Garlasco, l’orario della morte di Chiara e l’ipotesi di corruzione: i nuovi elementi che interrogano sul delitto

  • Postato il 31 ottobre 2025
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Si fanno sempre più numerose le indiscrezioni sull’operato della dottoressa Cristina Cattaneo, l’anatomopatologa incaricata di effettuare nuove analisi sulle risultanze dell’autopsia di Chiara Poggi e sulla BPA dei Ris di Cagliari, la bloodstain pattern analysis ovvero l’esame che consente una ricostruzione tridimensionale delle tracce lasciate sulla scena del crimine dall’assassino o dagli assassini nel soggiorno della villetta di Garlasco.

Oltre alla notizia certa della convocazione di Andrea Sempio, attuale indagato dell’omicidio, nel laboratorio della dottoressa Cattaneo per compiere le misurazioni antropometriche utili a determinare la lunghezza degli arti superiori ed inferiori, l’ampiezza della falcata e la taglia delle scarpe, risulterebbe molto alta la probabilità che l’orario della morte della studentessa ventiseienne sia stato spostato in avanti rispetto alla fascia compresa tra le 9.12 e le 9.35 di quel 13 agosto del 2007. Gli elementi a supporto della nuova tesi si baserebbero su dati concreti come l’assenza di rigor mortis e di macchie ipostatiche constatata dal medico del pronto soccorso alle 14 dello stesso giorno e la temperatura rettale che alle 17 risultava essere di 33 gradi, particolari che non consentirebbero di collocare la morte di Chiara prima delle ore 11.

Se il nuovo orario del decesso della vittima dovesse essere confermato, andrebbe a crollare il cardine dell’impianto accusatorio contro Alberto Stasi che alle 11 si trovava presso la propria abitazione davanti al suo computer per lavorare alla tesi di laurea.

Tutti questi elementi fanno comprendere che ciò di cui stampa, televisione e opinione pubblica discutono da mesi circa la probabile innocenza di Alberto Stasi – condannato in via definiva e che ha già scontato dieci anni di carcere – non più una semplice suggestione ma una eventualità supportata da elementi sempre più concreti.

Un’altra discrepanza rispetto alle indagini che hanno portato alla condanna di Alberto Stasi sarebbe costituita dalla constatazione che la povera Chiara non sarebbe deceduta in breve tempo subito dopo essere stata colpita, ma avrebbe tentato di difendersi; e non sarebbe neppure da escludere che nella villetta di via Pascoli fossero presenti più persone che avrebbero trasportato per un tratto il corpo dal pavimento del soggiorno fino alle scale da cui poi l’avrebbero spinta.

A ciò bisogna aggiungere che le nuove indagini non si muovono solo nella direzione tracciata dalla Procura di Pavia, ma anche in quella della Procura di Brescia con l’ipotesi di corruzione in atti giudiziari a carico dell’ex procuratore Mario Venditti e l’iscrizione nel registro degli indagati di Giuseppe Sempio, padre di Andrea, con l’accusa di aver pagato il magistrato affinché archiviasse la posizione di suo figlio. Le intercettazioni ambientali in cui i genitori di Sempio parlano del denaro da consegnare agli avvocati del loro figlio gettano parecchie ombre sui legali che all’epoca assistevano l’indagato, ovvero Federico Soldani e Simone Grassi, oltre a Massimo Lovati. Gli stessi genitori di Sempio, sentiti a sommarie informazioni testimoniali, avevano dichiarato agli inquirenti che quei soldi servivano per “ottenere le carte”, carte che sappiamo dovevano rimanere secretate e che, a questo punto, mi domando se abbiano in qualche modo avvantaggiato l’indagato nell’apprendere informazioni preziose sull’interrogatorio a cui doveva essere sottoposto, interrogatorio che tra l’altro durò poco più di un’ora e si risolse in sole nove domande.

Dato che numerose fonti di stampa riportano la notizia secondo cui sarebbe imminente la convocazione di Soldani, Grassi e Lovati per essere ascoltati come persone informate sui fatti, viene lecito domandarsi se i legali si avvarranno del segreto professionale durante le sommarie informazioni testimoniali e se continueranno ad avvalersene qualora la Procura di Brescia decidesse di iscriverli nel registro degli indagati. Ma soprattutto viene spontanea un’altra domanda: se dovesse essere confermata l’ipotesi di corruzione in atti giudiziari, per quale motivo il padre di un indagato che si professa innocente dovrebbe corrompere un magistrato per ottenere l’archiviazione?

Alla luce di questi elementi, il doppio binario delle indagini della Procura di Pavia e della Procura di Brescia potrebbe incrociarsi e riscrivere la storia di uno dei delitti più discussi degli ultimi anni.

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Il Fatto Quotidiano

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