Davanti ai mille casi di chirurgia estetica oltre il limite, io penso a Fiona di Shrek: l’esempio più educativo
- Postato il 13 dicembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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C’era una volta, in un regno non troppo lontano, una giovane principessa — chiamiamola Bella. Viveva serena, finché la solita strega invidiosa, quella degli specchi magici e delle stories filtrate, non le sussurrò: “Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?”. Da quel momento cominciò la trasformazione. Prima un filler innocente, poi un botox “preventivo”, poi un ritocchino per “armonizzare” il profilo, uno per “illuminare” lo sguardo, uno per “bilanciare” il terzo medio. E a forza di perfezionare, aggiustare, lisciare, gonfiare e ritoccare, Bella iniziò a perdere ciò che aveva sin dall’inizio: la sua unicità.
Il risultato? Non più principessa, ma una versione sempre più simile alla strega stessa — non per cattiveria, ma per abuso di incantesimi estetici. Finché lo specchio — quello vero, non quello dei filtri — non riuscì più a capire chi avesse davanti.
La realtà, negli ultimi mesi, ha offerto esempi fin troppo calzanti. Il caso più clamoroso è stato quello di Meg Ryan, attrice amatissima, icona romantica degli anni ’90, che ai CFDA Awards è apparsa con un volto così trasformato da generare un vero terremoto mediatico. Non uno di quei “ritocchini” di cui si mormora sottovoce, ma un cambiamento così radicale da far domandare al pubblico se la persona sul palco fosse davvero lei. I social sono esplosi: “non la riconosco”, “cosa le è successo?”, “perché rovinare un volto così bello?”. Lungi dall’essere semplice gossip, la reazione globale ha mostrato un fatto evidente: persino le donne abituate a vivere sotto i riflettori, circondate dai migliori consulenti e professionisti, possono cadere nel sortilegio della giovinezza a tutti i costi. Meg Ryan non è una colpevole: è un simbolo involontario di una cultura che non perdona il tempo e non tollera un volto che mostri esperienza.
E accanto a lei, un’altra storia ancora più drammatica: quella di Linda Evangelista, una delle supermodelle più celebrate della storia, il volto che poteva “non alzarsi dal letto per meno di 10.000 dollari”. Linda non è caduta nel tradizionale “troppo botox”, ma in un incantesimo tecnologico promesso come miracoloso: un trattamento di criolipolisi che avrebbe dovuto “rimodellare” e ringiovanire alcune aree del corpo. Il risultato, invece, è stato una rara ma devastante complicanza che ha provocato deformità permanenti, gonfiori duri, asimmetrie e un’ombra di tristezza che le ha tolto per anni la voglia di mostrarsi in pubblico. Lei stessa ha raccontato di essersi nascosta, di aver vissuto nella vergogna, di non riconoscere più il proprio corpo. Una strega moderna non per scelta, ma per destino estetico sfuggito di mano. La sua testimonianza è più potente di qualsiasi fiaba: se è successo a lei, simbolo planetario di bellezza controllata e professionale, allora nessuno è immune dall’incantesimo sbagliato.
È proprio dopo queste storie, così forti e così umane, che entra in scena la protagonista più inattesa del nostro racconto: Fiona, la moglie di Shrek. La sua storia sembra comica, ma in realtà è la fiaba più educativa del repertorio. Anche lei avrebbe potuto scegliere di restare una principessa impeccabile, elegante, patinata, “da copertina”. Sarebbe bastato un bacio del vero amore per riportarla al volto perfetto. Invece il bacio rompe la maledizione e lei rimane orchessa per sempre. E la cosa straordinaria è che Fiona non la vive come una tragedia, ma come una liberazione. Mentre nel nostro mondo reale c’è chi si trasforma per allontanarsi da sé, Fiona abbraccia la sua natura e trova proprio lì la felicità. In un universo dominato da filtri e aspirazioni impossibili, sarebbe la prima a postare: “Io così. Per sempre. E sto benissimo.”
La morale è inevitabile: la medicina e la chirurgia estetica non devono creare nuove principesse di plastica o streghe intrappolate nei propri specchi. Devono preservare, valorizzare e mantenere l’armonia naturale. Per riuscirci servono misura, competenza e un professionista capace di dire “stop” quando l’incantesimo sta per convertire la fiaba in una maledizione. Perché alla fine — ed è bene ricordarlo — quella che vive davvero felice e contenta… è Fiona. E non ha mai avuto bisogno di un filtro.
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