Hamilton e Verstappen a caccia di Schumacher: sfida tra i re del circuito di Interlagos

  • Postato il 6 novembre 2025
  • Formula 1
  • Di Virgilio.it
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C’è un filo che unisce la storia della F1 a un circuito che vibra come pochi altri: l’Autodromo José Carlos Pace di Interlagos, cuore pulsante del motorsport brasiliano. È qui che, domenica prossima, si scriverà un nuovo capitolo di una leggenda che profuma di pioggia, passione e memoria. Perché tra i cordoli di San Paolo, Michael Schumacher è ancora il re incontrastato, quattro vittorie e dieci podi complessivi lo rendono il pilota più vincente nella storia del GP Brasile. Ma il trono vacilla. Con un successo nell’edizione di quest’anno, Lewis Hamilton o Max Verstappen potrebbero eguagliare il tedesco per numero di vittorie sul tracciato paulista, firmando un passaggio di consegne simbolico tra tre epoche d’oro della F1.

Schumacher, il dominatore che parlava la lingua della pioggia

Quando Schumacher arrivava a Interlagos, sembrava portare con sé la certezza della vittoria. La sua prima affermazione arrivò nel 1994, al volante della Benetton Ford, in una corsa bagnata che anticipò l’ascesa del suo mito. Poi arrivarono i successi del 1995, del 2000 e del 2002, gli ultimi due su Ferrari. Perfezione chirurgica nella gestione, capacità di adattarsi a ogni condizione meteo, e quella freddezza tipicamente tedesca che, in Sudamerica, assumeva quasi il valore di un sacrilegio tecnico.

Schumacher non vinceva solo, impressionava. Tra il 1994 e il 2006 salì sul podio dieci volte, stabilendo un ulteriore record che resiste da oltre vent’anni. E lo fece in un’epoca in cui il Brasile era ancora un tempio sacro del motorsport, dove ogni vittoria era un tributo a Senna, e ogni curva della “S di Senna”, così ribattezzata nel 1991, era un passaggio spirituale più che sportivo. A Interlagos, il tedesco seppe farsi amare persino da chi non poteva perdonargli l’essere l’antitesi di Ayrton. Ma la grandezza, anche quando divide, si riconosce: seppe imporre il suo regno con la stessa solennità con cui Senna aveva conquistato i cuori.

Hamilton, il predestinato

Se c’è un circuito che Lewis Hamilton sente come casa, al di là di Silverstone, è proprio Interlagos. Qui, nel 2008, scrisse la pagina più incredibile della sua carriera: un sorpasso all’ultima curva dell’ultimo giro su Timo Glock, sotto la pioggia, per strappare il Mondiale a Felipe Massa. Una scena da film, destinata a rimanere per sempre scolpita nella storia dello sport. Hamilton ha vinto tre volte in Brasile: 2016, 2018 e 2021. Ogni successo ha avuto un peso specifico altissimo. Quello del 2021, in particolare, è stato uno dei suoi capolavori assoluti: partito ventesimo nella Sprint Race dopo una squalifica tecnica, rimontò tutto e tutti, superando Verstappen in gara e conquistando un trionfo che sembrava un inno al coraggio.

Il sette volte campione del mondo è cittadino onorario del Brasile dal 2022. Hamilton, più di ogni altro pilota contemporaneo, rappresenta il ponte tra il mito di Senna e la modernità del dominio tecnico. La sua ricerca spirituale e la sua empatia con il pubblico brasiliano fanno di ogni sua gara a Interlagos qualcosa che va oltre il semplice risultato. E ora, con un’altra vittoria, potrebbe raggiungere Schumacher a quota quattro successi. Sarebbe un gesto dal valore doppio, storico e simbolico.

Verstappen, il nuovo imperatore

Dall’altra parte della bilancia c’è Max Verstappen, il cannibale olandese che in pochi anni aveva trasformato la F1 in un monologo Red Bull. A Interlagos, Max ha già vinto tre volte, nel 2019, 2022, 2023. Ogni affermazione ha avuto lo stesso filo conduttore: aggressività, controllo e consapevolezza dei propri mezzi. Nel 2019, la sua prima vittoria brasiliana fu una lezione di strategia contro Lewis Hamilton. Nel 2022 e nel 2023, invece, Verstappen ha imposto la sua supremazia totale, arrivando a San Paolo con la serenità di chi sa di non avere rivali.

