I commercialisti applaudono il fisco più generoso di sempre per i soliti furbi

  • Postato il 10 luglio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Perché la premier ha ricevuto un’accoglienza insolitamente calorosa alla riunione annuale dell’Ordine nazionale dei commercialisti? Le spiegazioni possono essere tante, a cominciare dal fatto che lo stesso ministro delle finanze è un commercialista, e il vice ministro un esperto fiscale. Quindi era prevedibile che fosse preparata una bella claque governativa. Ma propendo per una diversa e più banale spiegazione economica.

Gli utili anni, dalla pandemia in poi, sono stati magici per i redditi dei commercialisti, come si ricava dalla loro stessa relazione. Il reddito medio annuale era di 61.217 euro nel 2021 ed è passato a 80.640 euro nel 2024 con un aumento di circa il 30%. I commercialisti non solo hanno aggiustato le tariffe contro l’inflazione, ma si sono aggiunti anche un extra del 10%, come si ricava dall’andamento dei redditi reali. Quindi è naturale che abbiano manifestato il loro caldo entusiasmo per i governanti. Il popolo italiano piange per il calo dei redditi, ma non loro. E questo vale per tutti i professionisti, che si sono ben difesi dalla fiammata inflazionistica.

Il discorso della premier poi è stato il consueto patchwork di luoghi comuni governativi sul fisco, con il solito strampalato richiamo alla presunta grande riforma fiscale in corso. Qualcuno dovrebbe fare un breve corso di storia del fisco nelle stanze governative, così da evitare le molte fake che vengono puntualmente ripetute. La legge delega del ministro Leo aveva come scopo dichiarato quello di rendere il fisco più semplice ed equo. Poi naturalmente, non dimentichiamo quello di ridurre la montagna del debito pubblico. Direi che, pur essendo generosi, nessuno di questi ambiziosi obiettivi è stato raggiunto, ma anzi ce ne siamo allontanati. Vediamo alcuni casi notevoli.

Il viceministro Leo aveva promesso una dichiarazione dell’Irpef più snella e un’imposta più bassa. Sul piano della semplificazione mi pare invece che sia stata seguita la strada opposta. Ad esempio, sopra i 75.000 euro i contribuenti dovranno fare corposi calcoli sulle detrazioni. Due pagine aggiunte alle 80 e più delle istruzioni sulla compilazione e nulla è stato tolto. La guerra alle deduzioni e detrazioni che il ministro ha annunciato ancora nel 2023 non è mai incominciata. Ma almeno l’Irpef è stata ridotta? Sì, ma a debito e l’anno scorso questo sbilancio è stato di 18 miliardi di euro che dovranno essere trovati ogni anno.

Se sulla semplicità non ci siamo, anche l’equità è stata accantonata. Possiamo considerare almeno due elementi che disegnano il fisco più iniquo di sempre nell’epoca della Melonieconomics. Intanto l’attuazione della delega ha depenalizzato importanti reati fiscali, quelli per i grandi evasori per capirci. Lo scudo fiscale creato dalla Meloni credo che non possa essere considerato un passo verso l’equità. Il carcere agli evasori, unico vero spauracchio per i predoni del fisco, è stato in parte demolito con le conseguenze immaginabili. Il secondo elemento sono i condoni. La gestione Meloni è stata la più generosa di sempre nelle sanatorie per i soliti furbi. Naturalmente tutta l’evidenza pluridecennale indica che la strada dei condoni è quella peggiore per le casse dello Stato. Nel 2024 i condoni hanno portato 3,4 miliardi e l’anno prima 4,3 miliardi. Se teniamo conto che con i condoni incassiamo il 20-30% del dovuto, la perdita futura è ingente. Abbiamo incassato di più come dice orgogliosamente Meloni? Si, ma a spese degli incassi futuri. La mossa della disperazione fiscale insomma.

Non solo i dati fiscali meloniani sono drogati dai condoni, ma la premier non è nemmeno molto generosa con i governi precedenti. Per esempio, negli ultimi anni, grazie alla fattura elettronica, c’è stato un grosso recupero dell’evasione dell’Iva. Ma il merito è del governo Gentiloni. C’è poi un dato che sorprende. Il fisco ha inviato dal 2021 al 2024, ben 10,3 milioni di lettere di compliance, cioè di richieste ai contribuenti di mettersi in regola. Solo errori materiali o qualcosa di più? Questi dati confermano ampiamente la piaga dell’evasione fiscale che la tecnologia oggi potrebbe facilmente estirpare, se solo lo si volesse fare.

I commercialisti non sono stati sempre così calorosi nei confronti dei passati governi. Anzi, fino a qualche anno fa erano dei severi censori. Il problema è naturalmente quello della montagna del debito pubblico. Con Meloni il debito assoluto dello Stato è aumentato di 250 miliardi e continua a crescere, superando quota 3.000 miliardi. Questo è il suo vero primato, ma in negativo e la prudenza tanto evocata dal ministro Giorgetti è uno specchietto per allocchi. Stavolta i consulenti fiscali su questo punto fondamentale sono rimasti colpevolmente silenti. Evidentemente non si è voluto dare un dispiacere ai piani alti governativi. I professionisti del fisco come spettatori passivi di fronte ad un fisco corporativo sempre più ingiusto ed inefficiente? La direzione sembra quella. Gli applausi scroscianti a chi ha prodotto tanti guasti fanno pensare che la direzione di marcia indicata dalla Costituzione all’art. 53 sia stata smarrita.

I problemi del fisco italiano sono tanti, alcuni vecchi e altri nuovi. Ben venga quindi il contributo dei professionisti del fisco, che però non può essere quello di assecondare passivamente l’iniquo e dannoso populismo fiscale governativo, di oggi ma anche di ieri, di destra ma anche di sinistra.

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Il Fatto Quotidiano

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