Da docente ringrazio gli studenti universitari per averci dato una lezione di civiltà su Gaza
- Postato il 7 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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A Gaza, oltre a un genocidio, c’è un universiticidio. Come abbiamo scritto nella lettera aperta e petizione Stop the Silence: Academic Associations Must Recognise the Genocide in Gaza, tutte le università sono state colpite, le biblioteche distrutte, i laboratori annientati, centinaia di docenti, studenti e personale delle scuole e università uccisi.
Mentre a Gaza morivano le università, in Occidente succedeva altrettanto. Anche le nostre università morivano, non sotto le bombe israeliane, ma sotto i colpi inferti dal nostro stesso silenzio, indifferenza e ipocrisia. Noi accademici morivamo dentro. Per mesi, il silenzio selettivo del mondo universitario occidentale ha lasciato fare. Ha permesso i massacri giornalieri, facendo poco o niente. Ma ora, il muro di silenzio selettivo di università, associazioni accademiche e istituzioni sta per crollare.
In questi giorni si leggono affermazioni davanti a cui, se fossero state scritte o dette due anni fa, avremmo sgranato gli occhi. “Le università sono sempre state contro il genocidio”, si afferma. Ma non è così. E ci si dimentica una cosa: tra le persone che hanno contribuito a creare le prime crepe del muro di silenzio sul genocidio di Gaza, dobbiamo ricordare e ringraziare gli studenti.
Qualche giorno fa è uscito questo articolo sul Corriere del Veneto che parla dell’assemblea degli studenti dell’Università di Padova e della loro mobilitazione per fermare il genocidio di Gaza. Durante l’assemblea, io e Marco Mascia, Direttore del Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca”, abbiamo condotto un intervento. Io ho parlato del genocidio esplicitando i numeri, e mi sono occupato anche delle associazioni accademiche che hanno riconosciuto il genocidio dopo il nostro articolo su Lancet. Mascia ha affrontato degli aspetti del genocidio legati ai diritti umani e alle relazioni internazionali. In sostanza, siamo andati a esprimere la nostra solidarietà agli studenti.
Ho dedicato agli studenti, a tutti gli studenti che hanno organizzato gli encampment per fermare il genocidio di Gaza, spesso pagandone un prezzo (specie negli Usa e Uk), un sottocapitolo nel mio prossimo libro, intitolandolo Quando gli studenti fanno lezione al mondo. Gli studenti che si sono opposti al genocidio di Gaza sono quelli che hanno “imparato troppo bene” le lezioni sulla salute globale e sul diritto internazionale? O sono forse loro, gli studenti, ad averci dato una lezione di civiltà e solidarietà spiegandoci come si combatte un genocidio e come si evita di diventarne complici?
Come scrive l’articolo sul Corriere del Veneto, alla domanda: “Perché, professore, è andato all’assemblea degli studenti?” la mia risposta è stata: “Perché credo che noi docenti, al pari della società intera, dovremmo avere un sentimento di gratitudine nei confronti degli studenti che, sin da subito, si sono schierati contro il genocidio del popolo palestinese”. Ho poi aggiunto: “Perché molti miei colleghi (ancora oggi!) non si espongono?” Sul tema, ho ricordato una frase di Primo Levi che, intervistato da Enzo Biagi, alla domanda: “Come accadono i lager?” ha risposto: “Facendo finta di nulla.”
Nel sottotitolo dell’articolo del Corriere del Veneto, tuttavia, si fa un po’ di confusione (per usare un eufemismo):
1. Nessun docente ha occupato la facoltà di Sociologia! (io e Mascia siamo solo andati all’assemblea a condurre degli interventi su un tema che riguarda tutti);
2. E smettetela di chiamarci “Pro Pal”, siamo solo “No Genocidio!”.
Ricordo che manifestare in modo pacifico è un diritto. Farlo per fermare un genocidio è invece un dovere. Ho sempre esortato gli studenti a non sfidare la Polizia (ma a comprendere che molti tra le Forze dell’Ordine empatizzano con la nostra causa) e a manifestare in modo pacifico (anche se non c’è alcun bisogno di sottolinearlo, visto che – almeno quelli che ho incontrato – lo hanno sempre fatto in ogni caso). Qui, ad esempio, la rivista Polizia e Democrazia, un periodico che “vive… grazie al contributo… di molti cittadini e appartenenti alla Polizia di Stato, alla Guardia di Finanza, all’Arma dei Carabinieri, al Corpo di Polizia Penitenziaria, al Corpo Forestale dello Stato”, ha aderito e pubblicato il nostro appello “Stop the Silence”.
Infine, dobbiamo porci tutti una domanda, sul silenzio biennale delle nostre Università, affaccendate a ricercare quasi tutto, dimenticandosi di occuparsi del genocidio più documentato della storia: cosa significa fare ricerca oggi? In troppe università serpeggiano correnti di interpretazione della realtà che con la realtà hanno poco a che fare. Si è ossessionati dal metodo e dal tentativo di studiare tematiche importanti in modo oggettivo e neutrale. Ma spesso si confonde la neutralità con l’indifferenza. Troppo spesso si conduce ricerca precisa, ma inutile. O precisamente inutile.
Scienza e coscienza non percorrono strade separate. Non necessariamente. Spesso s’incontrano e camminano assieme. Come nelle strade italiane, durante queste grandi manifestazioni di massa contro il genocidio. Parafrasando uno slogan di questi giorni: volevano eliminare Gaza dal mondo. Ma Gaza ha fatto nascere un mondo, nuovo.
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