Garlasco, scontro sulla perizia tra le difese. I legali di Stasi: “Primo punto fermo”. Gli avvocati di Sempio: “Valore zero”
- Postato il 4 dicembre 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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La nuova perizia genetico-forense depositata nell’ambito dell’incidente probatorio sul delitto di Garlasco ha innescato le diverse reazioni alle conclusioni, Il documento sarà discusso il 18 dicembre, ma già le prime reazioni delineano fronti contrapposti.
La difesa di Stasi: “Assenza totale di Dna” e “primo punto fermo”
A esprimersi per prima è l’avvocata Giada Bocellari, legale di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi. La professionista sottolinea come la nuova relazione “cristallizza l’assenza totale di Dna di Stasi, che viceversa non era stato escluso” dal professor Francesco De Stefano nel processo d’appello bis del 2014. Per Bocellari, la perizia rappresenta “finalmente un primo punto fermo in questa nuova indagine”. L’avvocata ricorda inoltre che “dal 2014 fino a oggi si diceva che il Dna sulle unghie di Chiara Poggi fosse degradato e non confrontabile”. La nuova analisi – prosegue – “confermando integralmente quella della Procura di Pavia e quelle della difesa Stasi, supera queste conclusioni e, pur considerando le caratteristiche di questo dna Y”, che sono state “più volte ribadite anche dai consulenti di parte”, giunge a “una concordanza forte e moderatamente forte con l’aplotipo Y di Andrea Sempio su due unghie di due mani diverse della vittima”.
La difesa di Sempio attacca: dati “non consolidati” e “possibilmente artefatti”
Ovviamente opposta la lettura dell’avvocato Liborio Cataliotti (nella foto), che assiste Andrea Sempio insieme alla collega Angela Taccia. Il legale mette in discussione la solidità tecnica delle conclusioni degli esperti: “Le valutazioni statistiche sono state fatte su risultati non consolidati, possibilmente ‘artefatti’ (cioè erronei), che attestano Dna di più persone, che non si sa se depositato in seguito a contatto diretto o con una stessa superficie. Non si sa oltretutto quando.” Secondo Cataliotti, “queste le premesse della perizia, che, in tutta evidenza, svalorizzano le conclusioni statistiche su quei dati”. La genetista Denise Albani, pur riconoscendo che la traccia genetica trovata sulle unghie della vittima è compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio – il cromosoma Y non identifica una sola persona – conclude che “in questo caso si tratta di aplotipi misti parziali per i quali non è possibile stabilire con rigore scientifico” se la traccia è “sotto o sopra le unghie della vittima”, se l’origine “è per contaminazione, per trasferimento diretto o mediato” e “quando” è stato lasciato il materiale biologico. Alla domanda quanto peso ha la perizia contro Sempio, la risposta del difensore è netta: “Zero“.
La parte civile: “L’unico dato certo” è il Dna di Stasi sulla scena”
Anche i legali della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna, intervengono criticando la lettura proposta dalla difesa di Stasi. A loro giudizio “l’unico dato certo ed infatti trascurato” della nuova perizia è “il rinvenimento di Dna del condannato Stasi e di Chiara sui reperti che testimoniano gli ultimi momenti di vita della vittima”. Gli avvocati si riferiscono in particolare agli oggetti trovati nella spazzatura della villetta di via Pascoli: “la cannuccia dell’Estathè, le coperture del Fruttolo e il sacchetto di cereali”. Per i legali della parte civile, la “lettura delle conclusioni della perizia svolta con serietà e riserbo” evidenzia che “nulla di nuovo è emerso a carico del signor Sempio rispetto a quanto già noto”. Per questo si augurano “che tutto venga alla fine valutato con la dovuta attenzione” e con il “rispetto che si devono alla sentenza coperta dal giudicato” che ha condannato Stasi. Tizzoni e Compagna denunciano inoltre l’impatto mediatico della riapertura dell’inchiesta: “Sono trascorsi ormai oltre nove mesi” e “con cadenza quotidiana, la famiglia Poggi viene esposta ad un massacrante gioco mediatico i cui fini non sono noti”.
Il legale di Venditti: “Procura al servizio di un condannato”
Durissime anche le parole dell’avvocato Domenico Aiello, difensore dell’ex pm Mario Venditti, ora in pensione e imputato per corruzione in atti giudiziari con l’ipotesi di avere preso denaro per favorire Sempio nel 2017. Aiello – che ha ottenuto tre annullamenti di perquisizioni e sequestri da parte del Tribunale del Riesame di Brescia – accusa apertamente l’operato degli inquirenti: “I vertici della Procura al servizio di un condannato, assassino riconosciuto con sentenza passata in giudicato. La Procura di Pavia sta violando il principio di ‘intangibilità del giudicato’, manca oramai da mesi la richiesta di revisione”. Secondo il legale, la stessa “prova tecnica su una frazione di Dna contaminata sarà un fallimento, inservibile e inutile ab origine”.
In un successivo intervento, Aiello ribadisce che la nuova inchiesta “va a tutelare gli interessi privati di una persona che è stata condannata in via definitiva, sbandierata dalla difesa dell’assassino come un avvento di giustizia, come se l’indagato fosse già stato condannato e i cinque gradi del precedente processo siano già stati messi in archivio come un’insignificante pantomima”. E conclude con un affondo: “Se fossi in loro rientrerei nei ranghi della professione abbandonando la carriera da comparsa in palcoscenici molto inginocchiati. Dipende però da dove costoro ricevono i maggiori vantaggi”.
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