Eppure, il 2025 potrebbe essere diverso. Le McLaren e la rinascita Ferrari, insieme a un Hamilton tornato affamato, promettono di rendere la gara un banco di prova vero, non una passerella. Con un quarto trionfo, Verstappen raggiungerebbe Schumacher in cima all’albo d’oro del GP del Brasile, sancendo la definitiva unione tra passato, presente e futuro della F1.

Statistiche del tempio che unisce le epoche

Come descritto, il record assoluto di vittorie appartiene a Michael Schumacher con 4 (1994, 1995, 2000, 2002). I piloti a 3 vittorie sono: Lewis Hamilton (2016, 2018, 2021), Max Verstappen (2019, 2022, 2023) e Sebastian Vettel (2010, 2013, 2017). I podi complessivi di Schumacher ono 10, il più alto mai raggiunto in Brasile. I podi di Hamilton sono 8 mentre quelli di Verstappen 5 (ma con solo sette partecipazioni). La prima vittoria brasiliana della storia appartiene a Emerson Fittipaldi nel 1973 mentre l’utimo brasiliano a vincere a casa è stato Felipe Massa nel 2008.

Interlagos è anche uno dei pochi circuiti rimasti antiorario nel calendario, caratteristica che mette a dura prova i muscoli del collo dei piloti. La “S di Senna” e la lunga curva “Curva do Sol” verso la Reta Oposta sono due punti chiave per i sorpassi, mentre il “Bico de Pato” resta uno dei tratti più tecnici e lenti del mondiale. È un tracciato dove il talento emerge sempre. Qui non si vince solo con la macchina, ma con l’anima.

L’eredità dei giganti

Schumacher ha costruito la sua leggenda sull’ossessione per la perfezione. Hamilton l’ha alimentata con l’arte dell’equilibrio tra forza e sensibilità. Verstappen la sta riscrivendo con la brutalità dei numeri e la freddezza dell’efficienza. A Interlagos, però, non basta vincere: bisogna conquistare il pubblico. E qui, i numeri incontrano la mistica. Schumacher vinse con la Ferrari in un Paese che ancora piangeva Senna. Hamilton vinse portando con sé la bandiera brasiliana sul podio. Verstappen vince portando un’era nuova, quella della precisione digitale, della macchina perfetta. Tre filosofie, un solo circuito.

Interlagos come specchio del tempo

Dal 1973 a oggi, il GP del Brasile è stato un termometro dell’evoluzione tecnica e umana della F1. Negli anni ’80, era sinonimo di passione latinoamericana. Negli anni 2000, diventò l’arena dei titoli mondiali decisi all’ultima curva. Oggi, è la cerniera tra generazioni. Quando Hamilton o Verstappen saliranno in macchina domenica, non correranno solo contro il cronometro o i rivali, ma contro un mito vestito di rosso, quello di Schumacher, il pilota che ha insegnato a tutti che vincere non basta, bisogna farlo con disciplina. E se la storia dovesse ripetersi, Interlagos sarà ancora una volta il punto d’incontro tra i giganti: il tedesco che tutto ha iniziato, il britannico che ha riportato la F1 nel cuore del popolo, l’olandese che vuole riscrivere le regole del dominio.

Tre nomi, una leggenda

Nel cielo di San Paolo non servono più stelle per orientarsi. Ce ne sono tre che brillano da sole: Schumacher, Hamilton, Verstappen. Domenica, una di loro potrebbe raggiungere l’altra. E quando la “S di Senna” si colorerà di bandiere gialloverdi, sapremo che non sarà solo una corsa: sarà un atto di continuità storica, un passaggio di testimone tra i re di Interlagos. Perché, a volte, la F1 non è solo sport. È il modo in cui il tempo decide chi merita di restare eterno.

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