Gaza, appello di oltre 100 ong: “Basta usare gli aiuti come un’arma. Cibo e acqua bloccati mentre i palestinesi vengono affamati”

  • Postato il 14 agosto 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Basta usare “gli aiuti umanitari come un’arma” mentre nella Striscia di Gaza “la carestia si approfondisce”. Lo scrivono oltre cento ong internazionali (da Oxfam, a Medici Senza Frontiere, all’American Near East Refugee Aid) in un appello-denuncia a Israele diffuso a Gerusalemme e ripreso dalla Bbc (leggi qui il testo integrale). Le ong deplorano che le autorità israeliane non abbiano autorizzato dal 2 marzo nessun loro carico di aiuti vitali, nonostante oltre “60 richieste”; mentre la distribuzione veniva affidata in monopolio (in misura insufficiente e con minacce alla vita dei palestinesi) alla controversa Gaza Humanitarial Foundation (Ghf).

“Invece di smaltire il crescente arretrato di merci”, si legge nella lettera, “le autorità israeliane hanno respinto le richieste di decine di ong di introdurre beni salvavita, sostenendo che queste organizzazioni ‘non sono autorizzate a fornire aiuti’. Questo blocco ha lasciato beni alimentari, medicinali, acqua e materiali per ripari per un valore di milioni di dollari bloccati in magazzini in Giordania e in Egitto, mentre i palestinesi vengono affamati”. Nonostante le accuse di Israele, continuano le organizzazioni, “molte delle ong ora dichiarate ‘non autorizzate’ a fornire aiuti operano a Gaza da decenni, sono fidate dalle comunità e hanno esperienza nel fornire aiuti in sicurezza. La loro esclusione ha lasciato ospedali senza forniture di base, bambini, persone con disabilità e anziani morire di fame o di malattie prevenibili, e persino gli operatori umanitari stessi recarsi al lavoro a stomaco vuoto”. L’esclusione “è legata a nuove regole di registrazione per le ong internazionali (INGO) introdotte a marzo. In base a queste nuove regole, la registrazione può essere negata sulla base di criteri vaghi e politicizzati, come la presunta ‘delegittimazione’ dello Stato di Israele. Le ong internazionali hanno avvertito che il processo è stato progettato per controllare le organizzazioni indipendenti, silenziare l’attività di advocacy e censurare i rapporti umanitari. Questo nuovo ostacolo burocratico è incoerente con il diritto internazionale consolidato, poiché rafforza il controllo e l’annessione da parte di Israele del territorio palestinese occupato”.

Le ong raccontano di un attacco vero e proprio alla loro indipendenza: “A meno che le ong internazionali non accettino di soddisfare tutti i requisiti di registrazione, inclusa la consegna obbligatoria di dettagli sui donatori privati, elenchi completi del personale palestinese e altre informazioni sensibili sul personale per una cosiddetta verifica di ‘sicurezza’ da parte delle autorità israeliane, molte potrebbero essere costrette a interrompere le operazioni a Gaza e in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e a ritirare tutto il personale internazionale entro 60 giorni. Alcune organizzazioni hanno persino ricevuto un ultimatum di sette giorni per fornire gli elenchi del personale palestinese”.

Per le ong “la condivisione di tali dati è illegale (anche ai sensi delle leggi pertinenti sulla protezione dei dati), non sicura e incompatibile con i principi umanitari. Nel contesto più letale al mondo per gli operatori umanitari, in cui il 98 per cento dei lavoratori uccisi erano palestinesi, le ong non hanno alcuna garanzia che fornire tali informazioni non metta ulteriormente a rischio il personale, o non venga utilizzato per favorire gli obiettivi militari e politici dichiarati dal governo israeliano. Oggi, i timori delle ong internazionali si sono rivelati fondati: il sistema di registrazione viene ora utilizzato per bloccare ulteriormente gli aiuti e negare cibo e medicine nel pieno di uno scenario di carestia”. E le restrizioni “fanno parte di una strategia più ampia che include il cosiddetto schema “GHF” – un meccanismo di distribuzione militarizzato promosso come soluzione umanitaria. In realtà, è uno strumento letale di controllo, con almeno 859 palestinesi uccisi nei pressi dei siti GHF dall’inizio delle operazioni”.

Infine, la lettera si chiude con una serie di richieste agli Stati donatori: “Fare pressione su Israele per porre fine alla strumentalizzazione degli aiuti, anche attraverso ostruzioni burocratiche, come le procedure di registrazione per le ONG internazionali. Insistere affinché le ong internazionali non siano costrette a condividere informazioni personali sensibili, in violazione del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), o a compromettere la sicurezza o l’indipendenza del personale come condizione per fornire aiuti”. E “pretendere l’apertura immediata e incondizionata di tutti i valichi terrestri e le condizioni per la consegna di aiuti umanitari salvavita”.

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Il Fatto Quotidiano

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