Dalla ‘maggioranza Ursula’ alla ‘maggioranza Giorgia’: tutte le volte che Ppe ed estrema destra si sono alleate in Ue (facendo infuriare la sinistra)

  • Postato il 20 novembre 2025
  • Zonaeuro
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Nonostante le lunghe contrattazioni per la formazione della nuova ‘maggioranza Ursula’ al Parlamento Ue, nel Partito Popolare Europeo la voglia di staccarsi dalla storica alleanza centrista con socialisti e liberali e dare inizio a una nuova stagione insieme alla destra non è svanita. Soprattutto in quella fazione del partito che fa capo a Manfred Weber e Antonio Tajani. Un’aspirazione che si è di nuovo palesata giovedì pomeriggio, quando il presidente del Ppe ha compiuto un blitz in conferenza dei presidenti per chiedere l’annullamento della missione della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo (LIBE), programmata già da due mesi, in Italia. Il timore, come scritto da Ilfattoquotidiano.it, era quello di disturbare l’esecutivo italiano su temi delicati come la giustizia, proprio nei giorni in cui la Corte di cassazione ha dato il via libera ai quattro quesiti sul referendum che si terrà con ogni probabilità a marzo, e libertà di stampa. Missione compiuta, quella di Weber, grazie all’appoggio dell’estrema destra. Ma non è la prima volta che il Ppe chiede o offre aiuto all’ala più conservatrice e nazionalista dell’Eurocamera, scatenando le proteste del resto della ‘maggioranza Ursula‘.

Il primo episodio di cedimento dell’annunciato “cordone sanitario” intorno alle destre risale al settembre 2024, quando i Popolari hanno votato, facendo approvare la risoluzione, insieme ai Conservatori (Ecr), Patrioti e Sovranisti per riconoscere Edmundo González Urrutia come legittimo presidente del Venezuela, non riconoscendo quindi la vittoria di Nicolas Maduro. Un episodio che sancì la nascita di quella che venne ribattezzata ‘maggioranza Venezuela‘, la stessa che portò sempre Ppe ed Ecr a unirsi per candidare l’opposizione venezuelana al Premio Sakharov per la libertà di pensiero. Riconoscimento che andò proprio agli oppositori del governo di Caracas.

Si passa poi alla fine del 2024, quando è il momento di votare sul bilancio 2025 dell’Unione europea. Nel corso del lungo processo decisionale, molti eurodeputati del Ppe, tra cui anche il capogruppo Weber, hanno sostenuto col proprio voto diversi emendamenti presentati dai Sovranisti per ridurre i finanziamenti all’Agenzia europea per i diritti fondamentali, per finanziare la costruzione di muri alle frontiere e per istituire campi di espulsione per i richiedenti asilo.

Sempre un anno fa, il Ppe, con l’appoggio dell’estrema destra, riuscì a far approvare dalla Plenaria, con 371 voti favorevoli, 240 contrari e 30 astenuti, il rinvio di un anno dell’applicazione del regolamento sulla deforestazione e un alleggerimento delle limitazioni. In quell’occasione, i Popolari dovettero ritirare 6 dei 15 emendamenti proposti per annacquare il regolamento, ma si videro comunque approvare tutti gli altri, tranne uno. Tra quelli che ricevettero il via libera dal Parlamento ce ne era ad esempio unoche introduceva la categoria di Paese “senza rischio”, a fianco a quelli a basso, medio e alto rischio. Si tratta di Stati dai quali poter importare prodotti senza nuovi obblighi. In particolare, nella categoria “nessun rischio” rientrerebbero Paesi “o parti di essi” in cui “lo sviluppo delle aree forestali è rimasto stabile o è aumentato rispetto al 1990” e dove è stato siglato l’Accordo di Parigi sul clima “e le convenzioni internazionali sui diritti umani e sulla prevenzione della deforestazione”.

