Crosetto preoccupato da possibili infiltrazioni russe? Solo perché non hanno la bandiera giusta
- Postato il 29 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Francesco Valendino
Il ministro Crosetto è preoccupato. Le infiltrazioni russe, capite? Quelle sì che sono pericolose. Quelle mettono a rischio la nostra sovranità nazionale, la nostra democrazia, la nostra libertà di essere una colonia atlantica in pace.
Perché vedete, cari cittadini smemorati, le infiltrazioni sono una faccenda seria. Bisogna vigilare, denunciare, proteggere la patria. A patto, s’intende, di scegliere bene quali infiltrazioni contano e quali invece sono “cooperazione tra alleati”. Una questione di sfumature, direbbe un diplomatico. Una questione di faccia tosta, direi io.
Prendiamo il 1969. Piazza Fontana, Milano. Diciassette morti. Esplosivo C4 dei depositi Nato, neofascisti organici ai servizi, false flag per incolpare gli anarchici. Ma erano infiltrazioni amiche, quindi non conta. Infiltrazioni democratiche, potremmo dire. Bombe atlantiste. O il 1980, Bologna. Ottantacinque morti. La loggia P2 con 962 membri infiltrati ovunque – politici, militari, banchieri – finanziata dalla Cia. Ma anche qui, tranquilli: erano infiltrazioni certificate doc, con tanto di timbro del Pentagono. Mica roba da russi buzzurri.
E Gladio? Seicento civili e militari armati di nascosto per “contrastare subversioni interne” – leggi: impedire che gli italiani votassero comunista. Centotrentanove depositi segreti di armi. Quarant’anni di “strategia della tensione”, quattordicimila atti terroristici, quattrocento morti. Il Parlamento Europeo condannò la Nato nel 1990 per “manipolazione politica”, ma fu un malinteso: stavano proteggendo la nostra libertà di non scegliere liberamente.
I tentativi di golpe? Piano Solo 1964, golpe Borghese 1970. Dettagli. Folklore. Roba che in un paese normale varrebbe cento Watergate, ma noi siamo speciali: abbiamo imparato a distinguere i golpe buoni da quelli cattivi. Quelli atlantici sono sempre stati in buona fede.
Oggi ospitiamo dodici basi Usa, 12mila soldati americani, comandi Nato strategici. Spendiamo 35 miliardi l’anno per la difesa, con richiesta di aumentare al 5% del Pil entro il 2035 – centocinquantotto miliardi in più all’anno. Ma sono soldi ben spesi, per carità. Mica come quelli che spenderebbe la Russia per corromperci: quelli sì che sarebbero sprechi.
Il paradosso è delizioso, se ci pensate. Un paese che per settant’anni è stato laboratorio di ingerenze, stragi di stato, reti clandestine, tentativi golpisti e manipolazioni elettorali – tutto rigorosamente a stelle e strisce – che oggi si preoccupa delle infiltrazioni russe. Come un alcolista che dà dell’ubriacone al vicino che beve birra.
I documenti declassificati ci sono tutti. Le sentenze pure. Persino il premier Andreotti nel 1990 ammise Gladio, prima di chiudere tutto con un bel segreto di stato. Ma la memoria è volatile, soprattutto quando è scomoda. Meglio guardare a est, cercare lo spettro russo, agitare lo spauracchio dell’infiltrazione straniera. Quella vera, stavolta. Non come le altre, che erano strategia, alleanza, necessità geopolitica.
Crosetto vigila. E mentre vigila, Aviano ronza, Sigonella ospita droni, il Comando a Napoli coordina. Ma sono ronzii amici. Coordinamenti democratici.
La verità è che siamo un paese che ha imparato a vivere infiltrato, purché gli infiltratori portino la bandiera giusta. Quella a stelle e strisce passa sempre. L’altra, quella rossa, mai. È una questione di principio. O forse solo di padroni. E così continueremo a spendere, ospitare, obbedire, preoccupandoci delle infiltrazioni sbagliate. Quelle degli altri. Con ministri e parlamentari come Calenda che credono che gli italiani non sappiano valutare liberamente i fatti.
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