Fumi porto, i residenti di San Teodoro in assemblea: “Troppi nodi ancora irrisolti”

  • Postato il 7 dicembre 2025
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  • Di Genova24
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Genova. Decine di persone si sono riunite sabato per la quinta assemblea della Rete Associazioni San Teodoro, un incontro che ormai da mesi rappresenta uno degli spazi cittadini dove residenti, comitati, tecnici e istituzioni discutono apertamente dell’inquinamento legato al porto e delle sue ricadute sulla salute.

Nel corso del confronto è stata analizzata è stata l’inchiesta di lavialibera, firmata da Natalie Sclippa e Paolo Valenti, che hanno dedicato un approfondimento al caso genovese nel servizio “Genova vuole respirare”, ripercorrendo dati, responsabilità e nodi irrisolti.

Alla riunione erano presenti anche i tecnici Arpal – l’ingegnere Federico Grasso e l’ingegnere Massimiliano Pescetto – che hanno illustrato metodi, limiti e potenzialità del monitoraggio attuale, insieme a una rappresentante del Difensore civico. Un confronto alimentato dalle domande dei cittadini e da una consapevolezza ormai consolidata: il problema non può più essere rimandato, ma non può neppure essere ridotto alla falsa alternativa tra sviluppo economico e tutela della salute: “Non possiamo essere messi davanti alla scelta se morire di fame o di fumi“, spiegano dalla Rete.

Negli ultimi mesi il lavoro del gruppo ha allargato il proprio raggio: il tema ha coinvolto altri quartieri del ponente, ha attirato l’attenzione di redazioni nazionali – tra cui Report, attualmente al lavoro su un’inchiesta – e ha contribuito a riattivare l’Osservatorio Ambiente e Salute voluto dalla nuova amministrazione comunale, indicato dalla Rete come un progresso significativo, sebbene ancora parziale.

Le richieste della Rete: i nodi ancora irrisolti

Nonostante alcuni passi avanti, i punti critici restano numerosi. Il primo riguarda l’elettrificazione delle banchine, prevista per il 2026: una scadenza che, secondo i residenti, necessita di un cronoprogramma trasparente e di indicazioni chiare su tariffe, soggetto gestore e incentivi per spingere gli armatori all’allaccio.

C’è poi il capitolo delle ricadute sanitarie: la Rete chiede l’avvio di un’indagine epidemiologica in collaborazione con i medici di medicina generale, considerata indispensabile per correlare i dati ambientali agli effetti sulla popolazione. Anche la rete di monitoraggio necessita di un potenziamento: sono in arrivo tre nuove centraline, ma la copertura resta insufficiente rispetto alla complessità del traffico portuale e veicolare.

A preoccupare è anche la viabilità nelle aree dei traghetti, che ogni estate si trasforma in un imbuto di auto e pullman diretti all’imbarco. Su questo fronte i residenti chiedono interventi rapidi da parte dell’Autorità di Sistema Portuale e di Stazioni Marittime, insieme a una regia chiara del Comune, e aspettano di conoscere gli esiti del tavolo già avviato in Prefettura.

Infine, la Rete sollecita la creazione di un tavolo operativo permanente, un luogo stabile di coordinamento in grado di prevenire le criticità e intervenire subito quando si presentano: una richiesta ricorrente, da anni rimasta senza risposta.

A mancare all’appello, osservano i residenti, sono soprattutto due interlocutori fondamentali: la Regione Liguria e gli armatori, che finora non hanno accettato un confronto diretto: “Non si possono privatizzare i ricavi e socializzare i costi – concludono dalla Rete – a partire da quelli che ricadono sulla salute di chi vive qui. Il rapporto tra città e porto è destinato a segnare i prossimi anni e può essere virtuoso, ma solo se tutti fanno la loro parte”.

Autore
Genova24

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