“Gli alpinisti morti in Nepal? Pare sia nevicato tantissimo e loro sono saliti lo stesso. Il rischio c’è sempre ma se uno ha molte esperienze può escludere quasi tutto”: parla Reinhold Messner
- Postato il 6 novembre 2025
- Storie Dal Mondo
- Di Il Fatto Quotidiano
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“In primo luogo, la mia compassione va alle famiglie. So cosa vuol dire perdere qualcuno, il silenzio che segue, le domande senza risposta, il peso di non poter dire addio. Capisco il fascino della montagna, l’immensità,la solitudine, il senso di libertà che ti fa sentire vivo, indipendente, indomito, guidato solo dalle tue leggi, non da quelli che ti sono imposte. Ma la vita è com’è: alcuni sono fortunati, altri no. Io ero tra i fortunati. Altri no. E in momenti come quesi, il mio pensiero ritorna sempre a mio fratello Gunther“: in questo post scritto da Reinhold Messner c’è tanto di quello che vuol dire, oggi, dedicarsi all’alpinismo, amare le alte vette, sognare di stare a cavalcioni sul tetto del mondo.
Ma il re degli Ottomila non dice una parola sulla tragedia degli alpinisti italiani morti sul Panbari: “Non posso rispondere a domande sulla dinamica dei fatti perché non c’ero”. La zona dove hanno perso la vita Alessandro Caputo e Stefano Farronato però la conosce bene anche se, precisa al Corriere della Sera, “non ho mai arrampicato in quella valle. Ci sono passato scendendo verso Kathmandu, è bellissima. Ma non conosco le “trekking peaks”. Si tratta di gruppi turistici che fanno trekking, si acclimatano, fanno una cima normalmente di 6mila metri e poi tornano”. Cosa sono le “trekking peaks? Si tratta cime alte (spesso tra i 5.000 e i 6.500 metri, nel caso dell’Himalaya o Ande) ma accessibili a trekker esperti: per raggiungerle può servire un’imbracatura in certi tratti e anche dei ramponi ma non occorre essere alpinisti. In punto fondamentale però è uno: “accessibili” in montagna non vuol dire “facili” e come più volte ha detto Messner “il rischio c’è sempre”: “L’arte dell’andare in montagna è ridurre il più possibile questo rischio. Bisogna saper leggere la montagna e il tempo. Puoi escludere molti pericoli ma non tutti e non perfettamente. È necessario dire a tutti che la montagna è una dimensione dove c’è il pericolo di morte, e non soltanto sulle cime più alte. Anche sulle Dolomiti può caderti un sasso in testa”.
Nel caso del Panbari, il grande alpinista spiega: “Per quanto riguarda le valanghe, in questo caso pare che sia nevicato tantissimo e loro sono saliti lo stesso. Ma ripeto, su questo non posso rispondere perché non conosco la spedizione” e poi torna al cuore del problema: “Non voglio fare accuse ma oggi si può andare in un’agenzia di viaggi e comprare un tour per l’Everest, con un passaggio diretto fino al campo base e ritorno. È diminuito molto il rispetto per la montagna, che però resta un maestro molto severo. Pare che questo fosse un trekking organizzato, anche bene perché c’erano gli sherpa. Ma non era una spedizione in stile alpino. Anche i più esperti possono inciampare in tragedie del genere. Non è la prima volta che a inizio novembre arrivano condizioni meteo come queste, con rischio alto di valanghe. In tutte le stagioni c’è un certo rischio, ma se uno ha molte esperienze può riuscire a escludere quasi tutto. Bisogna saper tornare indietro e veder bene la situazione della neve. Guardando le foto, si vede che è scesa una valanga enorme”.
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