma che sia buona da un animale allevato con cura. Voglio il mondo come è sempre stato, ma a dosi più piccole e sostenibili. Cancellare tutto, che senso ha? Dobbiamo vivere senza identità, senza valori, senza passione? No, grazie. È proprio questo equilibrio che dobbiamo cercare: vivere nel presente senza rinnegare le radici che ci hanno formato.

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Il Fatto Quotidiano

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