Esce in libreria “Sospese: femminicidi irrisolti”: dal caso Montesi al delitto di via Poma, tutti i grandi cold case al femminile – L’ESTRATTO IN ESCLUSIVA
- Postato il 19 aprile 2025
- Crime
- Di Il Fatto Quotidiano
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Elvira Orlandini, Wilma Montesi, Simonetta Ferrero: alcuni di questi nomi sono scolpiti nell’immaginario collettivo mentre altri non ricorderanno molto ma sono tutti nomi di donne legate dallo stresso tragico destino. “Sospese: femminicidi irrisolti, dal caso Montesi al delitto di via Poma” è l’ultimo libro – pubblicato in questi giorni da Mursia – di Alessandra De Vita che ci ricorda che tante, troppe donne sono state trucemente ammazzate nei decenni scorsi da assassini senza volto, ancora ignoti.
In tempi recenti, il vocabolario italiano ha un nuovo termine alla voce “omicidio di genere”: femminicidio. Una parola nuova che indica qualcosa che succede da sempre: l’uccisione per mano di un uomo di una donna che non si è riusciti a dominare, possedere, piegare al proprio volere. Difficilmente oggi, con le nuove tecniche investigative e grazie al supporto dei dispositivi digitali da cui non riusciamo a separarci, un omicidio resta impunito a lungo. E se la mattanza della violenza di genere è ancora sovrapponibile a quella di ieri, la differenza rispetto ad allora è che in molte tra le vittime di un passato neanche lontano, non hanno avuto giustizia.
Nove le storie di donne protagoniste del libro che parte dal delitto del Corpus Domini e si chiude con il giallo dell’estate di Italia ’90, quello di via Poma. Tutti hanno bene impresso nella mente il volto di Simonetta Cesaroni, la ragazza di Cinecittà assassinata nel 1990 che chiude anche il libro, ma in pochi ricorderanno il nome di Roberta Lanzino, il cui omicidio ci porta alle terre arse e isolate della Calabria degli anni ottanta in cui la ‘Ndrangheta ha seminato il terrore. Oltre a ricostruire le vicende giudiziarie attraverso fatti, sentenze e testimonianze, l’autrice ripercorre le vite spezzate di queste ragazze che vivono ancora intrappolate in un vuoto di giustizia in cui sembrano destinate a restare sospese, come spettri nel limbo.
Pubblichiamo, su concessione dell’editore, un estratto del libro:
È il 9 aprile 1953. Il musicista Piero Piccioni percorre in auto la tratta Amalfi-Roma. Al suo fianco c’è l’attrice istriana Alida Valli. Lui è un jazzista, ha iniziato scrivendo musiche per l’Eiar. È pianista e compositore. Lei è nata a Pola, con il suo algido sguardo di ghiaccio ha conquistato Hollywood. Ha lavorato per Alfred Hitchcock, al fianco di Gregory Peck e poi ancora in coppia con Frank Sinatra ma ha già abdicato alle mille luci di Los Angeles per quelle più tenui di Cinecittà. A breve, Luchino Visconti la sceglierà come protagonista per una delle sue pellicole più controverse, Senso. La Valli e Piccioni hanno trascorso insieme qualche giorno nella villa del produttore Carlo Ponti, in costiera amalfitana, ma lui ha un forte attacco di febbre e si decide di rientrare a Roma. Più che un weekend di coppia è stata una fuga tra amanti, i due si vedono di nascosto. Piero non vuole che suo padre, vicepresidente del Consiglio dell’ottavo 29 governo targato Democrazia Cristiana, venga a sapere di questa sua frequentazione. È l’Italia bacchettona degli anni Cinquanta: esiste ancora il delitto d’onore, l’adulterio femminile (ma non quello maschile) è punito col carcere, le donne possono sì votare ma non entrare in magistratura. Un’attrice, per quanto brava e di successo, non è proprio benvista o comunque è inadatta ad affiancare il figlio di un pezzo grosso dello scudo crociato. Piccioni va dal benzinaio e alle nove i due sono già in auto. Lui arriva a casa alle due e mezzo del pomeriggio dove trova le sue sorelle ancora a tavola. Rientra e subito riesce per andare al Viminale a recuperare il dottor Zingale, capo della segreteria della DC. Il segretario deve accompagnarlo da un suo collega medico, il professor Filipo che gli dà la diagnosi e la cura per il suo ascesso tonsillare.
Al musicista non resta che tornare a casa e restarci per un po’ di giorni, in attesa che un altro medico, il dottor Bernardini, vada a fargli le iniezioni prescritte. Da lì a poche ore, un po’ più a sud, sulla spiaggia semideserta di Torvaianica le onde culleranno il corpo di una ragazza dai capelli corvini. Il suo tragico destino si incrocerà, inspiegabilmente, con quello di Piero Piccioni e Alida Valli, innescando il primo grande “scandalo” della nostra storia repubblicana: il caso Montesi che travolgerà la famiglia di uno dei padri costituenti ma farà anche tremare le vene ai polsi di principi e marchesi dell’Italia del secondo dopoguerra.
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