Funivia del Faito, la tragedia getta un’ombra sulla capacità di vigilanza del Ministero dei Trasporti

  • Postato il 18 aprile 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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La sciagura di giovedì scorso, in cui hanno perso la vita quattro persone a causa della rottura del cavo della Funivia del Faito, all’altezza di Castellammare di Stabia in provincia di Napoli, ripropone con forza il tema della sicurezza nel settore dei trasporti, in particolare di quelli ad impianti fissi, come le funivie e le ferrovie. Resta sorprendente il silenzio della Ansfisa, l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali – la nota autoconsolatoria che dichiara che tutti i controlli sono stati effettuati secondo la prassi lascia dei dubbi sulla qualità degli interventi manutentivi -, da poco ristrutturata (dopo il crollo del ponte Morandi) e rimpolpata di uomini e risorse dal Ministero dei Trasporti, con l’accorpamento dell’Ustif (Ufficio Speciale Trasporti a Impianti Fissi) e Ansf (Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie).

Nata dopo il crollo del ponte Morandi a Genova, è deputata al mantenimento della sicurezza di impianti a fune, ferrovie, sistemi di trasporto rapido di massa, infrastrutture stradali e autostradali. Doveva ottenere economie di scala e di scopo (ottimizzazione delle risorse e funzionalità operativa) mai raggiunte. Dovrebbe essere un organismo indipendente, ma il direttore viene nominato dal Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dei Trasporti.

Resta il fatto che, dalla sua nascita, ha provocato non pochi malumori tra il personale e lotte di potere anche per i trattamenti salariali e normativi diversi in base alle Agenzie di provenienza. La sua funzionalità però non è mai decollata. È sì operativa, ma svolge un ruolo prevalentemente amministrativo, recepisce le norme europee e ne produce altre, rendendola più un organismo burocratico che operativo e dinamico capace di esercitare efficaci controlli sulle norme da essa stessa elaborate.

Da quando l’Ansfisa è nata, si sono susseguiti molti e gravi incidenti. Il ponte di Caprigliola, tra La Spezia e Massa (8 aprile 2020), è crollato improvvisamente. Fortunatamente non ci sono state vittime, ma l’evento ha sollevato preoccupazioni sulla sicurezza delle infrastrutture stradali italiane. Il 6 febbraio 2020 un treno ad alta velocità, Frecciarossa 9595, deragliò nei pressi di Ospedaletto Lodigiano (Lo), causando la morte di due macchinisti e il ferimento di 31 passeggeri. Sulla funivia Stresa-Mottarone (23 maggio 2021), una cabina è precipitata vicino alla stazione di arrivo, causando la morte di 14 persone, tra cui due bambini. L’incidente è stato attribuito alla rottura di una fune traente e alla disattivazione dei freni di emergenza. Per ultimo, il 30 agosto 2023, l’incidente ferroviario di Brandizzo (To).

Due anni fa il Ministero dei Trasporti aveva approvato un decreto, contenente i modelli dei regolamenti di esercizio per le varie tipologie di impianti a fune (seggiovie e funivie, sciovie e funicolari), in servizio pubblico, per il trasporto di persone. Si tratta di modalità di controlli per l’esercizio e la manutenzione che è difficile pensare siano stati effettuati e che ancora una volta lasciano una grande ombra sulla capacità di vigilanza del Ministero dei Trasporti, ora denominato della Mobilità Sostenibile.

Con un Ministero dei Trasporti che continua a proporre nuove opere senza curarsi di sburocratizzare la struttura al fine di garantire la manutenzione delle strutture già esistenti e vigilare sulla loro sicurezza, questa serie di gravi incidenti rischia di allungarsi anziché diminuire.

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Il Fatto Quotidiano

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