Passano otto mesi e si arriva al luglio scorso. Oggetto dello scontro era la nomina dell’eurodeputato di Fratelli d’Italia, Alessandro Ciriani, a relatore per il dossier legislativo sulla lista Ue dei cosiddetti Paesi terzi sicuri. Un tema di importanza primaria per l’Italia che fin dal novembre 2023, quando è stato siglato il protocollo d’intesa con Tirana, ha cercato di spingere il cosiddetto modello Albania per la gestione dei migranti fin dentro i palazzi dell’Ue. E in questo processo diventa fondamentale la definizione di “Paese terzo sicuro” all’interno del nuovo quadro normativo Ue. Un allargamento delle maglie, come auspicato dalla destra, che accelererebbe le procedure di espulsione per i richiedenti asilo. Ipotesi che non piace, però, ai partiti progressisti alleati del Ppe, secondo i quali il rischio è quello di violare le tutele individuali e abbassare gli standard di protezione internazionale. Nessun problema, invece, per i Popolari che a luglio hanno così deciso di schierarsi con le destre e nominare Ciriani relatore del dossier. Una mossa che, per le sinistre, ha rappresentato la prima rottura di quel “cordone sanitario” intorno all’estrema destra annunciato in primis proprio da Manfred Weber.

Passano quattro mesi ed ecco che il Ppe decide di giocarsi una nuova svolta improvvisa a destra. Nel corso della mini-plenaria del 13 novembre si vota il compromesso promosso dal Ppe sulla semplificazione delle direttive sugli obblighi di due diligence e reportistica ambientale per le aziende. Ad esempio, nel testo si legge che gli obblighi di due diligence (dovuto controllo preventivo) dovrebbero applicarsi a grandi società con più di 5mila dipendenti e un fatturato annuo superiore a 1,5 miliardi di euro. Paletti che esonerano così la maggior parte delle società. E anche quelle che rientrerebbero negli standard previsti non saranno comunque più tenute a preparare un piano di transizione per rendere il loro modello di business in linea con gli obiettivi dell’accordo sul clima di Parigi, ma potranno essere soggette a sanzioni pecuniarie per il mancato rispetto dei requisiti di sostenibilità ambientale e sociale lungo la loro intera catena di approvvigionamento. Anche in tema di direttiva sulla rendicontazione ambientale si alza la soglia del campo di applicazione, limitandola alle aziende con oltre 1.750 dipendenti e un fatturato netto annuo superiore a 450 milioni di euro che dovranno redigere relazioni sociali e ambientali. Solo le imprese che rientrano in questo ambito saranno inoltre tenute a fornire relazioni sulla sostenibilità in linea con la tassonomia, ovvero la classificazione degli investimenti sostenibili dell’Ue. Una deregulation, secondo l’ala progressista del Parlamento, che favorirebbe le aziende nell’aggiramento degli standard ambientali e sul rispetto dei diritti umani sul luogo di lavoro. Non un problema, invece, per i Popolari intenti a smantellare il Green Deal tanto caro, nello scorso mandato, a Ursula von der Leyen. Così, raccolte le posizioni degli alleati progressisti, hanno deciso di allearsi con la destra. Risultato: il Parlamento ha approvato con 382 voti a favore, 249 contrari e 13 astenuti.

“Oggi è un giorno positivo per le imprese e la competitività europee – si leggeva in una nota del gruppo dei Popolari poco dopo il voto – Un anno fa, il Ppe aveva promesso agli elettori di ridurre la burocrazia, semplificare le normative esistenti ed eliminare gli oneri inutili per le aziende europee. Oggi abbiamo mantenuto la promessa. Abbiamo rimesso la competitività all’ordine del giorno e dimostrato che l’Europa può essere sia sostenibile che competitiva”. Ma questo secondo voltafaccia aveva di nuovo scatenato le proteste dei Socialisti: “Oggi, in una votazione sul pacchetto Omnibus sulla sostenibilità, il gruppo conservatore del Ppe e i gruppi di estrema destra del Parlamento hanno unito le forze per eliminare la responsabilità delle aziende per i danni che causano alle persone e al pianeta – si replicava in una nota del gruppo S&D – Il gruppo si impegna a semplificare le leggi per semplificare la vita di cittadini e imprese, ma non sosterrà un programma di deregolamentazione incontrollata, che distruggerebbe gli standard e le regole europee che abbiamo adottato democraticamente molto di recente. Ci rammarichiamo che il Ppe abbia deciso di uscire dalla maggioranza filoeuropea per unirsi all’estrema destra scettica sul clima ed euroscettica”. I Socialisti ancora non sapevano, o forse sì, che quella di giovedì scorso non sarebbe stata l’ultima svolta a destra dei loro alleati. Tanto che nel campo conservatore si è iniziato a parlare di una nuova ‘maggioranza Giorgia‘ che sta man mano sostituendo la ‘maggioranza Ursula’.

X: @GianniRosini

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Il Fatto Quotidiano

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