Il disastro degli esami filtro a Medicina dimostra che questo metodo è sbagliato
- Postato il 5 dicembre 2025
- Blog
- Di Il Fatto Quotidiano
- 2 Visualizzazioni
La riforma dell’accesso ai Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia, Medicina Veterinaria e Odontoiatria in vigore da quest’anno si sta dimostrando disastrosa, come peraltro era stato previsto da tutti gli organi accademici, inclusa la Conferenza dei Rettori e il Consiglio Universitario Nazionale. La legge conteneva un tale numero di errori di prospettiva, incongruità e difetti, che non è possibile analizzarli tutti in un solo post; in questo post mi limito ad analizzare i difetti progettuali della prova di esame. Non considererò minimamente le violazioni delle norme, la pubblicazione dei quesiti in rete, etc., che non sono difetti strutturali della legge: la riforma sarebbe pessima anche in assenza di qualunque anomalia nella gestione delle prove di esame.
Come è noto la riforma prevede l’accesso libero a tre corsi erogati tra settembre e ottobre: Fisica Medica, Chimica e Propedeutica Biochimica e Biologia; gli studenti hanno due possibilità di sostenere i relativi esami a novembre e dicembre, e infine coloro che sono stati promossi in tutti e tre gli esami entrano in una graduatoria che consente il proseguimento degli studi nel corso scelto, entro il limite del numero programmato (che non viene abrogato). La prima prova ha avuto un esito disastroso e i promossi nelle tre materie sono risultati circa il 10% degli iscritti, un numero molto inferiore a quello dei posti da coprire. Una catastrofe di questo genere dimostra che la modalità di esame prevista dalla riforma è inadeguata al suo scopo.
Per poter assegnare ad un esame universitario la funzione aggiuntiva di prova concorsuale, le legge prevede un esame scritto, uguale in tutta Italia, con 16 domande “a completamento” (frasi nelle quali manca una parola, che lo studente deve aggiungere) e 15 quiz (“a crocette”). Questa modalità di valutazione, largamente impiegata in molti contesti, anche all’estero, testa le conoscenze dello studente su un programma ampio (31 domande sono tante) ma ad un livello di comprensione molto superficiale; poteva essere adatta per un test di ammissione, come si faceva negli anni passati, ma non corrisponde agli scopi formativi dell’università, che richiedono invece approfondimento, comprensione e capacità di ragionamento.
Uno dei pochi pregi rimasti all’università italiana, che rende i nostri laureati desiderati e competitivi anche all’estero, sta proprio nel fatto che noi manteniamo una modalità di esame basata sull’interrogazione orale o scritta, nella quale al candidato è richiesto il ragionamento. Le prove di esame non erano di per sé difficili e la grande passione dello studente medio è l’esame a quiz da studiarsi sul quizzario, un elenco di tutti i quiz utilizzabili per l’esame con le rispettive risposte. A parte il fatto che nel caso presente, per fortuna, il quizzario non c’era, il punto è che nei corsi di livello universitario si spiegano ragionamenti e ipotesi scientifiche, non si dispensano rispostine a domandine, peraltro imprevedibili.
E’ superfluo aggiungere che la medicina, come ogni scienza, non è fatta di domandine e rispostine, che molte domande che un medico si deve porre non hanno risposte certe e assolute, che certe risposte possono essere giuste in un contesto e sbagliate in un altro, che in molti casi la transizione tra giusto e sbagliato è graduale e non assoluta: in una parola che finalizzare un corso universitario al superamento di un quiz è un tradimento culturale della missione dell’università. Anche in quei contesti stranieri in cui l’esame a quiz è usato, il corso non è costruito sulla misura dei quiz.
La prima ragione per la quale gli esami sono stati tragicamente deludenti è quindi che la modalità di esame imposta dalla riforma è completamente inadeguata alla modalità formativa universitaria e professionale: i corsi hanno cercato di insegnare allo studente a ragionare, ma la legge ha poi imposto una valutazione nozionistica, nella quale il ragionamento serviva a poco; questo ha tradito e tratto in inganno gli studenti.
Spiego meglio questo concetto facendo al tempo stesso una solenne promessa alla ministra Bernini, e a tutti gli italiani, a nome mio e di tutti i colleghi docenti nei Corsi di Laurea in Medicina: a nessun paziente accadrà mai di andare da un medico, chiedergli: “dottore, cosa ho?” e sentirsi rispondere: “scriva su un pezzo di carta quattro diagnosi e io metterò una crocetta su quella che mi pare giusta”. Non accadrà mai una cosa del genere, Signora ministra, perché l’università educa il futuro medico in un modo che è completamente diverso da quello che la sua riforma pretende di valutare con esami nozionistici non solo inadeguati, ma metodologicamente estranei alla formazione che lo studente ha il diritto di ricevere. Gli studenti avrebbero avuto risultati migliori se si fossero potuti preparare per esami universitari “veri”, anche se più difficili.
L'articolo Il disastro degli esami filtro a Medicina dimostra che questo metodo è sbagliato proviene da Il Fatto Quotidiano.