‘Il mago’ di John Fowles, un labirinto letterario su identità e illusione
- Postato il 3 novembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Con Il mago (traduzione di Gioia Zannino Angiolillo e Lucrezia Pei; a cura di Lucrezia Pei e Pasquale Donnarumma; Safarà Edizioni), John Fowles non ha semplicemente scritto un romanzo, ha eretto un labirinto letterario, un complesso reportage sull’identità e l’illusione che continua a sfidare e sconvolgere i lettori decenni dopo la sua prima pubblicazione (1965, e la successiva edizione rivista del 1977).
L’autore britannico, padre della letteratura postmoderna, ci getta nell’esperienza straniante del suo protagonista, Nicholas Urfe, un giovane laureato di Oxford, cinico e nichilista, che cerca di sfuggire alla noia della sua vita. La sua fuga lo porta in un luogo remoto, un’isola greca chiamata Phraxos, dove accetta un posto di insegnante in una scuola per ragazzi. L’isola, inizialmente percepita come una suggestione esotica, diventa presto un confine sottile tra realtà e artificio. È qui che Urfe incontra Maurice Conchis, un ricco e cosmopolita enigmatico, padrone di una villa isolata. Conchis non è solo un personaggio; è un catalizzatore, un maestro burattinaio che orchestra una serie di eventi elaborati, spesso definiti come un masque o psicodramma. Blake ci guida attraverso questa serie di mistificazioni, in cui storia, psichiatria, misticismo e seduzione si fondono in un gioco sempre più oscuro e personale.
Il libro di Fowles è un’immersione forzata nella psiche di Urfe. L’incontro con Conchis e le donne che lo circondano, in particolare le misteriose sorelle Lily e Rose, innesca un vertiginoso gioco di specchi. Scene di sedute spiritiche, rievocazioni della Seconda Guerra Mondiale e assurde parodie di miti greci si susseguono, spingendo Nicholas a dubitare di ogni sua percezione.
Il culmine de Il mago è un vortice di tensione emotiva e interrogativi morali. Le macchinazioni di Conchis mettono Urfe di fronte a domande fondamentali sulla libertà, l’amore, l’onestà e la natura stessa della realtà. La sofferenza di Alison Kelly, il vero amore di Nicholas, diventa il metro di misura della sua immaturità e della sua incapacità di comprendere il valore della connessione umana.
Il mago è, in definitiva, un’opera d’arte complessa che resiste a una facile catalogazione. È un libro da leggere più volte, perché, come la vita di Nicholas, la nostra stessa percezione della storia cambia. È un capolavoro di mistificazione e un monito: su quest’isola fittizia, siamo tutti attori e spettatori, in cerca di un significato che John Fowles ci nega, lasciandoci al centro di un mistero che possiamo solo vivere.
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