Dopo la pandemia non possiamo più farci trovare impreparati: va ripensata la finanza
- Postato il 4 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Viviamo in un tempo fragile, in cui l’equilibrio costruito negli ultimi decenni sembra incrinarsi sotto i colpi di nuove tensioni politiche, economiche e sociali. L’idea che la democrazia, la globalizzazione e il libero mercato possano essere la strada sicura e definitiva è messa in discussione ogni giorno. L’Italia, come tutti i Paesi occidentali, si trova a fare i conti con forze più grandi di lei, ma proprio per questo è chiamata a immaginare il proprio futuro con lucidità.
Il futuro non è scritto: potrebbero aprirsi tre scenari distinti, ciascuno con le sue sfide e opportunità. Simularli aiuta a capire quanto sia urgente ripensare la finanza come strumento di difesa e sviluppo per l’Italia.
Il primo scenario è quello del grande conflitto globale. Le tensioni tra potenze potrebbero degenerare in scontri duri, economici e forse anche militari. Il peso del debito pubblico, la corsa alle risorse naturali, l’instabilità politica rischiano di trasformare il pianeta in un campo minato. Per l’Italia vorrebbe dire convivere con un perenne stato di emergenza, in cui il controllo dei conti pubblici, la sicurezza delle infrastrutture – dai porti alle centrali elettriche – e la tenuta delle aziende esportatrici diventano non più obiettivi di lungo periodo, ma azioni quotidiane di sopravvivenza.
Il secondo scenario è quello di un mondo con più centri di potere. Non ci sarebbe più un solo Paese a guidare, ma più attori in competizione tra loro, come Stati Uniti, Cina e probabilmente anche l’India. Questo renderebbe le relazioni internazionali più complicate e instabili, perché aumenterebbero rivalità e conflitti di interesse. Per l’Italia significherebbe dover rivedere le proprie alleanze, aiutare le imprese a muoversi in mercati che cambiano rapidamente, rafforzare la diplomazia e difendere la solidità dell’euro in un contesto di continua incertezza
Il terzo scenario guarda al cuore stesso del sistema finanziario mondiale. Il dollaro, moneta di riferimento per decenni, potrebbe perdere centralità senza che un’altra valuta tradizionale riesca a sostituirlo. In questa incertezza potrebbero affermarsi le criptovalute e nuove forme di moneta digitale. Una rivoluzione silenziosa ma potentissima, che ridefinirebbe commercio, riserve e risparmi. Per l’Italia significherebbe ripensare i propri strumenti di protezione, regolare i mercati digitali, preparare le banche e i cittadini a un terreno ancora instabile, dove i vecchi punti fermi potrebbero non valere più.
Di fronte a scenari così diversi e potenzialmente destabilizzanti, non basta più parlare di visione. Servono strumenti concreti e immediati. L’Italia deve rafforzare il controllo del debito, puntando su una gestione più rigorosa della spesa pubblica e sulla capacità di attrarre investimenti privati nei settori strategici. È necessario creare fondi sovrani e veicoli finanziari (private equity e venture capital) capaci di proteggere le imprese chiave dalle turbolenze esterne e di sostenerne la crescita internazionale. Occorre sviluppare una politica industriale che premi innovazione e produttività, affiancata da un mercato dei capitali più profondo e dinamico, che offra alle aziende italiane alternative reali al credito bancario.
Un’altra leva fondamentale è l’integrazione tra finanza e sostenibilità: usare i capitali non solo per generare profitti, ma per investire in infrastrutture resilienti, in energie rinnovabili, in programmi di adattamento climatico. Anche la questione demografica va affrontata con misure mirate: politiche per la natalità, apertura regolata all’immigrazione qualificata, strumenti previdenziali innovativi che garantiscano equilibrio tra generazioni.
Infine, bisogna prepararsi alla rivoluzione monetaria globale. L’Italia non può limitarsi a osservare l’evoluzione delle criptovalute o dei nuovi sistemi digitali di pagamento, ma deve attrezzarsi per governarli: rafforzare la regolamentazione, sperimentare soluzioni pubbliche e private, rendere il sistema bancario capace di operare in un contesto dove il dollaro potrebbe non essere più l’unico punto di riferimento.
Queste non sono visioni astratte, ma scelte operative. È su questo terreno che si gioca la vera partita: una finanza strategica che non solo interpreta il futuro, ma lo costruisce passo dopo passo, mettendo l’Italia in condizione di affrontare le tempeste globali con maggiore forza e autonomia.
Perché, anche se l’idea che i tre scenari si realizzino insieme può sembrare catastrofica, è molto probabile che almeno uno di essi diventi realtà. E allora non potremo permetterci di essere colti di sorpresa, come è accaduto con la pandemia, quando l’impreparazione ci ha lasciati fragili e smarriti.
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